A Sua Eminenza il cardinale Alfred Bengsch, Arcivescovo di Berlino
Eminenza,
la visita da Voi effettuata nella nostra Patria nei giorni 22-26 agosto 1975, pur inattesa, è stata per tutti i credenti una sorpresa assai gradita. Non solo abbiamo potuto vedere il Vostro volto sorridente e sentire le Vostre calde parole di fede, ma abbiamo anche sentito rinascere in noi la speranza che un maggior numero di informazioni obbiettive sulla situazione della Chiesa cattolica in Lituania raggiunga la Sede Apostolica e il mondo intero.
Per quanto ce lo hanno permesso i disturbi radiofonici, l'anno scorso abbiamo seguito con attenzione gli interventi dei cardinali Wyszinski, Slipij e Vostro al Sinodo dei vescovi a Roma. Ci siamo così resi conto che Voi avete un grande cuore ed un coraggio veramente cristiano nella difesa di chi è perseguitato a motivo di Dio e della Chiesa. Ci siamo convinti che Voi volete e siete capace di comprendere la nostra sventura e le nostre preoccupazioni.
Fino all'ultimo momento la data precisa del Vostro arrivo in Lituania è stata tenuta nascosta, sia al clero che ai credenti. Di ciò non vennero informati nemmeno i vescovi lituani in esilio: J. Steponavičius e V. Sladkevičius. Della Vostra visita alla basilica di Kaunas venne data notizia soltanto la sera precedente, mentre i sacerdoti della provincianon ne hanno saputo nulla. Il programma della Vostra visita è stato affidato dal governo ad alcuni sacerdoti « leali », e costoro, a quanto pare, non l'hanno deluso. Non Vi è stato permesso di avvicinare nessuno di coloro che avrebbero potuto spiegarvi molte cose sulla reale situazione della Chiesa in Lituania. Non vi hanno mostrato le chiese profanate; ma Vi hanno portato a Pirčiupis* (per dovere di obbiettività, bisognerebbe ricordare che in Lituania non vi sono soltanto i cimiteri delle vittime dei nazisti, ma anche quelli delle vittime dei sovietici: a Pravieniškės, nel bosco di Rainiai e altrove).
A Panevėžys non fu permesso di cantare, per non creare troppa impressione e non attirare l'ira del governo. A Kaunas non è stato consentito di appendere sulla porta della basilica il ritratto del Santo Padre e di venirVi incontro un po' prima della porta della chiesa. Tuttavia, nonostante gli sforzi del governo e dei suoi uomini di fiducia, migliaia di credenti sono convenuti per onorarVi e per testimoniare la loro fedeltà alla Chiesa e alla Sede Apostolica.
Noi Vi chiediamo scusa a nome del clero e dei credenti della Lituania per la mancanza di tatto nei Vostri confronti nel corso della visita (il caso di Pirčiupis) e perchè non abbiamo potuto accogliervi come avremmo voluto. Dato che non abbiamo potuto esporVi personalmente le sofferenze della Chiesa cattolica in Lituania, intendiamo farlo ora, attraverso le pagine della « Lietuvos Kataliku Bažnyčios Kronika ».
Breve cronistoria della persecuzione staliniana
Non appena l'armata rossa ebbe varcato i confini della Lituania nel 1940 ebbe immediatamente inizio la persecuzione della Chiesa cattolica. Il 2 luglio vennero rotte le relazioni diplomatiche con la Sede Apostolica e denunciato il concordato. Vennero soppresse tutte le organizzazioni cattoliche, nazionalizzate le scuole cattoliche, vietata la stampa cattolica e la pubblicazione di libri. Le comunità religiose furono disperse; dei quattro seminari ecclesiastici esistenti nel paese ne venne lasciato aperto unosolo (quello di Kaunas), i locali del quale però vennero requisiti nel corso dell'anno scolastico 1940-1941. Gli esponenti del governo sovietico dichiararono al vescovo V. Brizgys che non si devono ingannare i giovani e che entro 5 anni i vescovi stessi avrebbero supplicato il governo sovietico di concedere loro un lavoro.
* Vedi la nota a p. 309. (NdT)
Il 14 giugno 1941 venne dato inizio alla deportazione in massa dei lituani in Siberia. In poco tempo circa 35.000 persone furono deportate in carri bestiame; gli uomini erano stati separati dalle loro famiglie. La maggior parte di questi deportati ha trovato la morte nell'arcipelago Gulag.
