PROVINCIA DI VARENA

Protesta dei genitori per la discriminazione dei figli a scuola

Gli abitanti della parrocchia di Valkininkai si sono rivolti all'amministrazione provinciale denunciando la discrimina­zione di cui sono oggetto nella scuola i loro figli a causa delle convinzioni religiose. Riportiamo per intero il testo dell'esposto. Esposto

Al presidente del Comitato esecutivo del dzdt della provincia di Varėna

Nel mese di settembre 1971 i nostri figli, tornati dalla scuola, ci hanno riferito di essere stati sottoposti ad interrogatori allo scopo di sapere se essi si recavano in chiesa e i nomi di quelli che vi si recano, dietro la minaccia di abbassare loro il voto in condotta per la frequenza alla chiesa e di far risultare ciò nelle loro note caratteristiche.

Le insegnanti Kliukaitė e Butkienė e la direttrice della scuola media di Valkininkai hanno interrogato la figlia di J. Griežėchiedendole se lei e sua sorella più piccola andavano in chiesa, quando andavano a confessarsi, ecc. Un anno prima la ragazza era stata ammonita che se avesse continuato ad andare in chiesa non sarebbe stata ammessa agli esami.

Nella scuola di otto anni di Urkoniai l'insegnante Saulėniėnė ha terrorizzato la figlia di S. Andriuškevičienė per sapere quando aveva fatto la prima comunione e se andava in chiesa. Nello stesso tempo essa venne minacciata che ciò sarebbe stato scritto nelle sue note caratteristiche e che non avrebbe trovato lavoro.

L'insegnante Kliukaité, la direttrice ed un rappresentante della provincia hanno interrogato tutti e due i figli di J. Kazlaus­kienė (villaggio di Plekštorės) per sapere se avessero fatto la prima comunione, chi dei ragazzi e delle ragazze andasse in chie­sa, chi li avesse preparati alla prima comunione, ecc.

La direttrice Butkienė e un rappresentante della provincia han­no interrogato i figli di J. Blažulionienė (villaggio di Užperkasė) chiedendo loro quando avevano ricevuto la prima comunione, chi li aveva preparati e quali altre ragazze l'avevano fatta.

Nella scuola di S. Naniškiai durante una riunione dei genitori venne ordinato loro di non condurre i propri figli in chiesa. Il figlio di Jurgelevičius (villaggio di Mištunai), rientrato dalla scuola, riferì che gli insegnanti avevano minacciato che il par­roco sarebbe stato condannato a due anni di carcere se i ragazzi fossero andati in chiesa.

Anche altri ragazzi furono sottoposti agli interrogatori. Diversi di essi uscirono piangendo, dopo essere stati interrogati per oltre un'ora.

Ora a noi pare che nessuno abbia il diritto di sottoporre ad interrogatori i nostri figli in nostra assenza, terrorizzandoli per sapere se vadano in chiesa. I ragazzi piangono e non dormono la notte. Il fatto stesso di essere sottoposti agli interrogatori spa­venta i ragazzi e costituisce un crimine contro la libertà di coscienza e contro i diritti di noi genitori. Se il ragazzo commet­tesse qualche mancanza, allora accuserebbero e punirebbero noi. È quindi un nostro sacrosanto diritto educare i figli. Noi, geni­tori credenti, siamo convinti e ci rendiamo conto che la nostra fede è di grande aiuto nell'educare bene i nostri figli. I ragazzi che partecipano alle funzioni religiose tornano dalla chiesa diversi, più sereni. I ragazzi vedono e sentono tante belle cose.

Quale diritto hanno i suddetti insegnanti di comportarsi così con i nostri figli? Di sottoporli ad interrogatori e terrorizzarli soltanto perché vanno in chiesa e assistono alle funzioni vicino all'altare? Essi ci vanno perché condotti e obbligati da noi. Infatti secondo le leggi della natura e secondo la costituzione noi dobbiamo condurre i nostri figli in chiesa ed abbiamo il doveredi educarli bene. Perché allora vengono calpestati così i diritti di noi genitori?

Preghiamo l'illustre presidente di chiarirci se è lecito interro­gare in questa maniera i nostri figli e di aiutarci perché ciò non si ripeta più.

