COSA VUOLE L'ANONIMO?

Il 19 marzo 1972 usciva timidamente il primo numero della LKB KRONIKA, senza prevedere affatto di quale at­tenzione sarebbe divenuta oggetto sia in patria che nel mondo. Il governo ateista la considerò un'iniziativa criminosa e tentò di farla tacere mediante perquisizioni e arresti in massa, senza tuttavia riuscire nel suo intento. I funzionari della Sicurezza dello Stato, rendendosi conto che tali me­todi difficilmente sarebbero riusciti ad annientare la LKB KRONIKA, ricorsero allora a mezzi più sottili, cercando di mettere in cattiva luce essa e i suoi editori. Al clero e ai credenti della Lituania sono noti molti episodi di come gli agenti della Sicurezza cerchino di costringere alcuni sacer­doti a scagliarsi contro la LKB KRONIKA. Recentemente si è appreso che funzionari del governo si sono rivolti persino al vescovo S.E. Matulaitis-Labukas, esigendo che egli con­dannasse la LKB KRONIKA con una circolare pubblica. Il vescovo si è rifiutato di farlo, sostenendo che un tale passo avrebbe soltanto squalificato gli ordinari della Lituania agli occhi dei credenti, come è avvenuto con la condanna del « memorandum dei 17.000 ».*

Agli inizi di settembre il vescovo Labukas e gli altri ordinari della Chiesa cattolica in Lituania ricevettero uno

* Cfr. Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania, n. 2, pp 63-70. ( NdT)

scritto anonimo, firmato « un gruppo di sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis ». Nello scritto venivano bollati i sacerdoti « reazionari » della diocesi di Vilkaviškis e si chiedeva che il vescovo Labukas, recandosi in Vaticano, condannasse di là quelli che « tentano di far girare all'in-dietro la ruota della storia ».

I sacerdoti della Lituania pensano che il vescovo Labukas, costretto dagli organi della Sicurezza, potrebbe portare in Vaticano questo scritto anonimo a dimostrazione di che cosa pensino sull'attuale situazione della Chiesa cattolica in Lituania i sacerdoti « zelanti ».

Dato che il suddetto scritto anonimo viene ampiamente commentato dai sacerdoti e dai credenti della Lituania, la LKB KRONIKA intende non solo farlo conoscere, ma anche riportare due risposte date allo stesso da sacerdoti delle diocesi di Vilkaviškis e di Vilnius. I loro nomi sono ben noti alla LKB KRONIKA.

 

Lo scritto anonimo

Per un clero filosovietico e rinunciatario

A Sua Eccellenza il vescovo J. Matulatis-Labukas, ammini­stratore apostolico dell'arcidiocesi di Kaunas e della diocesi di Vilkaviškis.

E, per conoscenza: a S.E. il vescovo J. Pletkus, a S.E. il ve­scovo R. Krikščiūnas, a S.E. il vescovo L. Povilonis, a mons. Č. Krivaitis e al can. J. Andrikonis.

L'Unigenito Figlio di Dio venne inviato sulla terra dal Pa­dre perché con la sua incarnazione, redimendo tutto il genere umano, lo rinnovasse e lo riunisse in uno. Ed Egli, prima di sacrificarsi sull'altare della croce, pregò il Padre affinchè i credenti "...siano tutti una sola cosa" (Giov.17,21); ai suoi di­scepoli Egli diede un nuovo comandamento di amore reci­proco, affinché i credenti crescessero in un unico corpo. E se ciò riguarda i credenti, tanto più i sacerdoti, edificatori di quel Corpo di Cristo.

Oggi si nota la carenza soprattutto di questa unità del clero. Vostra Eccellenza conosce bene gli umori dei sacerdoti delle diocesi da Lei governate. Le sono sufficientemente note le azioni dei sacerdoti, specialmente di alcuni preti reazionari della diocesi di Vilkaviškis, contrarie alla volontà di Cristo.

