Šiauliai

Monte delle Croci: il governo tenta di sradicare una devo­zione popolare

È famoso in Lituania il piliakalnis 1 di Meškuičiai, de­nominato Monte delle Croci. Qui si ergevano le croci erette da molti lituani2, ma gli ateisti hanno profanato più volte questo luogo sacro, abbattendo le croci e bruciandole. Tut­tavia la gente ha continuato ugualmente a portare ed eri­gere croci grandi e piccole su questo colle così caro al cuore di ogni lituano.

Il Monte delle Croci aveva già quasi totalmente rimar­ginato le proprie ferite dopo lo scempio del 1961. Purtroppo verso la fine di aprile del 1973 esso venne nuovamente de­vastato; non vi rimase alcun segno dell'esistenza delle croci. Il monte, triste e deturpato, si guardava attorno aspettando che mani credenti e cuori sensibili incoronassero nuova­mente il suo capo profanato con il simbolo della redenzione: la croce.

Alle ore 24 del 19 maggio 1973 alla periferia della città di Šiauliai comparve un'insolita processione. Un gruppo di persone composto da giovani e ragazze, seri e raccolti, por­tava una croce. Essi camminavano adagio, con calma, reci­tando il rosario. Di tanto in tanto si davano il cambio nel portare sulle proprie spalle la croce, lunga tre metri e pe­sante 45 kg. Essa era abbellita di ornamenti simbolici: un cuore trafitto da due spade, sulle cui impugnature spicca­vano una svastica e una stella rossa sovietica.

La gioventù lituana portava la croce non per implorare salvezza, ma in segno di penitenza per la profanazione della croce, per i peccati della nostra nazione contro il Redentore. Essa portava la croce come simbolo di vittoria. La notte del

1 Si tratta di una parola intraducibile ma che approssimativamente potrebbe significare « castelliere ». (N.d.r.)

2 In totale circa diecimila croci. (N.d.r.)

19 maggio molti seppero di questa processione della croce e destinarono un'ora alla preghiera e all'adorazione della cro­ce. In quell'ora trascorsa con le mani giunte molti portarono nel proprio animo la Croce di Cristo. Tutti i portatori della croce, la sera, si accostarono alla santa comunione.

Mentre si accingevano a portare la croce sul monte, i giovani appresero che un individuo aveva informato ilKGB della processione. Gli agenti del KGB perlustrarono per tutta la notte il percorso Siauliai-Monte delle Croci. Quindi la riuscita del viaggio apparve ai portatori della croce come un miracolo. Il 20 maggio alle ore 2.30 il Monte delle Croci si adornò di una nuova e bella croce attorno alla quale vennero piantati fiori e accese candele. Poi tutti inginocchiati pregarono: « Cristo Re, venga il Tuo regno nel nostro paese! ».

Alle ore 6 e 46 minuti si sentì il rumore di una macchina. Gli agenti del KGB si stropicciarono gli occhi: avevano pas­sato tutta la notte nell'inseguire la croce, ed ecco che essa si ergeva di fronte a loro. Allora le mani malvage sradica­rono la croce e la portarono via, ma a mezzogiorno al suo posto già se ne ergeva un'altra. Gli ateisti continuarono a distruggerle, ma pareva che le croci rispuntassero dalla terra.

Gli interrogatori a seguito del trasporto della croce sul Monte delle Croci nel mese di maggio 1973

La sera del 20 maggio 1973 agenti del KGB si recarono a Šiauliai da Mečislovas Jurevičius, nato nel 1927, e lo con­dussero nella sede della Sicurezza. Là giunti, Mečislovas venne sottoposto a stringenti interrogatori per sapere se aveva portato la croce, che strada aveva seguito il corteo, quante persone avevano portato la croce, chi ne aveva or­ganizzato il trasporto, chi l'aveva costruita, quali preti ave­vano sollecitato il suo trasporto sul monte... Jurevičius ri­spose che la croce l'aveva costruita e portata sul monte lui solo. Gli venne ancora chiesto se fosse mai stato condan­nato nel passato.