Hanno firmato i genitori di 9 alunni Valkininkai, 10 ottobre 1971

Il presidente del Comitato esecutivo della provincia di Varėna dopo 20 giorni inviò la seguente risposta:

Da un'indagine sul contenuto del vostro esposto non è risul­tato che i vostri figli siano mai stati sottoposti ad interrogatori. Gli insegnanti hanno solo chiesto agli alunni come essi passino il loro tempo libero e che cosa facciano fuori della scuola, ed è del tutto naturale che gli insegnanti vogliano sapere di che cosa si interessino i loro alunni, in quanto hanno l'obbligo di occu­parsi continuamente della loro educazione.

Inoltre voi non avete diritto di chiedere che gli insegnanti propaghino la religione perché sapete assai bene che la Chiesa è separata dallo Stato e che in tutte le scuole viene curata la formazione ateistica degli scolari, come esige l'attuale sviluppo della scienza.

9 novembre 1971

Z. Voroneckas, presidente del Comitato esecutivo della pro­vincia di Varėna.

La risposta del presidente del CE della provincia di Varėna ai genitori degli scolari rivela in maniera lampante come vengano calpestati i diritti dei cattolici e mostra la prepotenza dei funzionari sovietici.

Diamo ora uno sguardo ad un'altra denuncia, scritta quat­tro mesi più tardi dai genitori credenti della parrocchia di Lukšiai. In quel tempo, al governo della RSS di Lituania era già noto che venivano raccolte le firme per il memorandum dei cattolici della Lituania.

 

 

PROVINCIA DI ŠAKIAI

La persecuzione degli studenti a Lukšiai Nel mese di novembre 1971 gli insegnanti della scuola

media di Lukšiai, specialmente gli assistenti di classe e il direttore, presero a perseguitare gli alunni che servivano la santa messa, spargevano i fiori, adoravano, partecipavano alle processioni e in genere tutti coloro che frequentavano la chiesa. Chi serviva la messa veniva chiamato dal direttore, interrogato, minacciato, costretto a non avvicinarsi più al­l'altare. Alla presenza di tutta la classe li svergognavano, li deridevano sui giornali murali, disegnavano le loro carica­ture. Convocavano persino i genitori e ordinavano loro di non permettere ai figli di servire la messa e le altre funzioni religiose. Dopo il Capodanno 1972 due genitori credenti, G. Krištolaitis e N. Didžbalienė, si recarono dal direttore S. Urbonas e gli chiesero perché venivano spaventati i ragazzi che servivano la messa e si recavano in chiesa. I genitori ricordarono al direttore ciò che dicono la costituzione sovietica e le leggi. Il direttore rispose acido:

« Abbiamo attaccato e continueremo ad attaccare; e attac­cheremo ancora più decisamente in futuro. La provincia attacca noi e noi attacchiamo i vostri figli; e voi potete la­gnarvi quanto volete, persino a Mosca! »

« E noi, come abbiamo sempre portato i nostri figli in chiesa, continueremo a farlo » risposero i genitori nel con­gedarsi.

Coloro che servivano la messa e partecipavano alle proces­sioni non hanno smesso di frequentare la chiesa; soltanto qualcuno di loro si è spaventato. I genitori credenti hanno subito a lungo, sperando in un ravvedimento degli insegnanti; ma questi non hanno cessato di perseguitare i ragazzi, di deriderli, di terrorizzarli. Allora i genitori decisero di scri­vere una denuncia alla procura della rssdi Lituania. Eccone il testo.

Contro la discriminazione dei ragazzi credenti a scuola

Esposto dei genitori credenti della parrocchia di Lukšiai, prov. di Šakiai

Al procuratore della RSS di Lituania e, per conoscenza: al Ministero della pubblica istruzione della RSSL; alla Sezione della pubblica istruzione della provincia di Šakiai; al presi­dente del Comitato esecutivo della provincia di Šakiai

Libertà sulla carta.