Essi non edificano la Sua Chiesa, ma la distruggono. Essi ca­lunniano e denigrano agli occhi dei fedeli molti zelanti operai della vigna di Cristo, non escludendo gli stessi ordinari i quali, secondo il pensiero del Concilio Vaticano II e degli ultimi papi, lavorano diligentemente nelle attuali condizioni di vita, che invero non sono dolci per nessuno. Non è un mistero che le condizioni della nostra vita religiosa e di lavoro non siano facili; però anche in esse si può lavorare con successo per il bene della Chiesa e della salvezza delle anime.

Nei decreti del Concilio Vaticano II si parla molto dei rapporti reciproci tra i sacerdoti, dei loro doveri nell'edifi­cazione del Corpo di Cristo. "Tutto ciò richiede, particolar­mente ai tempi nostri, numerose e nuove forme di adatta­mento" (Decreto sul ministero e sulla vita dei sacerdoti).

Grazie a sacerdoti operosi e aperti allo spirito dei tempi sono state rialzate dalle rovine le chiese di Kauno Naumiestis, di Pajevonys, di Šakiai ed altre; in numerose località sono stati inoltre costruiti edifici provvisori di preghiera, come a Kapčia­miestis, Bartininkai, Pilviškiai e altrove; sono tornate negli ultimi anni a brillare in tutto il loro splendore numerose chiese restaurate. Si può affermare decisamente che oggi le chiese della nostra diocesi vengono restaurate, decorate e abbellite in misura notevolmente superiore che non ai tempi anteguerra. E a chi è dovuto tutto questo? Forse a coloro che si conside­rano e talvolta vengono definiti perfino dalla radio vaticana "lituani nobili"? No! Per la maggior parte, tutto ciò è dovuto a quelli che dai preti reazionari vengono considerati strumenti degli ateisti per distruggere la religione cattolica e la Chiesa in Lituania.

È uno strano paradosso! I lacche degli ateisti decorano e abbelliscono le chiese invece di demolirle e di voltar loro le spalle; mentre i cosiddetti "preti patrioti", "combattenti per la libertà della Chiesa e della religione", cercano in tutte lemaniere di fare andare all'indietro la ruota della storia, mirano soltanto a diventare vanamente famosi per mezzo dei pro­grammi radio e delle colonne dei giornali esteri, ad essere con­siderati martiri senza corona, a soddisfare il loro illimitato amor proprio e la loro vanagloria.

A tutti è noto l'antico principio "divide et impera". Farebbe meno rabbia se tale divisione provenisse dalla parte degli atei­sti; ma come si può giustificare la nostra reciproca discordia? Forse tutto ciò non costituisce un portare acqua al molino altrui?

Vostra Eccellenza sa bene che gli organi locali del governo, in alcune province, cominciano a ritirare i permessi concessi per il restauro delle chiese o non forniscono a tale fine i materiali; altrove si comincia a restringere maggiormente la venuta dei sacerdoti per le feste patronali, ecc. Tutto ciò non costi­tuisce forse una giusta reazione del governo sovietico contro la propaganda sciovinista condotta da alcuni preti reazionari? Perché le nostre curie, i vescovi e gli amministratori delle dio­cesi non reagiscono? Forse tale comportamento èutile per la Chiesa?

La direzione del Seminario lamenta che mancano candidati al I corso, che quest'anno si è avuta una selezione dei candi­dati più severa. In questo caso non si è messo al "servizio del­l'orso" il cosiddetto Seminario ecclesiastico "segreto", al quale i nreti reazionari reclutano i nropri candidati? Infine, Eccel­lenza, sapete bene quanto valgono e quanto siano utili i "preti podpolščikai" (clandestini) cioè ordinati segretamente da non si sa chi. Il sacerdote compie pienamente i doveri della propria vocazione ed è utile alla Chiesa soltanto quando opera nella Chiesa e non quando scava sotto le sue fondamenta.

Vostra Eccellenza! Ci è ben noto che Ella ha una pratica pluriennale di lavoro curiale, ed anche una concezione realistica della vita e dell'attuale sviluppo della società; sappiamo che Ella è capace di chiamare le cose con il loro nome, ma desidere­remmo che fosse realista anche nel valutare l'attuale situazione creatasi nella diocesi di Vilkaviškis da Lei governata.