« Sì, per gli errori di Stalin! » « Smettila di calunniare Stalin! - gli urlò l'agente del KGB - Proprio Stalin vi ci vorrebbe!... »

   Quindi a Jurevičius chiesero che sacerdoti conosceva, chiserviva la messa in chiesa, con quali persone aveva rap­porti, eccetera. Jurevičius si rifiutò di rispondere a queste ulteriori domande. Gli inquisitori lo definirono un fanatico, minacciandolo di comminargli una condanna più lunga che in passato, di rinchiuderlo in una cella, di iniettargli certi farmaci e così via. Infine gli venne imposto di mettersi contro il muro e di non muoversi. Avendo mostrato di non temere le minacce, Jurevičius venne allora rinchiuso in una cella, dove passò la notte.

Il giorno successivo ripresero gli interrogatori. Chi aveva insegnato ai bambini a servire la messa? Quali preti fre­quentava di più? Chi serviva la messa? Poi nel pomeriggio il procuratore gli chiese perché continuava a tacere.« Per­ché in ogni caso mi infliggerete lo stesso dieci anni! » ri­spose Jurevičius.

Alla sera venne rilasciato ma con l'obbligo di presentarsi il 23 maggio, giorno in cui venne sottoposto a nuovi interro­gatori e minacciato; ma Mečislovas continuò a tacere. Gli venne ordinato di ripresentarsi il 29 maggio, quando un funzionario del KGB pretese che mettesse tutto per iscritto, poi si mise a spiegargli in che cosa consiste la libertà di reli­gione, come i preti ingannano la gente, e così via. Jurevi­čius allora disse: « Se sono colpevole, sottoponetemi a pro­cesso! ». « Condannare è facilissimo, bisogna però anche mettere l'individuo sulla buona strada » spiegò l'inquisitore che, rimandandolo a casa, aggiunse: « Noi sappiamo bene che avete portato la croce in onore di Kalanta ».

A mezzogiorno del 20 maggio 1973 alcuni agenti del KGB fermarono lo studente Zenonas Mištautas, del IV corso del Politecnico di Šiauliai e lo condussero alla loro sede. Gli chiesero insistentemente cosa aveva fatto la notte preceden­te, se andava a servire la messa, che chiesa frequentava, chi erano gli altri che servivano la messa, chi partecipava al­l'adorazione, che cosa dicevano i preti nelle prediche, ec­cetera.

Verso le 16 gli agenti della Sicurezza riportarono Zeno­nas a casa, dove effettuarono una perquisizione, pur non essendo in possesso della prescritta autorizzazione del pro­curatore. Essi rovistarono tra tutti i libri e i quaderni, sequestuando un rullino fotografico impressionato e un qua­derno con appunti di contenuto religioso. Dopo averlo svi­luppato, gli restituirono il rullino ma non il quaderno.

Riportato nella sede del Comitato per la Sicurezza, Zeno­nas venne sottoposto a nuovi interrogatori. Gli venne chie­sto quante persone avevano portato la croce, chi l'aveva fatta, che strade avevano percorso, a che ora avevano eret­to la croce sul monte, eccetera. Non avendo ottenuto al­cun risultato con le buone, gli agenti del KGBpassarono alle minacce. Quattro inquisitori circondarono Zenonas da tutti i lati mostrandogli i pugni e descrivendogli quali impronte sarebbero rimaste sul suo corpo dopo una buona cura a base di manganelli. Per tre volte andarono a prendere i manganelli. Uscendo, ogni volta dicevano: « Ora prendere­mo i manganelli e, calati ipantaloni, ti assesteremo un bel po' di legnate; così ci dirai tutto ». Gli inquisitori raccon­tarono sciocchezze di ogni genere sul Monte delle Croci, ricorrendo anche ad un linguaggio sporco. Ultimando l'inter­rogatorio, gli agenti del KGB cercarono in ogni modo di ter­rorizzare Zenonas affinché in avvenire non portasse più croci sul piliakalnis di Meškuičiai. Infine gli venne or­dinato di presentarsi nuovamente alla Sicurezza il 25 maggio. Il giorno stabilito egli fu di nuovo interrogato sul trasporto della croce e sul servizio della messa. Non essendo appro­dati a nulla, un agente del KGB infuriato disse che avrebbe informato di tutto la direzione della scuola, il che avrebbe comportato la sua espulsione da essa. Rimandandolo a casa, l'agente gli diede il suo numero telefonico, ordinandogli di telefonargli il 28 maggio. Zenonas si guardò bene dal farlo.