Nel libretto di J. Anyčas e J. Rimaitis Tarybiniai įstatymai apie religinius kultus ir sąžinės laisve (Leggi sovietiche sui culti religiosi e sulla libertà di coscienza), pubblicato a Vilnius nel 1970 dall'editrice « Mintis », è scritto: « ... Ogni cittadino può professare qualsiasi religione oppure non professarne alcuna. La privazione di qualunque diritto in relazione alla professione di qualsiasi religione oppure alla non professione di alcuna religione è abolita » (pag. 17).

« I postulati del principio della libertà di coscienza sono:

  1. il diritto di ogni cittadino di professare qualsiasi religione;
  2. il diritto di compiere i riti del culto...; 6. l'eguaglianza dei cittadini, nonostante la loro appartenenza ad una qualsiasi reli­gione » (pag. 15).

« Il governo sovietico ha sempre decisamente combattuto e combatte contro quei funzionari dell'apparato governativo, non­ché contro quei cittadini, che violano i diritti delle organizza­zioni religiose e dei credenti. Nei codici penali delle repubbliche federate vi sono specifici paragrafi che prevedono responsabilità penali per la violazione dei principi della libertà di coscienza dei cittadini credenti e non credenti» (pag. 24).

« Il Partito comunista e il governo sovietico stabiliscono che si debbano applicare severamente anche quelle leggi sovieti­che che assicurano libertà di azione alle comunità religiose e agli ecclesiastici, senza violare i limiti dei canoni ecclesiastici e dei dogmi; mentre ai credenti vanno assicurate tutte le possi­bilità di godere pienamente del diritto costituzionale della libertà religiosa. Il governo socialista vieta qualsiasi misura amministra­tiva, brutalità e mancanza di tatto nei riguardi dei culti religiosi, dei loro inservienti, nonché dei credenti. Qualsiasi turbativa dei riti religiosi, qualora questi vengano compiuti senza violare le leggi sui culti religiosi, è da considerarsi un reato penale. In accordo con l'art. 145 del codice penale della rss di Lituania chi ostacola lo svolgimento dei riti religiosi, se essi non turbano l'ordine pubblico e non comportano l'ingerenza nei diritti dei cit­tadini, viene punito con la privazione della libertà fino ad un anno oppure con i lavori correzionali per un uguale periodo, o con una multa fino a cento rubli» (pag. 31). (Vedere il decreto del Soviet supremo della rss di Lituania « Sulla applica­zione dell'articolo 143 del codice penale della rss di Lituania », in Notiziario del Presidium del Soviet supremo e del governo della repubblica socialista, 20 maggio 1966, n. 14, pagine 183-184).

   Il Concilio ecumenico Vaticano II della Chiesa, nei suoidecreti in base ai quali i vescovi della Lituania d'intesa con l'incaricato per il culto hanno stampato nel 1968 nella tipografia « Vaizdas » di Vilnius il Liturginis maldynas (Orazioni liturgi­che ), sollecita ed istruisce i credenti a partecipare più attivamente alle funzioni religiose. Perciò noi genitori, assieme ai nostri figli, in chiesa stiamo inginocchiati, cantiamo, preghiamo in silenzio, ri­spondendo a voce alta quando occorre; andiamo in processione, portiamo ciò che occorre. I nostri figli stanno in ginocchio oppure in piedi vicino all'altare, e noi genitori al loro fianco, ecc. I nostri figli non sono affatto inservienti della chiesa. Essi sono comuni fedeli che partecipano alle funzioni.

... discriminazione nei fatti

Perciò noi, genitori credenti, siamo costretti a sopportare con grande tristezza una dolorosa ingiustizia e discriminazione. Per il fatto che i nostri figli partecipano alle funzioni religiose assieme a noi genitori, la direzione della scuola media di Lukšiai e gli stessi insegnanti li perseguitano in varie maniere, si com­portano con loro brutalmente, li scherniscono, li terrorizzano e li discriminano come segue.