Il papa Giovanni XXIII ha espresso il pensiero che noi dob­biamo cercare non ciò che ci separa, ma ciò che è comune a tutti e che ci unisce. Vorremmo quindi che anche Vostra Ec­cellenza guardasse all'avvenire con gli occhi di questo grande papa dei nostri tempi e, per quanto dipende da Lei, ponesse fine alla discordia tra il clero, che nulla ha a che vedere con lo spirito di Cristo e con le infondate calunnie contro chi porta sulle proprie spalle il "peso della giornata ed il caldo" (Mt. 20,12); vorremmo che la Vostra parola pastorale contri­buisse a realizzare al più presto le parole della preghiera di Gesù: "che tutti siano una sola cosa" (Giov.17,21).

Tra non molto Vostra Eccellenza si recherà in Vaticano. Noi vorremmo sentire di là la Vostra parola pastorale di verità sulla nostra diocesi e sui suoi sacerdoti, perché, mentre Ella tace, parla per Lei la "Cronaca della Chiesa cattolica in Li­tuania", la quale non rappresenta né la Chiesa cattolica della Lituania, né la nostra diocesi.

1 settembre 1974

Un gruppo di sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis

Una risposta alla lettera di « un gruppo di sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis » del 1 settembre 1974 indirizzata ai vescovi e agli amministratori delle diocesi della Lituania.

 

Per un clero lituano senza compromessi...

In questi giorni viene diffusa nella diocesi di Kaišedorys una lettera anonima indirizzata a S.E. il vescovo Matulaitis-Labukas, scritta a nome di un gruppo di sacerdoti della diocesi di Vil­kaviškis. Copie di questa sono state inviate a S.E. il vescovo J. Pletkus, a S.E. il vescovo L. Povilonis, a S.E. il vescovo R. Krikščiūnas, a mons. C. Krivaitis e al can. J. Andrikonis.

Il contenuto politico della lettera è mascherato con citazioni della S. Scrittura, frammiste all'odierna terminologia usata dagli ateisti: "preti reazionari", "far girare all'indietro la ruo­ta della storia", "giusta reazione del governo sovietico", "preti podpolščikai". La lettera è stata certamente ispirata, e forse perfino scritta, non dai sacerdoti, ma dagli ateisti.

Sorge subito spontanea una domanda: perché costoro che si proclamano difensori della causa della Chiesa non hanno osato firmare? Per una simile lettera essi avrebbero ricevuto senz'al­tro gli elogi del governo ateista! I sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis hanno inviato più di una volta scritti a S.E. il ve­scovo Labukas sui problemi vitali della Chiesa, avendo il co­raggio di firmarli, nonostante per questo potessero aspettarsi delle repressioni da parte del governo ateista, come infatti è avvenuto. Il rev. Vaclovas Degutis, ad esempio, venne esone­rato dalla carica di decano e di parroco di Lazdijai e spedito in un angolo remoto del paese, mentre il suo vicario, rev. Gvidonas Dovydaitis, ancora oggi è malvisto dal governo.

Gli autori della lettera anonima dicono di soffrire per la mancanza di unione tra il clero, ma non spiegano chiaramente a quale scopo essi mirino volendo l'unione del clero: a edifi­care o a distruggere la Chiesa? O forse gli autori sono preoc­cupati perché nel non lontano passato il clero della Lituania non ha unitariamente condannato l'opera del pontefice Pio XII, dal momento che furono soltanto pochi i sacerdoti "adattatisi alle condizioni del tempo"?

Chi sono i "preti reazionari" della diocesi di Vilkaviškis? Dal contenuto della lettera sembrerebbe che non siano molti; essi sono quelli che non restaurano le chiese, calunniano i sa­cerdoti zelanti e mirano a diventare famosi sulle pagine della stampa estera e martiri non coronati.