Iniziato l'anno scolastico, la scuola si diede a « riedu­care » Zenonas, minacciandolo che se anche in avvenire fosse stato così decisamente attaccato alle proprie convin­zioni sarebbe stato espulso.

Il 3 ottobre la professoressa ordinò a Zenonas di recarsi alla sede della Sicurezza, ma egli chiese una convocazione per iscritto. Allora venne minacciato di espulsione dalla scuola se non si fosse recato alla Sicurezza, tuttavia egli non ci andò.

   Il 10 ottobre, 10 agenti del KGB prelevarono Zenonas e locondussero alla loro sede, dove venne interrogato per tre ore. Il giovane per la maggior parte del tempo tacque.

Finora Z. Mištautas non è stato ancora allontanato dal Politecnico di Šiauliai.

Verso le ore 12 del 20 maggio 1973 Virginijus Ivanov unitamente a Z. Mištautas venne condotto alla Sicurezza. Inizialmente l'inquisitore si comportò con garbo, citando alcuni articoli del codice penale sui reati politici e invitando l'imputato a raccontare per ordine tutto ciò che aveva fatto la sera e la notte del sabato. AppenaVirginijus dichiarò che non avrebbe parlato immediatamente cessò la « gentilezza » dell'agente della Sicurezza, che diede a Virginijus del fa­natico, dell'oscurantista, eccetera. « La scuola superiore di musica non è posto per te, perché se fossi maestro del coro faresti dell'agitazione tra i coristi. »

Nel pomeriggio Virginijus venne ricondotto a casa, dove venne effettuata una perquisizione (senza l'autorizzazione del procuratore), nel corso della quale gli agenti della Si­curezza sequestrarono alcuni quaderni contenenti poesie re­ligiose. Poi ripresero l'interrogatorio. Gli agenti del kgb usarono dapprima le buone maniere, poi persa la pazienza minacciarono di picchiarlo e di rinchiuderlo in un sotter­raneo. L'interrogatorio continuò durante la notte, che l'in­quisito trascorse senza poter dormire. Ogni due ore un agente ricominciava a chiedergli informazioni sui preti, sul personale della chiesa, sui credenti, eccetera.

Lunedì verso le ore 12 l'agente della Sicurezza ordinò a Virginijus di firmare una dichiarazione con la quale si im­pegnava a non raccontare a nessuno dell'interrogatorio su­bito. Se qualcuno gli avesse chiesto dove fosse stato, avreb­be dovuto rispondere di essere stato alla milizia e non alla Sicurezza.

In seguito Virginijus venne più volte convocato dagli agenti della Sicurezza. Egli però non si presentò. Allora venne espulso dalla scuola superiore di musica, con la mo­tivazione che non aveva sostenuto gli esami. In realtà Vir­ginijus era stato dispensato dagli esami dalla commissione medica.

 

Nel mese di luglio, la madre di Virginijus inviò al pro­curatore generale a Mosca il seguente esposto.

Non lontano da Šiauliai si trova il Monte delle Croci. Esso fin dall'antichità è caro ai credenti. Il mio figlio sedicenne assieme ad alcuni suoi amici la notte del 20 maggio ha portato una croce su quel monte. Per questo gli organi della Sicurezza di Šiauliai il mattino dopo lo condussero nella loro sede, tenendovelo per 24 ore senza mangiare né dormire. Inoltre mio r,glio, convale­scente da una forma d'infiammazione cerebrale, era stato dispen­sato dagli esami primaverili, con la raccomandazione di evitare gli strapazzi affinché il male non si ripresentasse. Nonostante questo, mio figlio è stato espulso dal I corso della scuola supe­riore di musica, unicamente per averportato una croce sul Monte delle Croci.