Successivamente l'Armata Rossa in ritirata massacrò molti credenti, non trascurando nemmeno il clero. Ad esempio a Lankeliškiai vennero trucidati i sacerdoti Dabrila, Petriką e Balsys; a Pusnė il rev. V. Balčius; a Merkinė, A. Juknevičius.
Il 7 luglio 1946 venne arrestato l'arcivescovo di Vilnius Mečislovas Reinys, il quale morì l'8 novembre 1953 nelle carceri di Vladimir. Nell'autunno dello stesso anno fu tratto in arresto il vescovo di Telšiai, Borisevičius, che venne fucilato l'anno successivo. Il 18 dicembre 1948 furono arrestati il vescovo di Kaišedorys, Teofilius Matulionis e il suo vicario generale Juozapas Labukas e, poco più tardi, il vescovo coadiutore di Telšiai, Pranciškus Ramanauskas. Rimase libero soltanto il vescovo di Panevėžys, Kazimieras Paltarokas.
Molti lituani vennero nuovamente deportati a più riprese in Siberia e altri condannati a pene detentive lunghissime, fino a 25 anni. La maggior parte di essi, più tardi, fu riabilitata.
Il 13 settembre 1946, dietro ordine dell'incaricato dei culti religiosi, Gailevičius, il numero dei chierici del Seminario ecclesiastico di Kaunas, l'unico ancora funzionante, venne ridotto da 300 a 150. Più tardi questa cifra venne progressivamente ridotta fino a 25 alunni. Attualmente il governo sovietico, dietro le pressioni dell'opinione pubblica mondiale, ha aumentato fino a 50 il numero dei seminaristi.
A seguito della scomparsa dell'amministratore dell'arcidiocesi di Kaunas, monsignor St. Jakubauskas, venne eletto al suo posto il canonico J. Stankevičius. Dopo l'arresto avvenuto nel 1949 dell'amministratore della diocesi di Vilkaviškis, canonico Vizgirda e dell'amministratore della diocesi di Kaišedorys, monsignor Br. Sužiedėlis, egli divenne amministratore anche di queste due diocesi per volontà del governo.
Nel 1950 l'incaricato dei culti religiosi, Pušinis, si lasciò sfuggire che per i sacerdoti sarebbe stato creato un apposito lager: un'azienda di pesca nella quale avrebbero lavorato circa 200 preti tra quelli più zelanti. Pušinisdichiarò che nel volgere di due anni della Chiesa in Lituania sarebbero restate soltanto « ragučiai ir nagučiai » (le corna e le unghie). E infatti molte chiese vennero chiuse, ed alcune centinaia di sacerdoti partirono per l'arcipelago Gulag.
Negli anni 1949-50 l'ufficio per i culti religiosi di Mosca, diretto da Poljanskij, cercò di costringere il clero della Lituania a firmare un documento di condanna del Pontefice Pio XII. Tuttavia questo tentativo fallì, perchè su 1.000 sacerdoti soltanto 19 accettarono di firmare.
Già nel 1946, in base ad una disposizione governativa, si iniziò la costituzione dei comitati parrocchiali, che sarebbero dovuti poi divenire gli unici padroni delle parrocchie, mentre i sacerdoti erano considerati soltanto degli inservienti del culto. Infatti ancora oggi sul loro passaporto sovietico spicca la dizione « servo del culto ».Tuttavia, a seguito della ferma opposizione del clero, il governo sovietico non è riuscito finora ad organizzare come vorrebbe il funzionamento dei comitati parrocchiali; però non ha ancora rinunciato all'idea. Il governo vuoleche tutti i sacerdoti della Lituania arrivino a dipendere totalmente dai comitati parrocchiali, i quali, a loro volta, dovrebbero eseguire ciecamente gli ordini dei funzionari sovietici. Ad esempio in Bielorussia i membri del comitato della chiesa sono obbligati a non consentire l'accesso in chiesa ai ragazzi, a comunicare al governo i nominativi delle persone che ricorrono ai servizi religiosi, eccetera.