Il gruppo anonimo, se avesse un poco di coscienza e di coraggio civico, dovrebbe citare i fatti: chi, quando e in che modo ha calunniato i sacerdoti zelanti? Noi siamo convinti chei sacerdoti A. Šeškevičius, P. Bubnys, J. Zdebskis si siano tro­vati sulle pagine della stampa estera per il fatto di aver adem­piuto coscienziosamente ai propri doveri e aver insegnato il catechismo ai bambini senza badare ai divieti del governo. Gli autori della lettera dovrebbero inoltre conoscere anche i nomi degli altri sacerdoti repressi.

Gli autori della lettera anonima, volendo trarre in inganno l'opinione pubblica del mondo e distogliere la sua attenzione dalla persecuzione della Chiesa, parlano di restauri attualmente in corso nelle chiese della Lituania.

Ed è vero: i sacerdoti della Lituania, dopo aver percorso la via del Golgota sia in patria che in Siberia ed essere rima­sti fedeli alla Chiesa, rivolgono molta attenzione al restauro delle chiese, perché tutti gli altri campi dell'attività pastorale, l'insegnamento nelle scuole, il lavoro nel settore della stampa, la catechizzazione, ecc. sono ristretti o sono loro completa­mente interdetti. Negli anni 1955-57 il governo mise a dispo­sizione delle piccole quantità di materiali da costruzione per il restauro delle chiese. Più tardi, il restauro della chiesa dipese unicamente dall'abilità del parroco. Il governo ateista, non solo non costruiva, ma poneva ogni ostacolo possibile: ora nonpermettendo il restauro, ora chiudendo le chiese, come ad esempio a Klaipėda, a Kaunas, a Žagarė, a Pašilė, ecc.

I sacerdoti che lavorano nella diocesi di Vilkaviškis non hanno mai avuto notizia che gli zelanti edificatori ed abbelli­toti delle chiese di Šakiai, Pajevonys e altrove siano mai stati considerati o definiti lacchè degli ateisti. Tutto ciò è un frutto della fervida fantasia degli autori dello scritto anonimo.

Come potrebbe mai un sacerdote credente, nelle attuali con­dizioni, incolpare i confratelli che lavorano con dedizione di voler "far girare all'indietro la ruota della storia"? Questa è una calunnia degli ateisti. Gli autori dello scritto anonimo, conoscendo il vecchio principio "divide et impera", dovreb­bero trarne le dovute conseguenze.

Dispiace pure notare che nella lettera si accenna appena al problema del Seminario ecclesiastico. Qualche candidato, come ad esempio l'attuale vicario di Raseinai, J. Čepėnas, attese ben 10 anni —ima di essere accolto nel Seminario. Il chierico Vy­tautas Merkys, del quarto corso di teologia, è stato espulso dal Seminario su intervento degli agenti della milizia. Allora gli autori della lettera anonima non fiatarono. Allora la qua­lifica di "preti reazionari" veniva usata meno di oggi. Quindi: chi era al "servizio dell'orso", quando il Seminario ecclesia­stico veniva represso in tale maniera? Non si dovrebbe inoltre dimenticare che in seguito, da quando i "preti reazionari" hanno cominciato a lottare per i diritti del Seminario, il governo ha permesso l'accettazione di un numero di candidati doppio rispetto al passato.

Nello scritto si accenna anche al "Seminario clandestino". Di esso finora parlavano soltanto gli agenti della Sicurezza durante gli interrogatori. Noi siamo convinti che un affamato abbia il diritto al pane. Se il Seminario ufficiale, stretto in una rigida morsa dal governo ateista, non riesce a soddisfare le necessità dei credenti —quest'anno sono morti 16 sacer­doti, mentre hanno terminato gli studi al Seminario soltanto 8 chierici — allora i sacerdoti devono venir preparati nella clan­destinità. Bisogna al riguardo temere una cosa sola: che la storia non accusi il clero della Lituania di essersi mosso in ritardo. Quando gli ateisti toglieranno tutte le restrizioni nei confronti del Seminario ufficiale, quello clandestino perderà ogni ragione di esistere. Oggi la Chiesa cattolica in Lituania ha un bisogno vitale di sacerdoti e di questo problema devono occuparsi tutti:   vescovi, sacerdoti e credenti.

