Kaunas

Il 14 agosto 1975 nei pressi di Babtai alcuni agenti del comitato per la Sicurezza fermarono un'auto Ziguli guidata da Marytė Vitkūnaitė, sulla quale si trovavano quattro passeggeri, dichiarando di dover controllare la macchina. Un agente in divisa da poliziotto portò l'auto nel cortile del comitato per la Sicurezza a Kaunas. Mentre i passeggeri erano sottoposti ad interrogatorio venne eseguita un'accu­rata perquisizione dell'auto, diretta dal capitano Marcin­kevičius, inquirente del comitato per la Sicurezza di Vilnius. Alla perquisizione vennero fatti assistere in qualità di testi­moni Charževskis Raimondas, di Jurgis, residente a Kaunas in Suomiu g. 32-2 e Bertašius Algirdas, di Juozas, residente a Kaunas in Lampėdžiu g. 10-405.

La vettura fu smontata dagli specialisti Carion Ivan, resi­dente a Kaunas in Lenino g. 57-30 e Adomavičius Kęstutis, residente a Kaunas in Gedemino g. 39-1. I perquisitori per due ore cercarono « letteratura antisovietica » nelle gomme, nel radiatore, nel serbatoio della benzina e in ogni fessura dell'automezzo, rinvenendo soltanto una copia del libro di Solženicyn stampato a Vilnius Viena Ivano Denisovičiaus diena (Una giornata di Ivan Denisovič).

Poi la proprietaria della macchina, Marytė Vitkūnaitė, fu condotta nella sede della Sicurezza per una perquisizione personale, effettuata dalla inquirente Paliušienė alla presenza delle testimoni: Audronė Petružytė, residente a Kaunas in ltsr 25-čio g. 130-4 e Kazimiera Juškytė, residente in Alyvu g. 1-9.

M. Vitkūnaitė venne fatta svestire e accuratamente per­quisita, senza che le fosse trovata indosso alcuna traccia di « letteratura antisovietica ».

Infine il maggiore Markevičius e il capitano Marcinke­vičius perquisirono l'abitazione e lo scantinato di M. Vitkū­naitė in ltsr 25-čio g. 86-53. Gli agenti della Sicurezza sgobbarono per un'ora e mezza, ma il bottino fu assai mo­desto: una copia del libretto di preghiere Marija, gelbėch mus (Maria, salvaci!) e la Malda ui tėvyne(Preghiera per la patria), scritta su un pezzetto di carta.

Nel periodo immediatamente precedente la perquisizione, pattuglie della Sicurezza avevano seguito per lungo tempo M. Vitkùnaité durante i suoi spostamenti. Gli agenti si era­no insospettiti soprattutto per il fatto che l'auto della Vit­kùnaité era stata notata parecchie volte a Nemunėlio Radvi­liškis, dove si trova in esilio S.E. il vescovo V. Sladkevičius.

A tarda sera, prima di rilasciare M. Vitkùnaité, gli agenti della Sicurezza le comunicarono che si sarebbero dovuti ri­vedere al comitato per la Sicurezza a Vilnius.

Vilnius

Nel mese di ottobre del 1974 cinque sacerdoti della diocesi di Vilkaviškis, e precisamente Longinas Kunevičius, Petras Dumbliauskas, Pranas Adomaitis, Juozas Zdebskis e Sigitas Tamkevičius, si sono rivolti al Comitato per la di­fesa dei diritti dell'uomo a Mosca, chiedendo il suo interven­to in favore di sei credenti arrestati: P. Plumpa, P. Pe­tronis, J. Stašaitis, V. Jaugelis, J. Gražys e N. Sadūnaitė.

L'accademico Sacharov, nel rendere noto il contenuto dell'appello, non ha indicato i nomi dei sacerdoti firmatari.