Dopo il « disgelo »; le sue conseguenze
Dopo la morte di Stalin rientrarono in patria dai lagermolti credenti, diversi sacerdoti e anche due vescovi: T. Matulionis e Pr. Ramanauskas. Il clima di terrore si attenuò e la vita pastorale divenne più attiva. Il governo permise perfino la consacrazione di due nuovi vescovi:Julijonas Steponavičius e Petras Maželis. A prima vista poteva sembrare che si stesse cercando di riparare, almeno parzialmente, ai danni arrecati alla Chiesa. In realtà gli scopi del governo sovietico non erano mutati, era cambiata soltanto la tattica. Onde non evocare un'atmosfera di martirio ricorrendo a brutali persecuzioni, si prese a combattere la fede in Lituania con mezzi più subdoli, utilizzando per quest'opera perfino gli stessi sacerdoti.
Al fine di piegare i sacerdoti di spirito più debole, i sacerdoti più zelanti vennero nuovamente arrestati e inviati nei lager della Mordovia. Nel 1957 il vescovo Vincentas Sladkevičius, che era stato consacrato senza l'autorizzazione del governo, venne esiliato a Nemunėlio Radviliškis.
Nel 1961 fu il vescovo Julijonas Steponavičius a dover prendere la via dell'esilio, venendo relegato a Žagarėsoltanto per aver adempiuto coscienziosamente ai propri doveri pastorali. Nel 1957 il vescovo T. Matulionis stava accingendosi a riprendere nelle proprie mani l'amministrazione della diocesi di Kaišėdorys, fino ad allora retta dal canonico J. Stankevičius. Ma il governo non glielo permise, ed egli fu esiliato a Šeduva, nella diocesi di Panevėžys. Sacerdoti poco attivi e « leali » al governo sovietico vennero destinati gradualmente a ricoprire le cariche di amministratore diocesano e di vicario foraneo, e — con qualche eccezione — di parroco nelle grandi parrocchie.
Nelle elezioni degli amministratori diocesani si ricorreva talvolta anche all'inganno. Ad esempio quando si doveva eleggere l'amministratore della diocesi di Kaišėdorys, venne comunicato al capitolo che i vescovi T. Matulionis e V. Sladkevičius avevano manifestato il desiderio che venisse eletto il canonico P. Bakšys. In realtà i vescovi si erano espressi in senso esattamente contrario, ammonendo di non eleggere il canonico P. Bakšys alla carica di amministratore diocesano.
L'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, Rugienis, già capo della Sicurezza di Kėdainiai, terrorizzava brutalmente gli amministratori delle diocesi e i sacerdoti. Il canonico J. Stankevičius ricevette più volte lunghe visite di vari funzionari della Sicurezza dello Stato e del Consiglio per gli affari religiosi che cercavano di costringerlo a fare delle concessioni illecite. In seguito a ciò la curia di Kaunas inviò una dopo l'altra diverse circolari al clero, per informare che il Consiglio per gli affari religiosi vietava di visitare i fedeli, di preparare i bambini alla Prima Comunione, di far servire loro la Messa, di benedire le croci erette dai credenti, eccetera.
Nel lavoro pastorale è venuto così a crearsi un clima di accondiscendenza verso il governo. Gli amministratori delle diocesi hanno cominciato a considerare sacerdoti esemplari coloro che mostrano di saper « convivere con il governo », cioè i preti che eseguono supinamente le direttive dei funzionari governativi, guardando con indifferenza ai doveri sacerdotali e cercando di ingraziarsi sia il governo ecclesiastico che quello civile.
Attualmente in Lituania la Chiesa cattolica viene combattuta con il sistema già sperimentato in Russia; si cerca cioè di piegarla agli interessi del governo sovietico. I metodi principali di questa lotta sono i seguenti.
Ai posti dell'alta gerarchia ecclesiastica vengono collocati elementi acquiescenti a tutte le imposizioni del governo ateista. Ad esempio il rettore del Seminario ecclesiastico rev. dr. V. Butkus trascura i suoi doveri principali e va in continuazione, per scopi politico-propagandistici, alle conferenze dei sostenitori della pace organizzate dai comunisti. Da parte sua l'amministratore dell'arcidiocesi di Vilnius, mons. C. Krivaitis, durante una sua recente visita negli Stati Uniti ha dichiarato il falso sull'odierna situazione della Chiesa in Lituania, eseguendo in tal modo il compito affidatogli dal Consiglio per gli affari religiosi.
La destinazione dei sacerdoti alle parrocchie avviene in modo che i credenti vengano assistiti nel modo peggiore possibile. Ad esempio dopo la morte del parroco della grande parrocchia di Alytus, diocesi di Vilkaviškis, il vescovo per ben tre mesi non riuscì a trovare un candidato gradito al governo. Alla fine vi venne destinato il rev.L. Kavoliūnas, di salute assai cagionevole.