L'anonimo si indigna per i "preti podpols&kai" (clandesti­ni). Forse che essi si sono posti nella clandestinità di propria spontanea volontà? Sino al 1944 non erano mai esistiti in Lituania dei sacerdoti clandestini. Dove e quando questi sa­cerdoti clandestini avrebbero scavato sotto le fondamenta della Chiesa? Forse si può qualificare come erosione delle fonda­menta della Chiesa l'aiuto di questi sacerdoti alle file sempre più rare del clero ufficiale? Come si deve intendere il decreto del Concilio Vaticano II sull'apostolato dei laici, se l'opera pastorale dei sacerdoti repressi viene considerata come distrut­tiva per la Chiesa? Noi siamo profondamente convinti che i sacerdoti clandestini possono essere di esempio a molti nella fede, nel coraggio e nel sacrificio.

Vorremmo ricordare agli "zelanti difensori dell'unione del clero" il recente passato della Chiesa greco-cattolica di Ucraina. Nel 1946, un gruppo di sacerdoti di L'vov convocò il triste­mente famoso "sinodo", il quale decise di incorporare la Chie­sa greco-cattolica dell'Ucraina in quella ortodossa della Russia. Secondo il diritto della Chiesa soltanto i vescovi possono con­vocare un sinodo. In questo cosiddetto "sinodo" di L'vov non c'erano dei vescovi, che avrebbero dovuto ratificare le sue deliberazioni. Eppure, per le decisioni di questo "sinodo", 5 milioni di cattolici dell'Ucraina non hanno, ufficialmente, nem­meno una chiesa funzionante; mentre tutti i vescovi e centi­naia di sacerdoti sono passati nella clandestinità e una grande parte di essi sono divenuti martiri non coronati.

   Sembra che  l'anonimo potrebbe a cuor leggero definire" podpolščikai " e scavatori sotto le fondamenta della Chiesa, se lo volessero gli ateisti, tutti gli apostoli e i cristiani dei primi secoli.

Nella lettera ci si indigna che i "preti reazionari" calunnino e perfino comandino ai vescovi, mentre gli stessi anonimi esi­gono che il vescovo J. Labukas sia "realista", che parli dalla radio vaticana, e si lagnano che le curie non reagiscano alla "politica sciovinista dei preti reazionari". La differenza tra gli uni e gli altri sta soltanto in questo: che i primi, scrivendo petizioni sui problemi più vitali della Chiesa, vi pongono la propria firma; mentre questi altri, pur mirando ad una nebu­losa unione, restano anonimi.

L'anonimo è molto scontento del fatto che la « Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania » parli attraverso la radio vaticana. Non bisogna dimenticare che i fatti parlano sempre; quando non accadranno più, finirà anche la LKB KRONIKA, dive­nuta inutile.

Con la lettera in questione gli ateisti della Lituania hanno mirato ad infliggere un colpo alla Chiesa per mano degli stessi sacerdoti, a disinformare l'opinione pubblica del mondo e la Sede Apostolica, a compromettere i sacerdoti agli occhi dei cre­denti e a disarmare psicologicamente i giovani sacerdoti nonché i chierici. Conviene, a tale riguardo, ricordare le parole di san Pietro: "Fratelli, siate sobri e vegliate, perché il diavolo, vostro avversario, come leone ruggente vi gira intorno, cercando chi divorare; resistete forti nella fede...".

25 settembre 1974

Alcuni sacerdoti di Vilkaviškis

*   *   *

 

Per un clero fedele a Cristo

A S.E. il vescovo dr. J. Matulaitis-Labukas, e per conoscenza: a tutti i vescovi e amministratori delle diocesi della Lituania.

Venerabile Pastore,

recentemente avete ricevuto una lettera anonima di "un gruppo di sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis". Gli autori o l'autore non hanno avuto il coraggio di firmarsi, benché la lettera non fosse tale da far correre loro alcun pericolo né da parte delle autorità della Chiesa, né da parte di quelle ci­vili. I fatti e i problemi sollevati in questo scritto vengono presentati in una luce non del tutto giusta; perciò la giustizia esige che essi siano considerati anche da un altro lato: audiatur et altera pars.