Prego il procuratore generale di indagare accuratamente sui fatti esposti e di stabilire se gli organi della Sicurezza avevano il diritto di comportarsi così, dato che la costituzione garantisce a tutti i credenti la piena libertà di coscienza e di culto.

Viktorija Ivanovą

 

Alla denuncia venne allegato il certificato di esonero da­gli esami rilasciato dalla commissione medica.

Agli inizi del mese di settembre del 1973 dalla procura della repubblica di Vilnius giunse questa risposta.

Vi comunichiamo che a seguito della Vostra denuncia del 25 luglio è stato accertato che i rappresentanti del governo sovie­tico hanno parlato con il vostro figlio minorenne Virginijus, alla presenza del padre Ivanov, delle azioni intollerabili compiute da vostro figlio e da altre persone nei riguardi di un monumento archeologico: il monte di Jurgaičiai.

Non sono stati ravvisati atti illeciti da parte dei funzionari del governo sovietico che hanno parlato con vostro figlio.

Il sostituto capo del procuratore della repubblica, Bakučionis.

Le persecuzioni degli agenti del KGB non soltanto non han­no spaventato la gente, ma anzi hanno perfino ispirato un maggior coraggio. Una delle giovani che parteciparono al tra­sporto della Croce ha scritto:

« Lituano, prendi coscienza della tua forza! Essa sta in Cristo e nella nostra reciproca unione! Rimani irremovibile e coraggioso a guardia di tutto ciò che è sacro al tuo cuore.

 

Non permettere che venga profanato anche il Monte delle Croci. Non lasciarlo deturpato e nudo. Porta là la tua gioia e il tuo dolore, la speranza e la vittoria, porta là il tuo amore e la tua fedeltà a Dio, porta là la tua Croce! ».

La profanazione del Monte delle Croci ha fatto nascere una nuova idea: se non ci è possibile erigere le croci su di esso, cominciamo ad innalzarle davanti alle nostre case, den­tro di esse, nei nostri cuori ed in quelli del nostro prossimo.

 

Persecuzioni a scuola

Il 30 ottobre 1973 l'allievo della VII classe della V scuo­la media di Šiauliai, Leonas Šileikis, venne chiamato in sala di riunione, dove si trovavano due agenti del KGB, e poi portato nello spogliatoio dei ragazzi. Qui perquisirono la sua cartella, esaminarono i suoi quaderni e chiesero al gio­vane chi erano i suoi amici. Poi lo portarono nella sede della Sicurezza e gli mostrarono i volantini che egli aveva sparso al centro della città diŠiauliai. In essi figuravano frasi come: « Via il governo sovietico! Fuori i russi dalla Lituania! Libertà alla Lituania! ». Gli inquisitori volevano sapere chi avesse ispirato simili parole d'ordine, come era nata una simile idea, se in casa i genitori parlavano o meno contro il governo sovietico, se egli andava in chiesa, se si confessava, se serviva la messa, se frequentava i preti, se i genitori ascoltavano le trasmissioni de « La voce dell'Ame­rica », se in casa avevano della letteratura religiosa, su che libro recitava le preghiere: se vecchio o nuovo, e altre co­se ancora. L'interrogatorio durò cinque ore. Il giorno se­guente Leonas venne nuovamente sottoposto ad interro­gatori.

Trascorse alcune settimane, la « rieducazione » di Leonas venne ripresa dalla direttrice, che gli chiese nuovamente in­formazioni sui volantini e specialmente su argomenti riguar­danti la chiesa.

« Sono sempre andato in chiesa e continuerò ad andarci » rispose Leonas. Allora la direttrice pronunciò la sentenza: abbassare il voto in condotta a Leonas Šileikis.

I.'I novembre 1973 venne convocata al KGB Virga Šilei­kytė, allieva dell'XI classe della V scuola media di Šiauliai. Un agente volle sapere se ella andava in chiesa, se parteci­pava all'adorazione, come conciliava la religione con la scien­za, perché non si iscriveva al Komsomol, quali libri ateistici aveva letto, se fosse stata sul Monte delle Croci, se cono­sceva Ivanov o Mištautas, quali preti conosceva, eccetera.