Le destinazioni dei sacerdoti alle parrocchie vengono fatte dal comitato per la Sicurezza dello Stato tramite l'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi.
La presunta « normalità » della situazione
La Sede Apostolica e il mondo sono disinformati sulla reale situazione della Chiesa in Lituania anche grazie agli alti ecclesiastici, i quali nello stesso tempo si squalificano agli occhi dei sacerdoti e dei credenti. Così è successo con mons. C. Krivaitis, mons. Barauskas ed altri.
La Sede Apostolica può essere tratta in inganno persino dalle lettere pastorali dei vescovi. Nel 1973 il vescovo J. Labukas emanò una lettera siffatta. Vi si diceva che i sacerdoti giovani e zelanti sarebbero stati destinati in parrocchie grandi e che quelli anziani o malfermi in salute sarebbero stati assegnati a parrocchie piccole. In Lituania è noto a tutti che il vescovo non può destinare liberamente i sacerdoti alle loro sedi. Infatti subito dopo la pubblicazione di questo documento il giovane e attivo parroco di Garliava., rev. P. Dumbliauskas, venne inviato dietro ordine del governo alla piccola parrocchia di Šunskai, e fu nominato al suo posto un sacerdote anziano e che non si distingueva particolarmente per il suo impegno pastorale.
Per ragioni puramente propagandistiche viene permesso a taluni sacerdoti di recarsi all'estero. Infatti anche per l'Anno Santo il viaggio di alcuni sacerdoti a Roma non è stato organizzato dai capi della Chiesa ma dal Consiglio per gli affari religiosi, che ha scelto i candidati con la collaborazione dei funzionari della Sicurezza dello Stato, li ha convocati ed ha ordinato loro di compilare gli appositi moduli. Ciò è stato confermato chiaramente anche dallo stesso incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, K. Tumėnas. Poiché il parroco di Krekenava, mons. Dulk-snys, aveva declinato l'invito a recarsi a Roma, Tumėnas disse al vescovo di Panevėžys, R. Krikščiūnas: « Se non andrà, verrà dimesso dalla carica di parroco ».
Gli ecclesiastici in partenza dalla Lituania per Roma ricevono ogni volta dettagliate istruzioni dal governo e al loro ritorno devono presentare una relazione scritta. Ecco quanto scrive al riguardo nel suo diario dal titoloI crocevia della mia vita il defunto canonico J. Stankevičius: « ... noi ci recavamo in Vaticano. La direttiva principale era questa: bisogna condurre ogni cosa in modo che torni di utilità all'Unione Sovietica e di danno per la Chiesa cattolica... Noi dovevamo dimostrare in ogni occasione, direttamente o indirettamente, quali vantaggi avevamo arrecato all'Unione Sovietica e quale danno avevamo procurato alla Chiesa cattolica... L'utilità apportata all'Unione Sovietica si misurava e si giudicava dalla misura del danno da noi arrecato alla Chiesa cattolica ».
I sacerdoti che sono andati a Roma quest'anno affermano di non aver dovuto presentare alcun resoconto al governo al loro ritorno. Tuttavia alcuni di loro hanno cercato di convincere i lituani residenti all'estero che la LKBkronika non riporta tutta la verità, e che a causa di questa pubblicazione anche i sacerdoti onesti devono subire spiacevoli conseguenze, e così via.
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Per dimostrare al mondo la « libertà di stampa » che esiste in Lituania il governo sovietico ha fatto pubblicare per i cattolici del paese I decreti del Concilio Vaticano, il Rituale, il Nuovo Testamento e I salmi, ma tutti con una tiratura insignificante. Inoltre gran parte di queste pubblicazioni è stata inviata all'estero per ragioni propagandistiche. Per le esigenze dei cattolici non vengono pubblicati nemmeno i catechismi, anzi per avere stampato clandestinamente catechismi e libri di preghiere i credenti vengono chiusi in carcere, come è accaduto ad esempio aPovilas Petronis, a Jonas Stašaitis e ad altri.