L'anonimo parla delle azioni di alcuni sacerdoti i quali "non edificano la Chiesa, ma la distruggono"; parlano della loro attività calunniosa. Spiace constatare come esso non abbia suf­fragato con i fatti queste affermazioni: quali sono le azioni che "distruggono la Chiesa" e con quali calunnie vengono deni­grati i confratelli e gli ordinari? A proposito di quest'ultima affermazione è doveroso osservare che le azioni pubbliche ven­gono sempre valutate pubblicamente e non necessariamente ogni valutazione è una calunnia.

Nella lettera si esprime la gioia per le chiese ricostruite o restaurate e in genere ben tenute, e si afferma che tutto ciò è merito soltanto di sacerdoti che sono tacciati di essere "lacchè degli ateisti". Tutto ciò è un po' troppo gonfiato e presunto. Forse non hanno restaurato le chiese anche quei sacerdoti che il governo definisce "reazionari"? Tuttavia, il restauro delle chiese in muratura o in legno non esaurisce l'attività del sacerdote: oltre alla costruzione di queste chiese non vive è di gran lunga più importante l'edificazione delle "chiese vi­venti": la catechizzazione, la predicazione e, in genere, l'apo­stolato tra il popolo. Purtroppo qualcuno dimentica quest'ul­timo problema.

L'anonimo parla di sacerdoti che "si sforzano di far andare all'indietro la ruota della storia, mirando soltanto a diventare futilmente famosi... a soddisfare il loro smisurato amor proprio e il loro desiderio di gloria". Non è chiaro che cosa si prefigga l'autore muovendo tali accuse: quali sono le azioni per mezzo delle quali si cercherebbe di diventare famosi e di soddisfare l'amor proprio e il desiderio di<gloria... Forse la catechizzazione dei bambini? Ma questo è un ordine di Cristo: "Andate dun­que ad ammaestrare tutte le genti" (Mt. 28,19); "Lasciate che i fanciulli vengano a me" (Mt. 19,14). Questo è anche il co­mando della Chiesa: il OC 1329 considera l'istruzione reli­giosa dei bambini come uno dei più importanti doveri del sacerdote. Come può restare tranquilla la coscienza di un sa­cerdote se egli non adempie a questo dovere? E chi può dispen­sarlo da tale obbligo? Forse il governo civile? Ma bisogna "Ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini" (Atti, 5,29). Come si possono definire desiderosi di vanagloria coloro che inten­dono restare fedeli ai comandamenti di Cristo e della Chiesa e ascoltano la propria coscienza sacerdotale? Invece è assai triste e doloroso che ci siano dei sacerdoti che trascurano questo dovere: non svolgono l'apostolato tra i bambini e so­vente li ammettono ai sacramenti senza neppure aver con­trollato le loro nozioni catechistiche. Forse ciò costituisce il "completo adempimento dei doveri della vocazione"?

Forse che gli Apostoli, nelle cui festività usiamo i para­menti rossi, simbolo del martirio e del sangue, erano desiderosi di gloria e miravano a soddisfare il loro smisurato amor proprio? Forse che coloro che dicevano "Giudicate voi stessi se sia giusto obbedire a voi piuttosto che a Dio" (Atti, 4, 19), volevano "far girare all'indietro la ruota della storia?" Essi volevano soltanto restare fedeli a Cristo e tutto il resto per loro non aveva alcuna importanza. È forse onorevole attribuire intenzioni così indegne ai sacerdoti che sono stati puniti con multe pecuniarie oppure sono finiti in carcere a causa dei bam­bini?

L'anonimo scrive che le azioni di alcuni sacerdoti sono contrarie alla volontà di Cristo; che non edificano la sua Chiesa, ma la distruggono. È spiacevole che non indichino quali siano queste azioni: forse la catechizzazione?

L'anonimo osserva che gli organi del governo civile in questi ultimi tempi sono divenuti più severi nei riguardi della Chiesa. Sarebbe interessante sapere quando essi lo sono stati di meno, se si esclude il periodo dell'immediato dopoguerra. Infatti gli scopi degli ateisti non sono mutati.