  1. L'insegnante Vaišvilienė ha costretto l'alunno della I classe, Juozas Naujokaitis, per il fatto di essere stato in chiesa e di aver partecipato alla funzione, a togliersi i pantaloni durante la le­zione alla presenza di tutti gli altri alunni (ragazzi e ragazze) e a sdraiarsi a terra dicendogli: « Ora avrai delle cinghiate perché sei stato inginocchiato davanti all'altare ». Il ragazzino, spaven­tato da queste parole della insegnante, si mise a piangere.
  2. L'insegnante di materie scientifiche Martišiutė ha istigato direttamente l'alunno della VI classe B, Rolanas Tamulevičius, a compiere una cattiva azione: gli ordinò di bere il vino che il sacerdote usava durante la messa in chiesa e di sostituirlo con dell'acqua.
  3. L'insegnante Vanagienė, recatasi dai genitori dell'alunno Rimas Didžbalis della VII classe, disse che se il loro figlio avesse commesso un reato sarebbe stato sempre meglio che lo stare in ginocchio presso l'altare.
  4. L'insegnante Urbonienė intimò all'alunno Vitas Pavalkis della II classe di fare una scelta: o seguitare ad andare in chiesa, oppure a scuola.
  5. L'insegnante Martišiutė, venuta in classe con alcuni artistici quadri religiosi, chiese alla alunna Virga Mikelaitytė: « Per quale motivo Dio cacciò Adamo dal paradiso terrestre? ». Restando la ragazza zitta, si rivolse a Vita Maceikaite: « Tu provieni da una famiglia religiosa, i tuoi cugini fanno i chierichetti; allora rispondi   tu a questa domanda ». Poi, continuando a schernire la religione, interrogò le alunne Liutvinaité ed Alytaité su argomenti analoghi.
  6. L'insegnante Skirskyté recatasi dai genitori dell'alunno Krištolaitis lamentò che se il loro figlio avesse continuato ad inginocchiarsi davanti all'altare lei ci avrebbe rimesso la pensione.
  7. L'insegnante Sakalauskaitė senza aver cercato di scoprire il colpevole che disturbava la classe, apostrofò Rimas Didžbalis della VII classe, del tutto innocente, gridandogli: « Didžbalis, piantala; qui non sei a messa! ». A questo rimprovero della inse­gnante il ragazzo si alzò in piedi e si mise a piangere.
  8. I ragazzi che vanno in chiesa e pregano in ginocchio vengono brutalmente interrogati dagli insegnanti, scherniti e de­plorati di fronte a tutta la classe.
  9. Il 22 gennaio 1972 sul giornale murale della scuola ven­nero esposte le caricature dei seguenti alunni: Krištolaitis della

V        classe B inginocchiato in sacrestia a recitare il rosario, R. Ta­mulevičius della VI classe B rappresentato nell'atto di andare in chiesa sulla macchina guidata dalla propria madre, mentre dice: « Io vado in chiesa perché là mi diverto; quando il prete beve il vino, io suono il campanello ». Analogamente venivano scherniti anche i fratelli Didžbalis.

Sullo stesso giornale murale poi era pubblicato un articolo del collettivo redazionale nel quale si leggeva: « Anche nella nostra scuola non mancano degli adoratori di dio. Tali alunni degradano loro stessi, la propria dignità e infangano il nome della scuola. Si tratta di ipocriti e di simulatori che cercano di agire in modo d'adattarsi alla chiesa e alla scuola, di essere pionieri e chierichetti e che per la propria attività camaleontica ricevono qualche kopeka dalle mani del prete. Dei camaleonti simili sono: Alytaité, alunna della IX classe; Alyta, alunno della VI        classe B; Krištolaitis, alunno, della V classe B; Didžbalis, alunno della VII classe A. Oltre a questi servi della chiesa cisono nella scuola anche alcuni che vanno in chiesa e compiono bigottamente le pratiche religiose, come la Liutvinaité, alunna della IX classe A; l'alunna della X classe Staugaityté e l'alunna della XI classe D. Bacevičiūtė. Diamo loro e alla loro attività una risposta adeguata! ».

La prima di tali « risposte » concrete venne data nei confronti di Janina Alytaité, alunna quattordicenne della IX classe, la quale era addetta alle pulizie del ristorante di Lukšiai. Dopo un colloquio della direzione con sua madre circa la frequenza dei suoi figli alla chiesa, essa venne immediatamente licenziata, seb­bene gli insegnanti anche prima sapessero che lavorava nel ristorante e lo tollerassero.