La ragazza spiegò all'agente della Sicurezza che non co­nosceva nessuno dei partecipanti alla processione, che nei giovani comunisti non vedeva dei buoni esempi, che in par­ticolare non le piaceva l'attività dei pionieri, che aveva letto i libri di Ragauskas Ite, missa est Anuo metu (In quel tempo) ed era rimasta indignata per le stupidaggini tro­vatevi.

L'agente della kgb tentò di convincerla che i preti si com­portano male, che avevano persino fucilato la gente. « Io credo in Dio e non nei preti » ribatté Virga. Rimandandola in classe, l'agente l'avvertì che sarebbe stata ancora con­vocata per un altro colloquio.

Il 31 ottobre 1973 la madre di Leonas Šileikis, Joana Šileikienė, venne convocata alla Sicurezza e interrogata sul crimine del figlio. Le chiesero se in casa sua si facevano discorsi antisovietici, se i figli venivano educati religiosa­mente, se si incontravano con i preti, chi nella sua casa frequentava maggiormente la chiesa, se avevano dei parenti all'estero, eccetera. L'interrogatorio durò due ore.

L'I novembre 1973 Juozas Šileikis, padre di Leonas, venne convocato dalla Sicurezza. L'inquisitore gli chiese se i falegnami dell'azienda dei ciechi avrebbero potuto fare la croce che era stata portata sul Monte delle Croci, se egli andava in chiesa, se partecipava alle processioni, chi dirigeva le processioni.

Šileikis rispose che in chiesa ci andava di domenica e, quando aveva un po' di tempo, anche nei giorni feriali; che nessuno organizzava le processioni e che quando era in chie­sa si metteva a pregare e non a chiedere i nomi alle per­sone. A Šileikis chiesero poi informazioni su Mečislovas Jurevičius e Stasys Cilinskas. Egli venne rimproverato per il fatto di ascoltare « La voce dell'America », per il reato di Leonas, per l'istruzione religiosa dei figli, per il divietofatto ai figli di iscriversi ai pionieri ed al Komsomol. L'in­quisitore volle inoltre sapere se Šileikis possedesse della nuova letteratura religiosa.

Il 28 novembre 1973 Juozas Šileikis ed il figlio Leonas vennero convocati ad una riunione della commissione della città di Šiauliai per l'avviamento al lavoro dei minorenni, alla quale erano presenti 25 persone di vari uffici. I membri della commissione chiesero particolari sui foglietti diffusi da Leonas e sulla sua frequenza alla chiesa. Alcuni mem­bri della commissione espressero l'opinione che ad un tale padre si sarebbe dovuto togliere la patria potestà, perché rovinava il figlio. La commissione in un primo momento de­cise di espellere Leonas dalla scuola, poi più tardi si accon­tentò di condannare il padre ad una multa di 30 rubli.

Šileikis dichiarò alla commissione: « Se non si può an­dare in chiesa, allora scrivete sulla sua porta che l'ingresso è severamente vietato ». Qualche membro della commissio­ne rispose che in tal caso i credenti sarebbero tornati nelle catacombe...

L'11 ottobre il capo del KGB di Šiauliai Urbonavičius ten­ne una conferenza agli studenti sul tema: « L'attuale lotta ideologica e la gioventù ». Il funzionario della Sicurezza parlò delle agitazioni a Šiauliai, dove manifesti antisovietici erano stati affissi nei luoghi pubblici e persino nelle scuole; e del fatto che Jurevičius, Ivanov e Mištautas avevano por­tato una croce sul piliakalnis di Meškuičiai. Ciò fu fatto nell'anniversario del sacrificio diKalanta. Il capo della Si­curezza spiegò che quanto a Jurevičius non c'era affatto da meravigliarsi, poiché si trattava di un « bandito »,' ma il fatto che assieme a lui avevano partecipato dei giovani suscitava preoccupazione. Anche i sacerdoti, a parere del funzionario della Sicurezza, arrecano molto danno. Conclu­dendo la sua conferenza, Urbonavičius ha invitato tutti a liberarsi dalle « superstizioni religiose ».