Secondo l'anonimo, la direzione del Seminario si lamente­rebbe per la mancanza di candidati e perché quest'anno ci sarebbe stata una selezione più severa. Che colpa hanno in questo caso, come sostiene l'anonimo, i "preti reazionari", che sarebbero "al servizio dell'orso"? Come potrebbero non mancare i candidati se da più di un quarto di secolo viene ostacolato il loro accesso al Seminario? Sarebbe interessante conoscere in quali anni il governo civile non avrebbe fatto una "severa selezione dei candidati"!

 

Resistenza e coerenza nella clandestinità

L'anonimo poi si scaglia contro il "Seminario ecclesiastico clandestino". Attualmente circolano soltanto delle voci a pro­posito di esso. Ma se anche esistesse davvero, cosa ci sarebbe di male? Preoccuparsi delle vocazioni è un dovere di tutti. Perché allora gli ordinari, in una circolare, parlano della do­menica del "Buon Pastore"? Perché Cristo avrebbe detto che "la messe è molta, ma gli operai sono pochi"? (Mt. 9,38). Infine: se il governo civile lasciasse entrare in Seminario tutti coloro che lo volessero non ci sarebbe alcuna voce sull'esi­stenza di un "Seminario clandestino".

L'anonimo parla con ironia di "sacerdoti ordinati segreta­mente non si sa da chi". Chi sono quei "chi"? I vescovi? Questo irriguardoso riferimento ai vescovi getta un'ombra sulladignità sacerdotale e denota uno spirito non ecclesiastico: si tratta del discorso di un disertore, e non di un soldato...

Vengono pure lanciate pietre contro i sacerdoti "podpolščikai". Forse essi esisterebbero se il governo civile non impedisse loro di svolgere l'apostolato? Chissà invece che questi sacerdoti non adempiano meglio ai loro doveri, e non mostrino più idealismo e spirito di sacrificio di molti di coloro che lavorano ufficialmente e pubblicamente? Non tradisce forse meschinità di spirito tale giudizio negativo nei riguardi di confratelli i quali, non badando a pericoli, dopo aver esaurito le pro­prie energie e la propria salute nella settimana lavorativa di 48 ore, trovano ancora in sé la forza di destinare il loro limi­tato tempo libero al lavoro pastorale? Chi di noi, che lavo­riamo ufficialmente, mostra tanto idealismo, sacrificio e amore alle anime, quanto questi « sacerdoti operai"?

Inoltre: nella storia della Chiesa tale pratica non è una no­vità. Quando in Inghilterra i sacerdoti non potevano lavorare liberamente, essi si preparavano sul continente europeo e dopo partivano di nascosto per le isole britanniche, dove li attende­vano la prigione e la morte. Analogamente hanno agito i sa­cerdoti nel Messico, in Cina e altrove, ai tempi delle perse­cuzioni religiose.

L'anonimo cita un passo del decreto del Concilio Vaticano II sull'adattamento dell'opera del sacerdote alle mutate condizioni dei tempi. Non è chiaro come l'autore intenda questa diret­tiva. Forse che per nuove forme di opera pastorale bisogne­rebbe intendere la rinuncia alla catechizzazione dei bambini, ai fanciulli che servono all'altare, alla partecipazione degli studenti alle processioni...?

L'anonimo afferma che il sacerdote è "utile alla Chiesa" sol­tanto quando egli svolge la propria attività dentro la chiesa stessa. Sarebbe interessante sapere se l'opera del sacerdote, quando svolge il "servizio della parola" e amministra i sa­cramenti, è inutile alla Chiesa. La storia può riferire nume­rosi casi di attività sacerdotali svolte fuori dalla chiesa, nei fienili, nelle foreste, nelle baracche dei lager, da scrivere a caratteri d'oro. Sarebbe anche interessante sapere su che cosa si basa l'anonimo quando sostiene che tali sacerdoti, dopo aver profuso tutte le loro energie, salute e tempo a vantaggio della Chiesa, "scavano sotto le fondamenta della Chiesa". Non è questa forse una calunnia?