La gerarchia della Chiesa viene costretta a pronunciarsi contro i sacerdoti e i laici che lottano attivamente per i diritti della Chiesa. Nel 1972 dietro ordine del governo gli amministratori delle diocesi della Lituania emanarono una lettera pastorale di condanna del Memorandum firmato da 17.000 cattolici lituani, che aveva rivelato la verità sulla situazione della Chiesa cattolica in Lituania, e di biasimo per chi aveva promosso l'iniziativa. Poiché la religione è perseguitata, una parte dell'opera pastorale viene svolta in condizioni catacombali e il governo sovietico, non riuscendo a controllarla, ha motivo di temerla. Quanto più viene repressa la vita ufficiale della Chiesa, tanto più si intensifica l'opera pastorale clandestina. Alcuni sacerdoti ispirati dal governo si sforzano di presentare tale attività come dannosa, come disgregatrice dell'unità della Chiesa e dei normali rapporti tra la Chiesa e lo Stato. In effetti se in Lituania in questo momento la Chiesa cattolica non si adattasse ad una situazione catacombale andrebbe incontro al destino della Chiesa ortodossa russa, la quale sta per essere soffocata.
Il governo sovietico si preoccupa altresì che la Sede Apostolica approvi il comportamento dei sacerdoti ossequienti ai suoi ordini. I sacerdoti della Lituania sono convinti che soltanto perché male informata la Sede Apostolica ha potuto nominare monsignori dei sacerdoti quasi tutti ossequienti al governo: il sac. P. Bakšys, il canonico Barauskas, il canonico C. Krivaitis ed altri. *
In tal modo i sacerdoti attivi e dediti con tutto il cuore alla Chiesa sono stati disarmati psicologicamente.
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La stampa, la radio, la televisione e in modo particolare gli opuscoli destinati all'estero, come ad esempioReligion in Lithuania di J. Rimaitis, parlano molto della libertà di coscienza in Lituania, del rispetto dei diritti dei credenti, eccetera. Ma oggi soltanto i kolchoziani e gli operai possono frequentare le cerimonie religiose senza correre eccessivi rischi. Gli intellettuali viceversa vengono spesso ammoniti dai dirigenti nel corso di colloqui privati sul posto di lavoro a non frequentare la chiesa per non avere noie sul lavoro. Quindi sono costretti a tenere nascoste le loro convinzioni ed a compiere i loro doveri religiosi soltanto in segreto.
Gli stranieri che arrivano in Lituania non vedono certo davanti alle porte delle chiese dei poliziotti che impediscano alla gente di entrarvi, perché ciò nuocerebbe allapropaganda sovietica. Tuttavia la domenica e particolarmente durante le festività religiose migliaia di agenti governativi, appositamente incaricati, o di routine, fingendosi credenti seguono la gente che prega, ascoltano le prediche, osservano le processioni. Dopo di che il partito e la Sicurezza dello Stato impartiscono ordini ai dirigenti degli uffici, indicando i dipendenti ancora da « educare ».
* Risulta più probabile invece un'altra interpretazione, secondo cui la Santa Sede ha concesso il titolo di monsignore a questi sacerdoti « ratione Concilii », dal momento che il governo aveva permesso soltanto a costoro di partecipare al Concilio in veste di « esperti ». (NdT)
Demolizione della Chiesa
Al fine di distruggere la Chiesa dall'interno, il governo sovietico non si fa scrupolo di ricorrere ai metodi di lotta più brutali. I sacerdoti vengono calunniati e accusati di crimini inesistenti. Gli intellettuali che professano pubblicamente la loro fede, specialmente agli insegnanti, vengono licenziati dal lavoro, come è accaduto ad esempio alle insegnanti O. Briliené, A. Kezyté e ad altri. A scuola gli studenti credenti sono obbligati a iscriversi alle organizzazioni ateistiche dei pionieri e dei komsomol, a pronunciarsi contro la religione, eccetera.
L'accesso dei nuovi studenti al Seminario ecclesiastico è talmente limitato che ogni anno in Lituania decine di parrocchie restano senza sacerdote perché nel corso di un anno muoiono circa 20 sacerdoti mentre il governo permette soltanto a 10-12 giovani di entrare in Seminario. Tale restrizione riguarda in particolar modo i candidati validi e capaci; e così pure ai sacerdoti più preparati è precluso l'accesso nel corpo docente e alla direzione del Seminario. Le condizioni di vita e di studio dei seminaristi sono tali da suscitare raccapriccio: essi sono persino costretti a pregare in una cappella allestita in uno scantinato, dove manca l'aria, mentre potrebbero facilmente servirsi della cappella della Cattedrale se il governo lo permettesse. Tali condizioni di vita minano la salute di molti chierici.