 

1 Cosi i russi definiscono gli ex partigiani lituani antisovietici. (N.d.r.)

 

Šiluva

Come impedire i pellegrinaggi

Agli inizi del settembre 1973 in occasione della ricorren­za della Natività di Maria affluì a Šiluva 1 un'enorme mas­sa di gente. Il 9 settembre, domenica, le auto arrivate a Šiluva non trovavano più posto e vennero parcheggiate nella campagna circostante. Le pattuglie di controllo della polizia quest'anno si sono mostrate molto più tolleranti dello scorso anno. Nonostante ciò hanno fermato diversi autobus carichi di pellegrini diretti a Šiluva. Alcuni fedeli hanno raccontato: « A circa tre chilometri da Šiluva l'auto-ispezione ed alcuni ausiliari della milizia fermarono il no­stro autobus. L'autista venne interrogato a lungo e infine accusato di voler lasciare sicuramente la gente a Šiluva e non di andare a Pakruojis, località di arrivo segnata sul foglio di viaggio. Dopo l'interrogatorio dell'autista, durato una mezz'ora, vennero ritirati il foglio di viaggio e la lista dei passeggeri e venne rilasciata un'autorizzazione solo per andare a Pakruojis. La gente quivi giunta, dopo un lungo giro per sentieri di campagna, riuscì a tarda notte a rag­giungere a piedi Šiluva ».

Domenica 9 settembre nei pressi del santuario di Šiluva la milizia di Raseiniai si mise a sequestrare le candele ad alcuni venditori. Con la forza spinsero una donna dentro una macchina e la condussero via. La sera dell'8settembre la milizia portò a Raseiniai una vecchietta la quale, mentre veniva trascinata via, gridava: « Gente, salvatemi! ».

Nei giorni feriali si potevano notare molti venditori di devozionali dietro la stessa chiesa. Essi tenevano i rosari legati sul petto, sotto gli abiti.

 

Surviliškis

Nel mese di maggio nella scuola media di Surviliškis ven­ne chiamata in sala di riunione l'allieva della X classe Janina Ivanauskaitė. Ella fu sottoposta ad uno stringente interro-

 

1Vedi nota a pag. 175. (N.d.r.)

 

gatorio da parte del direttore della scuola, Stasys Bogušaitis, Jella professoressa Nijolė Šilkaitienė e di un individuo sco-nosciuto, rappresentante della provincia. La studentessa fu rirnproverata in quanto, prossima maturanda, non avrebbe cJovuto frequentare la chiesa. Se avesse continuato ancora a farlo sarebbe stata espulsa dalla scuola.

Il giorno dopo l'insegnante disse a Janina che se deside-rava tanto andare in chiesa avrebbe potuto recarsi in una lo­calità dove non era conosciuta.

L'ultimo giorno di scuola, la Ivanauskaitė venne nuova­mente « rieducata »: « Perché non ti iscrivi al Komsomol? Vengono dei preti in casa tua? Da quando hai cominciato ad essere bigotta? Vai spesso in chiesa? Cosa fai quando sei là? Cosa hai fatto la mattina di Pasqua? Ti aveva in­vitato il prete a spargere i fiori? ».

 

Baisiogala

Il direttore della scuola media di Baisiogala, Šerkšnys, e l'insegnante della XI classe Šidlauskaitė rimproverarono ed insultarono le alunne dell'undicesima classe Regina Jagelaité e Vanda Aleksandravičiūtė per il solo fatto che a Pasqua ave­vano sparso dei fiori durante la processione. L'insegnante davanti a tutta la classe svergognò le ragazze. Allorché que­ste spiegarono che erano state le rispettive madri a dire loro di recarsi in chiesa, la Šidlauskaitė inviperita ribattè: « E se vostra madre vi dicesse di andare a letto con il parroco? ».