L'anonimo accenna poi alla LKB KRONIKA, che non rappre­senterebbe né la Chiesa cattolica della Lituania, né la diocesi di Vilkaviškis. Bisognerebbe porre la questione in altri ter­mini: cioè se i fatti elencati nella kronika siano autentici o meno... Nessuno mai ha sollevato il problema di chi rappre­senti la storia che ha registrato la soppressione della stampa lituana, il massacro nella chiesa di Kražiai e fatti simili.* L'importante è che ciò corrisponda alla verità.

Se non si verificassero degli attacchi brutali contro i credenti, particolarmente contro i bambini, non sarebbe nata la kronika. Può tacere una madre quando viene maltrattato il suo bam­bino? Può un sacerdote restare indifferente quando gli ateisti, proclamando la libertà di religione, praticamente non rispet­tano le proprie tesi e, con atti di brutale violenza di cui sol­tanto una minima parte è registrata dalla kronika, scherniscono i credenti che dovrebbero, come gli altri, godere di "uguali diritti"?

L'anonimo si appella all'unità. Ma quale unità? All'unità con i canoni della Chiesa o con le istruzioni degli ateisti? Un simile problema si è già presentato in passato alle generazioni precedenti del clero: all'unione con il vescovo M. Valančius, che si dedicava interamente alla cura delle anime ed al popolo e subì le angherie del regime dello zar, oppure all'unione con il vescovo V. Žilinskis, favorito della zarina, al quale non in­teressava affatto la Chiesa, ma soltanto la caccia e i banchetti; oppure con l'amministratore della diocesi di Seinai, mons. Antanavičius, che leggeva dal pulpito i decreti dello zar? Per maggior chiarezza si potrebbe ricordare il vescovo francese Pierre Cauchon, fiduciario degli inglesi e carrierista, il quale, convocati degli ecclesiastici pari suoi e sprezzando i canoni della Chiesa, dopo che gli altri membri del capitolo erano finiti nelle carceri inglesi, condannò Giovanna d'Arco. Tutto ciò ve­niva fatto... per il bene della Chiesa! Ma la storia ha giudicato ben diversamente: Giovanna ebbe la corona dei santi, e Cau­chon, per aver agito non in nome della Chiesa e non con la Chiesa, è stato gettato nell'immondezzaio della storia.

Una volta Cristo rimproverò il principe degli apostoli, Pietro, chiamandolo perfino "satana", perché egli ragionava non secon­do la mente di Dio ma secondo quella degli uomini (Mt. 16,23). Perché un rimprovero così severo? Perché Pietro non voleva che Cristo andasse a patire. La roccia può diventare pietra dello scandalo, se non vuole capire che bisogna "prendere la croce" (Mt. 16,24). Dio può essere tradito nella Chiesa stes­sa, quando si vuol prendere la "strada larga" (Mt. 7,13) della comodità e della tranquillità. Pietro può diventare un "satana"

* Si allude ad alcuni aspetti della repressione zarista in Lituania nel secolo scorso. (NdT)

se, scansando il Golgota, difende non le anime, ma la propria comoda vita. Più tardi, Pietro riscattò il proprio errore, ri­cordandosi delle parole del Maestro: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà" (Mt. 16,25). Egli morì per non aver voluto obbedire a Nerone; ma morendo ha salvato ciò che vi è di più prezioso per l'uomo: la sua coscienza.

Eccellenza, di fronte alla nostra coscienza prendiamo in esa­me insieme questi problemi consci delle nostre responsabilità di fronte alla Chiesa, a Dio e alla storia. Ci guidi tutti lo Spirito della Verità e dell'Amore; Spirito di coraggio e di fortezza! Ci protegga tutti la grazia del Signore!

Per ragioni comprensibili a tutti, gli autori di questa let­tera, sacerdoti dell'Arcidiocesi di Vilnius, trovandosi in posi­zione svantaggiosa rispetto all'anonimo dell'I settembre 1974, non si firmano.

Sia lodato Gesù Cristo!

22 settembre 1974