 

Infine non rappresenta forse una « risposta » il fatto che un giovane sia definito « camaleonte », cioè un animale? Forse non sono delle « risposte » il terrorismo e le minacce? Forse non si tratta di una « risposta » punire e terrorizzare a causa della reli­gione, per il fatto che un ragazzo va in chiesa con i propri geni­tori? Forse non è una « risposta » umiliare di fronte ai compagni di classe coloro che vanno in chiesa, come se si trattasse di un vergognoso crimine? Infine tale comportamento degli insegnanti nei riguardi degli allievi non costituisce forse una menomazione della loro autorità? Anche un bambino sa che qualsiasi fede è uguale e libera. E quali conclusioni traggono dal comportamento degli insegnanti? Noi genitori vogliamo che i nostri figli rispet­tino noi e i loro insegnanti, che acquisiscano delle nozioni e che crescano onesti.

Gli insegnanti della scuola media di Lukšiai rimproverano ai genitori dei credenti di essere retrogradi e stupidi. Ad esempio l'insegnante Genys e l'insegnante Martišiutė hanno detto ad Ona Alytienė: « Gli stupidi siete voi genitori, che andate in chiesa portandovi appresso anche i figli ». Ma come potrebbe un figlio rifiutarsi di andare in chiesa se il padre e la madre ve lo conducono, oppure se gli dicono di andarci da solo? Infatti i genitori sono gli educatori più responsabili dei propri figli. È forse intelligente e serio da un punto di vista pedagogico chiede­re ogni lunedì allo scolaro, a lezione: « Ieri sei stato in chiesa? » e al sabato domandargli di nuovo: « Domani andrai in chiesa? ». Come potrebbe fare il figlio a non andarvi? Come potrebbe disubbidire ai propri genitori?! èdavvero brutto mettere i figli contro i propri genitori! Un ragazzo in molte cose non riesce a fare una distinzione. Egli dirà al padre: « Tu sei uno stupido. Tu sei un retrogrado. Smettila di volermi insegnare! ». Quando però un ragazzo commette una mancanza gli ordinano subito di far venire i genitori, mentre quando noi genitori insegniamo loro la religione e li portiamo in chiesa, ordinano loro di non ubbi­dire ai genitori. Dov'è qui la logica? Dov'è il rispetto per i genitori e per gli insegnanti?

Perciò noi, genitori credenti, risentiamo assai di questo stato di cose e per questo ci rivolgiamo a voi pregandovi di fare dei passi affinché i nostri figli non vengano puniti, perseguitati, derisi e discriminati, per la professione della fede e la loro parte­cipazione alle funzioni sacre. Noi genitori siamo stanchi delle continue molestie nei confronti dei nostri figli, delle minacce, dello scherno, delle loro lacrime, dei loro angosciosi risvegli durante il sonno. Noi vogliamo che i nostri figli non abbiano a dover temere dalla scuola, nella quale un giovane credente trova invece soltanto terrore, derisione e umiliazioni.

 

Noi vogliamo che i nostri figli vadano in chiesa con gioia e ne tornino sereni. Noi vogliamo che la scuola sia per loro un'altra casa e gli insegnanti dei secondi genitori i quali, comprendendo gli errori dello scolaro e la sua mancanza di tatto, siano capaci di educare l'allievo con attenzione pedagogica e paterna insieme; di inculcargli un bagaglio di nozioni scientifiche; di formare una persona di elevata cultura.

Noi genitori credenti vogliamo che le leggi sulla libertà di reli­gione non siano soltanto delle belle parole propagandistiche, ma delle realtà.

Preghiamo l'illustre procuratore della repubblica di voler ri­cordare al direttore Urbonas e agli insegnanti della scuola media di Lukšiai che le leggi sovietiche obbligano anche loro, affinché non commettano questi ed altri soprusi del genere.