Durante perquisizioni effettuate a Mosca gli agenti della Sicurezza sono riusciti a reperire l'originale dell'appello con le firme. Nei giorni 7-14 agosto 1975 i sacerdoti che ave­vano firmato il suddetto appello vennero convocati presso il comitato per la Sicurezza a Vilnius. Alcuni di essi vennero interrogati da Maslauskas, altri da Marcinkevičius o da Lazarevičius. Gli inquirenti chiesero loro informazioni sulla LKB KRONIKA e sul Comitato per la difesa dei diritti dell'uo­mo a Mosca, volendo sapere se si erano rivolti a quest'ulti­mo. Gli agenti della Sicurezza mostrarono poi agli inquisiti l'originale dell'appello, chiedendo loro se lo avevano firma­to di proprio pugno. Tutti confermarono di aver firmato l'appello perchè si sentivano in dovere di difendere delle persone arrestate ingiustamente e perchè non consideravano un reato l'invio di tale appello al Comitato per i diritti dell'uomo. Ai sacerdoti sottoposti ad interrogatorio venne chiesto anche chi aveva ideato l'appello, chi aveva provve­duto a farlo firmare, eccetera. Alcuni risposero di non co­noscere chi glielo aveva portato da firmare, altri si rifiuta­rono di scendere in particolari che ritenevano senza importanza ai fini dell'interrogatorio. Alcuni dei sacerdoti inter­rogati non firmarono nemmeno il verbale dell'interrogato­rio, motivando il loro rifiuto con il fatto che non credeva­no di aver commesso alcun reato e che non sentivano affatto il dovere, come cittadini, di testimoniare qualcosa ufficial­mente su quella faccenda.

Gli inquirenti si mostrarono per tutto il tempo molto cortesi, dando ad intendere che quell'appello era una cosainsignificante e spiegando che a loro interessava soltanto chiarire in che modo era finito là dove non era destinato.

 

PROCESSI E OSPEDALI PSICHIATRICI

Vilnius

Nel 1973 lo studente Rimas Čekelis figlio di Juozas, studente della scuola di musica « Talat-Kelpsa », venne con­dannato per la « diffusione di volantini antisovietici » a tre anni di privazione della libertà da scontarsi in lager a re­gime duro.

R. Cekelis è nato il 7 gennaio 1955 a Skiemonys. Dopo aver terminato le 9 classi della scuola media, si iscrisse alla scuola di musica « Talat-Kelpsa ». A Vilnius, dov'era resi­dente, egli aveva organizzato un gruppo di amici che pre­paravano e diffondevano manifesti di contenuto nazionali­stico. Alla vigilia del 16 febbraio* del 1973 essi avevano distribuito i loro volantini a Vilnius, ma più tardi erano stati traditi da uno del gruppo. Tutti e cinque i membri del gruppo vennero espulsi dalla scuola, e R. Cekelis, rico­nosciuto come « capo » del « gruppo antisovietico », fu condannato a seguito di un processo svoltosi a porte chiuse presso il Tribunale supremo dellarss di Lituania. Attual­mente R. Cekelis è detenuto nel 19° lager della Mordovia.

Kaunas

Nella primavera del 1974 venne arrestato a Kaunas l'ex detenuto politico Povilas Peciulaitis il quale, dopo aver

Ricorrenza della festa nazionale dell'indipendenza lituana. (NdT)

 

trascorso 19 anni nell'arcipelago Gulag, era stato rilasciato nel 1972 senza il diritto di tornare in patria. Non tenendo conto del divieto, P. Pečiulaitis si stabilì a Kaunas dove si trovò un lavoro e si formò una famiglia. Il governo locale, basandosi non sulle leggi, ma su istruzioni segrete, tentò dapprima di espellere Pečiulaitis dalla Lituania. Ma questi si rifiutò di abbandonare la famiglia e di lasciare il proprio paese. Gli vennero allora inflitte delle sanzioni pecuniarie ed infine fu arrestato sotto l'accusa di non essere in posses­so del permesso di residenza. Il tribunale del popolo della circoscrizione « Lenin » di Kaunas condannò Pečiulaitis a un anno di privazione della libertà. Il tribunale non tenne in alcun conto il fatto che il divieto di vivere nel proprio paese non è sancito da alcuna legge. L'episodio della liqui­dazione di Pečiulaitis ricorda il clima del periodo staliniano e dà un'idea dei mezzi di cui si serve il governo per terro­rizzare gli ex-detenuti politici.