Nonostante le ragazze fossero state sempre delle allieve esemplari ed avessero studiato bene, per il solo fatto di aver sparso dei fiori durante la processione venne abbassato loro il voto in condotta; mentre nelle loro note caratteri­stiche fu scritto: « Anche se le ragazze sono giovani del Kom­somol non si sono ancora formate una mentalità ateistica perché, pur essendo ormai all'undicesima classe, frequentano ancora la chiesa ». Un giudizio del genere nelle note carat­teristiche degli studenti discrimina i credenti e smaschera l'affermazione sovietica secondo la quale nei documenti uf­ficiali non viene fatto alcun riferimento alle credenze reli­giose dei cittadini dell'Unione Sovietica.

    I genitori si meravigliano che la professoressa Šidlauskaitėpossa educare la gioventù, quando essa stessa avrebbe bi­sogno di essere educata.

Anche l'allieva della X classe Lione Urbonavičiūtė venne rimproverata e ricattata per la sua frequenza alla chiesa. L'insegnante infine le promise che avrebbe annotato la cosa nelle sue note caratteristiche.

La direzione della scuola di Baisiogala inoltre reagisce in maniera ben più blanda ad altre mancanze ben più gravi degli studenti. Qualche anno fa l'allievo Vidas Varnas svuo­tò in chiesa cinque cassette di offerte e strappò dall'altare 12 ex voto (per una somma complessiva di oltre 220 ru­bli). Tuttavia quell'anno quando V. Varnasterminò la scuola le sue note caratteristiche risultarono pulite.

 

Girdžiai

Libertà di associazione?

Il 1 settembre 1973 alla scuola media di Girdžiai giunse un funzionario della provincia di Jurbarkas che tenne un discorso in cui disse: « Vedete di non fare come ha fatto la Mockienė ».

La gente cominciò allora a chiedersi cosa mai avesse fatto la Mockienė. Si seppe che il 5 aprile 1973 il professor Simanavičius aveva iscritto al Komsomol la figlia della Moc­kienė, Janina, allieva della IX classe. La madre apprese la cosa con grande dolore e bruciò la tessera del Komsomol, poi mandò al professore un biglietto di questo tenore:

« Mia figlia è minorenne, perciò senza il mio consenso non avevate il diritto di iscriverla al Komsomol. Considerando tale iscrizione del tutto illegale ho mandato in fumo la tes­sera attraverso il camino ».

Il marito cominciò a temere che per questo la donna sa­rebbe stata condannata al carcere. « Cosa vuoi che sia -ribattè la Mockienė. — Ci starò un po' e poi ritornerò! » Il 19 aprile la Mockienė venne convocata alla provincia per spie­gare il suo gesto. « Ho bruciato la tessera — disse la donna -perché mia figlia era stata iscritta al Komsomol a mia insa­puta. Non c'è niente di buono nel Komsomol. Le rive del Mituva sono piene di coppiette con tanto di distintivo, ègente che disonora i genitori. Io non voglio che mia figlia cresca una poco di buono. Chi ha saccheggiato il negozio di Pavidaujis? Chi, ubriaco, ha vomitato sui passeggeri in un autobus? Tutto ciò è stato fatto da studenti iscritti al Komsomol. Perché le imprese di costoro non si pubblicano sul giornale murale? Però se le migliori allieve della scuola partecipano alla processione di Pasqua allora a scuola ven­gono messe in caricatura. Inoltre l'iscrizione al Komsomol è libera o è obbligatoria? » « È evidente che è libera » le venne risposto. « Allora perché viene usata la costrizione? Perché terrorizzare i ragazzi a scuola? Mia figlia, tornata a casa, ha pianto, non ha potuto chiudere occhio per tutta la notte. »

Alla Mockienė venne comunicato che a seguito del suo gesto la figlia non avrebbe potuto iscriversi alle scuole su­periori, ed essa stessa sarebbe stata punita.

L'episodio di cui la Mockienė è stata protagonista ha tuttavia dei precedenti.

Alcuni anni fa la Riklikiené bruciò la tessera del partito di suo marito. Ugualmente fece anche Stasė Banaitienė.Chiamata a discolparsi, quest'ultima inviò un biglietto del seguente tenore: « Sotto la stessa coperta non possono dor­mire due partiti! ».