Hanno firmato 14 genitori

Lukšiai, febbraio 1972

¡7« « deputato » arrogante

Il direttore e gli insegnanti avendo saputo che si stava preparando una denuncia cercarono di fare in modo che essa non raggiungesse gli uffici della repubblica. L'allieva della IX classe B J. Alytaité venne interrogata per sapere se sua madre avesse raccolto le firme, chi altri le avesse raccolte, ecc. L'allieva rispose di non sapere niente.

Gli insegnanti si rivolsero allora al presidente del kolchoz Lenin, K. Glikas, deputato al Soviet supremo, perché li difendesse. Questi, infuriato, aggredì i genitori credenti che avevano « calunniato » gli insegnanti della scuola media di Lukšiai e perché avevano divulgato questa faccenda per tutta la repubblica. Durante una riunione di una brigata Glikas disse che a Vilnius gli avevano mostrato quella denuncia, e l'avevano rimproverato, con suo grande dispiacere, poiché nel suo kolchoz regnava un grande disordine: « Ma glielo faremo vedere noi! Noi spaccheremo i denti a quelli che vogliono mangiare gli insegnanti! » dichiarò furente il depu­tato. Egli minacciò i genitori che avevano firmato di parlare ti i loro sul giornale, ecc. Glikas si recò inoltre da G. Krišto­laitis e, furioso, lo accusò di aver calunniato gli insegnanti. Il presidente aggiunse che i genitori che avevano firmato non avrebbero avuto più pace.

 

Glikas fece sapere alla Tamulevičienė per mezzo dell'agro­nomo che se essa non avesse « cambiato disco » sarebbe stata licenziata dal suo posto di ragioniere. Minacciò ancora che quando i Tamulevičius si fossero trasferiti ad abitare nel kolchoz avrebbero ricevuto ben poco denaro per la loro vec­chia fattoria.

L'intervento del presidente Glikas demoralizzò i genitori. Corsero anche voci che la chiesa di Lukšiai sarebbe stata chiusa, il parroco trasferito, ecc. Molti commentarono che non era giusto provocare tanti inconvenienti per dei ragazzi che servivano la messa. Qualcuno se la prese persino con i genitori che avevano firmato la denuncia. I più coraggiosi tuttavia si consolavano dicendo che Dio non li avrebbe ab­bandonati. Il parroco durante le prediche ricordava ai fedeli la necessità di sacrificarsi. I cattolici più zelanti pregavano: «Signore, veglia Tu sui nostri figliuoli; Tu che li ami più di ogni altro ».

Una commissione governativa d'indagine

Il 9 marzo giunse a Lukšiai una commissione per accer­tare la consistenza dei fatti descritti nella denuncia. I membri della commissione dichiararono di essere inviati del Ministero della pubblica istruzione. La commissione restò a Lukšiai per tre giorni. Furono interrogati i ragazzi, i genitori, gli insegnanti e anche persone estranee alla scuola. Allo scolaro della I classe J. Naujokaitis venne chiesto: « Ti ha sgridato molto l'insegnante perché vai a servire la messa? ». « Sì. » « È proprio vero che l'insegnante ti ha minacciato dicendo: "Levati i calzoni?".» «È stato proprio così.»

I membri della commissione gli spiegarono che l'inse­gnante non aveva il diritto di comportarsi così, che la profes­sione della religione è libera: chi vuole andare in chiesa ci va, chi non vuole non ci va.

A Vitas Pavalkis i membri della commissione dissero: « Se ti piace, puoi andare in chiesa a servire la messa, e nessuno ti punirà per questo, né ti caccerà fuori dalla scuo­la ». Il ragazzo tornò a casa tutto allegro, contento e sicuro perché d'ora in avanti nessuno lo avrebbe più schernito.

Allo scolaro R. Didžbalis della VII classe venne chiesto: « Sul giornale murale è stata messa la tua caricatura? » « Sì,è stata messa. » Gli inviati del Ministero dichiararono che non si può deridere un ragazzo per la sua fede né si può mettere la sua caricatura sul giornale murale; si può soltanto cercare di convincerlo che Dio non c'è. Al ragazzo doman­darono ancora se avesse qualcosa da chiedere. « La libertà di andare in chiesa! », rispose.