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Nel mese di giugno del 1975 è stato condannato Leonas Laurinskas, un altro ex-detenuto politico. Egli era capitato il 23 dicembre 1974 a casa di Algirdas Petruševičius, presso il quale la Sicurezza stava effettuando una perquisizione. Perquisito a sua volta, gli venne trovata in tasca un'« arma fredda »: un pezzo di cavo tolto dalle mani di un teppista.

Il teste Algirdas Petruševičius nel corso del processo spiegò che Leonas, una volta entrato in casa sua, era stato condotto dagli agenti del kgb in un'altra stanza e qui per­quisito; perciò egli non poteva sapere cosa gli era stato trovato addosso.

Il testimone Antanaitis, che era stato portato dagli agenti del kgb a casa di Algirdas Petruševičius per assistere alla perquisizione in qualità di teste, confermò che nel corso dell'operazione era stata rinvenuta indosso a Leonas un'« ar­ma fredda », motivo per il quale egli era stato sottoposto a processo.

Il verdetto del tribunale fu il seguente:

« L'imputato L. Laurinskas venne arrestato il 23 dicem­bre del 1948 e condannato in base all'art. 58 a 25 anni di privazione della libertà. Nel 1955 il suo caso venne riesa­minato e la pena ridotta a 15 anni di privazione della libertà.

Il 23 novembre 1963 Laurinskas, tornato dal lager, riprese i contatti con i soci della « banda ». Il 23 dicembre 1974 venne trovato in possesso di un'arma impropria. Non esi­stono circostanze attenuanti. Il tribunale condanna pertanto l'imputato ad un anno di privazione della libertà da scon­tarsi in lager a regime duro ».

 

Vilnius

Il 25 giugno 1975 Mindaugas Tamonis inviò al ce del pc lituano una lettera nella quale rilevava il pericolo del neostalinismo e chiedeva che fossero create le condizioni per il libero sviluppo della cultura cristiana.

Il 27 giugno sul luogo di lavoro di Tamonis si presentò un poliziotto che gli ordinò di presentarsi all'ospedale psi­chiatrico di Vilnius. Tamonis non obbedì. La sera dello stes­so giorno si recò da Tamonis un capitano della polizia con un'autoambulanza ed alcuni infermieri che lo prelevarono e lo condussero all'ospedale psichiatrico inVasaros g. 5.

Il 29 giugno la madre di Tamonis morì d'infarto. Al­l'ultimo momento gli venne dato il permesso di recarsi al funerale, dopo che un'ambasciata occidentale aveva chiesto telefonicamente sue notizie. Dopo il funerale Tamonis do­vette nuovamente rientrare in ospedale. Dapprima egli venne tenuto nel reparto « osservazione » per essere trasferito più tardi alla I sezione. Finora nei suoi confronti non è stata decisa alcuna « terapia », ma egli è stato avvertito che questa avrà inizio quanto prima. Il medico che si oc­cupa di lui è Radavičius.

*   *   *

A metà del mese di luglio Bronius Naudžiūnas, residente a Vilnius, ricevette l'autorizzazione ad espatriare per recarsi da suo fratello in Canada. Egli aveva pagato questo per­messo a caro prezzo: per due volte era stato internato in un ospedale psichiatrico (dal 4 giugno 1972 al 29 luglio 1972 nell'ospedale psichiatrico n. 15 a Mosca e dal 19 set­tembre 1974 al 19 dicembre 1974 nella I sezione dell'ospe­dale psichiatrico di Vilnius in Vasaros g. 5) e una volta nel lager di Pravieniškiai (dal 3 dicembre 1972 al 3 dicembre 1973) per « calunnie contro il governo sovietico ».