 

Pabaiskas

All'inizio di marzo del 1973 nella scuola media di Pa­baiskas venne organizzato un convegno di insegnanti sul problema dell'educazione internazionale. Alla riunione era intervenuto il dirigente della Sezione della pubblica istru­zione della provincia di Ukmergė, VI. Vėbra. La direttrice E. Stasiukaitienė elencò i nomi degli studenti che frequen­tavano la chiesa e prese a lagnarsi dicendo: « Fino a qual­che tempo fa ci riusciva più facile combattere la frequenza alla chiesa da parte degli studenti. Ora il nuovo servo del culto ha una grande autorità, attira tutti e, ciò che è più grave, durante le prediche "batte molto sul problema na­zionale" ».

Il dirigente della Sezione della pubblica istruzione disse che si sarebbe dovuto rivolgere molta attenzione alla que­stione nazionale, perché diversi studenti compiono molte provocazioni in questo senso. Quest'anno il 16 febbraio 1vi sono state delle provocazioni nelle scuole della provincia di Jurbarkas, una segretaria del Komsomol distribuìdei volantini antisovietici, altri studenti innalzarono perfino la bandiera tricolore.

Alla fine di maggio, nel corso della cerimonia di chiusura dell'anno scolastico, la direttrice E. Stasiukaitienėcomunicò pubblicamente che all'allieva Valė Amankavičiutė della VII classe era stato abbassato il voto in condotta per la sua frequenza alla chiesa.

Il 29 giugno 1973 presso il Comitato esecutivo della pro­vincia di Ukmergė venne convocato il parroco di Pabaiskas, rev. V. Ramanauskas, imputato di avere il 14 giugno or­ganizzato dei volontari per lavare la chiesa. A seguito di ciò la segretaria del partito del sovchoz di Pabaiskas, Boške-vičienė, aveva denunciato il parroco e l'amministratore del sovchoz di Girdžiai. Il presidente del Comitato esecutivo redarguì il parroco, definendolo il peggiore di tutta la pro­vincia poiché in due anni era già la terza volta che veniva ammonito. Poi rimproverarono il parroco dicendogli che la popolazione doveva guadagnare il pane anche per lui, men­tre egli disturbava il lorolavoro. Per colpa sua a tre donne era stato negato un aumento di salario (in seguito si seppe che a quelle donne era stato ordinato di ripulire l'orto dalle erbacce in cinque giorni, cosa che esse sarebbero riuscite a fare anche in una sola giornata. E perciò erano venute in aiuto alla chiesa). Il parroco si difese dicendo che se egli non andava a genio alle autorità di Ukmergė, avrebbero potuto chiedere che fosse trasferito altrove. Il presidente ribatté che mandandolo altrove sarebbero stati altri ad ave­re delle noie. A quel punto il parroco chiese al presidente di concludere al più presto il discorso perché quel giorno era la festa dei SS. Pietro e Paolo.

« Quale festa! Non voglio sentirne parlare! Falciare il fieno e non feste! » urlò scattando in piedi il funzionario. « Se il vescovo ha ordinato di celebrarla, noi gli daremo una lezione...! »

1 Vedi nota a pag. 336.

Al parroco vennero poi rimproverati anche altri reati: a Pasqua aveva fatto una colletta in chiesa, dieci ragazzi ave­vano preso parte alla processione, eccetera.

Circa un mese dopo anche gli agenti della Sicurezza re­darguirono il parroco di Pabaiskas imponendogli di dire da chi la gente riceveva i libri di preghiere e i catechismi, chi scriveva a macchina i testi dei canti religiosi, eccetera.

Il 5 ottobre presso il Comitato esecutivo della provin­cia di Ukmergè vennero convocati i presidenti e i cassieri dei comitati parrocchiali di tutte le chiese della provincia. Si parlò loro delle leggi sui culti, venne ricordato il dovere di tener lontano dal parroco il denaro della chiesa e non si mancò di ricordare più volte « l'enorme » crimine com­messo dal parroco di Pabaiskas: un lavoro volontario di quattro ore per lavare il pavimento della chiesa.