Alla Alytaité venne chiesto perché fosse stata licenziata dal ristorante. « Per la mia frequenza alla chiesa! » « Sei stata messa in caricatura e ridicolizzata sul giornale murale? » « Sì. » « Che cosa vorresti? » chiese la commissione. « Che gli insegnanti non ci rimproverassero per la frequenza alla chiesa e non ci deridessero sul giornale murale. » La com­missione dichiarò nuovamente che non si possono offendere gli scolari per la loro frequenza alla chiesa e promise di ammonire il direttore e gli insegnanti perché desistessero dal-l'usare simili mezzi.

A R. Tamulevičius la commissione chiese: « Chi ti ha vietato di andare in chiesa e di servire la messa? » « Gli insegnanti e il direttore. » Il ragazzo raccontò anche che un giorno fu convocato persino da tre insegnanti. Essi lo scher­nirono, dicendogli: « Mettiti un fazzoletto rosso al collo e guarda se il prete ti lascerà servire la messa o no! ».

« L'insegnante Martišiutė ti disse seriamente o solo per scherzo di bere il vino del prete e di mettere poi dell'acqua al suo posto? » « Non lo so; ma me lo ha detto. » Al ter­mine dell'interrogatorio, la commissione disse al ragazzo: « Puoi andare in chiesa se lo vuoi, se ti piace puoi servire la messa; soltanto non farti prete e leggi più libri ateistici ».

Pijus Didžbalis spiegò alla commissione recatasi da lui: « Non ho nulla contro la scuola. Vi è soltanto un male: che gli insegnanti attaccano accanitamente quei ragazzi che vanno in chiesa. Questi hanno paura e non vogliono più andare a scuola. La nostra fede consiste in questo: la dome­nica dobbiamo andare in chiesa noi stessi e portarci i nostri figli. Gli insegnanti hanno preso a terrorizzare i nostri figli, a criticarli sul giornale murale, a deriderli in classe, ecc. ». La commissione spiegò che gli insegnanti non avevano il diritto di comportarsi in questa maniera e che si sarebbero corretti.

Ad Ona Alytiené un membro della commissione chiarì che gli insegnanti non possono esigere che un ragazzo noncreda in Dio e che non vada in chiesa; non possono deri­derlo per la sua fede, né prenderlo in giro sul giornale murale. Aggiunse ancora che per il loro comportamento il direttore e gli insegnanti sarebbero stati puniti.

Pure a G. Krištolaitis i membri della commissione spiega­rono che non si possono sgridare i ragazzi, sottoporli ad interrogatori, metterli alla berlina sul giornale murale per la loro partecipazione alle funzioni religiose. Un membro della commissione consigliò di tenere i ragazzi durante le funzioni al centro della chiesa ma che se i genitori avessero permesso loro di servire la messa ne avevano tutto il diritto.

Bisognerebbe soltanto gioire se si reagisse sempre così alle denunce, ma purtroppo questa reazione probabilmente è stata l'unica negli anni del dopoguerra.

Nel 1969 l'Istituto di ricerca scientifica pedagogica del Ministero della pubblica istruzione della RSS di Lituania pubblicò un libro diB. Bitinas che aveva per titolo: Reli­gingi mokinai ir ju perauklėjimas (Gli studenti religiosi e la loro rieducazione). Ecco ciò che vi è scritto:

«... Qualcuno sostiene che nell'educare ateisticamente gli scolari non conviene usare la critica satirica nei riguardi di coloro che partecipano a riti religiosi. Il materiale da noi raccolto tuttavia mostra che questa affermazione non può essere accettata categoricamente, quando si ha a che fare con i ragazzi più giovani. In alcuni casi l'opinione ateistica so­ciale, espressa anche in forma satirica, convince il ragazzo già grandicello ad accettare gli scopi dell'educazione ateistica più che altre forme di azione ateistica » (pag. 122).

Questo libro si può trovare soltanto nei gabinetti metodo­logici delle Sezioni della pubblica istruzione e viene rac­comandato quale testo fondamentale nell'opera di rieduca­zione degli studenti credenti.

Sorge spontanea la domanda a chi si debba credere: se alle parole dei membri della commissione, oppure all'istru­zione stampata? Questo lo dirà il tempo...