In un futuro non lontano ci attende la sorte della Bielorussia e dell'Ucraina. In quest'ultimo paese 5 milioni di cattolici di rito orientale non dispongono ufficialmente di una chiesa, né di un vescovo, né di un sacerdote. In Bielorussia è rimasto soltanto un piccolo gruppo di sacerdoti vecchi e malati. Decine di migliaia di cattolici tedeschi, polacchi e di altre nazionalità deportati a Karaganda e inaltre regioni dell'Unione Sovietica non hanno nemmeno il diritto di costruirsi una casa per il culto provvisoria.
I turisti che tornano dopo aver visitato Roma sostengono che i funzionari della Santa Sede consigliano loro di evitare di scontrarsi con il governo sovietico. Noi non sappiamo se questo sia veramente il pensiero della Santa Sede; ma se i sacerdoti tenessero tale atteggiamento, dovrebbero rinunciare a momenti essenziali dell'attività pastorale, ad esempio ad insegnare il catechismo ai bambini. Sarebbero continuamente in conflitto con la loro coscienza, e sarebbero ridotti a « servi del culto », cioè proprio a quello che vuole il governo sovietico.
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Noi siamo profondamente convinti che le nostre condizioni di vita siano difficilmente comprensibili all'opinione pubblica occidentale. Infatti, soltanto dopo aver soggiornato per un certo periodo nel nostro paese e, soprattutto, solo dopo essere stati un po' di tempo nelle camere degli interrogatori e nelle carceri, viene alla luce tutto l'inganno del governo ateista.
Siamo certi che la Santa Sede con la sua attività diplomatica vuole aiutare sinceramente la Chiesa perseguitata ma che però essendo male informata circa la reale situazione in alcuni casi finisce per operare a vantaggio degli ateisti. Perciò noi osiamo ammonire: non credete alle promesse del governo sovietico, perché non verranno mantenute. Non credete a coloro che giungono ufficialmente dall'Unione Sovietica: essi sono più o meno tutti obbligati ad eseguire i compiti assegnati loro dal partito e dalla Sicurezza dello Stato.
Imploriamo Dio affinché i suoi nemici non riescano a penetrare nella gerarchia della Chiesa per svolgere la loro opera distruttiva dall'interno. Non vogliamo pensare che i nostri ateisti possano arrivare a gioire sostenendo, con fondamento, di disporre di elementi a loro ossequienti all'interno della suprema gerarchia della Chiesa.
L'attuale persecuzione della Chiesa è nascosta dietro un velo di menzogna e di inganno. Quindi è estremamente violenta la reazione contro coloro che tentano di squarciare il velo e di mettere in chiaro le persecuzioni dei credenti. Petras Plumpa, Virgilijus Jaugelis, Juozas Gražys, Nijolė Sadūnaitė ed altri cattolici lituani sono stati duramente repressi a causa della LKB KRONIKA, sotto l'accusa di aver calunniato il governo sovietico. Quando nell'ottobre 1975 cinque terroristi spagnoli vennero messi a morte, un'ondata di proteste si levò da tutto il mondo libero. Viceversa, quando alcune persone sono torturate a causa della verità, per aver chiesto la libertà, per aver difeso le loro convinzioni e gli interessi della Chiesa, le voci di protesta sono alquanto flebili e timide. Purtroppo il governo dell'Unione Sovietica vuole proprio questo: il silenzio della notte per poter soffocare i cattolici della Lituania. Quelli che intendono aiutarci e tutti coloro ai quali stanno a cuore la verità e la libertà nell'Unione Sovietica devono oggi cercare di mettere in evidenza con ogni mezzo gli episodi di persecuzione e sforzarsi di strappare il velo della menzogna dietro al quale si nasconde la violenza.
Noi editori della LKB KRONIKA Vi preghiamo, Eminenza, a nome di molti sacerdoti, dei credenti e di chi è perseguitato per la fede, di trasmettere alla Chiesa, al mondo e a tutti gli uomini di buona volontà il nostro grido di aiuto, affinché non siano dimenticati tutti coloro i quali, sull'esempio di P. Plumpa, V. Jaugelis, P. Petronis, J. Gražys, N. Sadūnaitė ed altri, hanno scelto la via crucis nelle baracche dell'arcipelago Gulag per i diritti di Dio e per l'avvenire della Chiesa e del proprio popolo.
Gli editori della LKB KRONIKA
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