Presentiamo di seguito il testo del suo appello al Segre­tario generale delle Nazioni Unite:

Signor Segretario generale, una situazione senza via di uscita mi ha costretto a rivolgermi a Voi. Il mio cognome è Naudžiūnas e risiedo a Vilnius. Da alcuni anni sto effettuando ogni passo possibile per ottenere dal governo sovietico il permesso di partire per il Canada, do­ve risiede mio fratello, dal quale mi ha separato la guerra. Egli mi ha già mandato la lettera d'invito per ben due volte, ma in tutti gli uffici del governo sovietico ai quali mi sono do­vuto rivolgere per ottenere le relative autorizzazioni, mi sono sempre e solo sentito rispondere: « Non è possibile», quando non sono stato direttamente chiamato « bandito ».

L'Unione Sovietica ha firmato la Dichiarazione universale dei fondamentali diritti dell'uomo, la quale prevede anche il diritto di ogni individuo di stabilirsi ovunque ritenga oppor tuno. Nel mio caso tale clausola della suddetta Dichiarazione non viene applicata. In un ufficio sovietico mi venne perfino detto che io dovevo ben sapere i motivi per cui non mi veniva permesso di partire.

E infatti conosco bene la mia tragedia!

Avevo solo 10 anni quando un giorno la nostra casa venne circondata dai militari i quali, con le armi automatiche spianate, mi arrestarono assieme ad un fratello dodicenne e ci depor­tarono in Siberia. Vivendo nel lager e negli ospedali psichia­trici ho passato le esperienze più spaventose. Mio padre morì in carcere per le torture subite nel 1946. Il giorno in cui arresta­rono noi ragazzi nostra madre non era in casa. Ella fu arre­stata più tardi e mandata in un altro lager. Nel 1952 ella morì nella regione di Krasnojarsk.

Nel 1974 scrissi all'ambasciata del Canada chiedendo di in­tervenire presso il governo sovietico. Ricevetti una risposta assurda, certamente redatta in base alle informazioni fornite dagli organi sovietici all'ambasciata del Canada. Nella lettera, senza firma e senza timbro, mi si diceva che non potevo venir separato dai genitori.

Da quali genitori? Da loro ero stato separato dalle autorità sovietiche quand'ero ancora bambino, ed essi erano periti nei lager già da molto tempo.

Si pensi all'ironia del mio destino! Nel 1974, con un tratto di penna, i miei genitori erano risorti dalle loro anonime tombe per impedirmi di ricongiungermi con mio fratello!

Io abito in una misera baracca che mi sono costruito con dei tavolacci al ritorno dalla Siberia.

Nel 1948, quando ormai già da tempo il fascismo era stato schiacciato, non era tremata la mano ai militari « liberatori » che avevano gettato noi ragazzi nel carro bestiame che ci portò in Siberia! C'è la garanzia che tutto ciò non si ripeta? Per questo motivo io vivo in uno stato di continuo terrore e di miseria, e nessun vincolo mi lega all'Unione Sovietica. Il mio sogno è quello di trasferirmi in Canada presso mio fratello, il quale si è impegnato ad aver cura di me.

Oso sperare che Voi e la Commissione per i diritti dell'uo­mo presso I'onu mi aiuterete a realizzare questo mio sogno. Ogni uomo ha i propri desideri, che fanno parte dell'anelito dell'umanità alla libertà e alla pace. Se il mio sogno si realiz­zerà, vi sarà sulla terra un uomo felice in più.

Con rispetto        Bronius Naudžiūnas, di Zigmas

Indirizzo: Vilkpėdės g. 8a-l, Vilnius 15, rss di Lituania. L'indirizzo di mio fratello è il seguente: Al.Nugent, 1183 Rideau Str., Sudbury, Ont., Canada.

26 dicembre 1974