LA PERSECUZIONE DELL'INSEGNANTE O. BRILIENÉ

Rivelarsi credente è « degradante »

Nel mese di ottobre 1969 capitarono inspiegabilmente nel­le mani dell'insegnante Kerušauskienė della scuola media di Vilkaviškis le foto della prima comunione dei bambini dell'insegnante O. Briliené. La Kerušauskienė le consegnò al direttore della scuola, Cekanavičius. Venne subito convo­cata una riunione riservata dei membri del partito della scuola che ordinò all'insegnante Briliené di fornire delle spiegazioni per iscritto. L'insegnante spiegò che si trat­tava di fotografie della sua famiglia e richiamandosi a Lenin propose di non ingerirsi nella vita privata della sua famiglia. Iniziò allora immediatamente l'azione persecutoria nei suoi confronti: controllo giornaliero della pulizia della classe della Briliené e di come essa svolgeva le lezioni. Per i control­lori tutto risultava assai negativo sebbene fino ad allora la insegnante Briliené non avesse mai dato luogo a lamentele. Un giorno venne convocata una riunione per l'esame della situazione.

« Allora, com'è questa storia, Briliené: sei credente o no? » le chiese il direttore. « Sì, io credo » rispose tran­quillamente la donna.

I membri della commissione spiegarono che una volta compiuti gli studi superiori non è più conveniente conti­nuare a credere in Dio; che se non si ha il coraggio di ri­nunciare alla religione bisogna lasciare la scuola, eccetera. Essi minacciarono l'insegnante di deferirla alla Sezione pro­vinciale della pubblica istruzione, che l'avrebbe giudicata di fronte a tutti gli insegnanti della provincia, e cose del genere.

« Per una insegnante professare pubblicamente la propria religione è una cosa inqualificabile » la rimproverò il di­rettore.

« Com'è degradante, per una insegnante che ha lavorato nella scuola per 21 anni, rivelarsi credente! Dov'è la co­scienza!? » intervenne la Blazaitiené volendo compiacere il direttore. Qualcun'altro volle umiliare l'insegnante Briliené: « Forse tu credi anche in una vita dopo la morte?... ».

Anche alcuni insegnanti che si erano assai indignati per il comportamento dell'insegnante Kerusauskiené che aveva consegnato le fotografie al direttore, dopo il rimprovero di quest'ultimo, che li definì « incoscienti », cominciarono a cambiare atteggiamento.

Le fotografie vennero restituite alla Briliené solo dopo che questa ebbe inviato una denuncia al Ministero della pubblica istruzione dell'URSS.

Collettivo degli insegnanti e sindacato contro la libertà di coscienza

Nel mese di maggio del 1970 venne convocata nella scuola una riunione straordinaria degli insegnanti per discutere il comportamento dell'insegnante Briliené.

« Io sono sempre stata e sono profondamente credente. Vado in chiesa, perché questo è un mio dovere. Io sono sempre andata in chiesa, ma di nascosto. Ora non ho più motivo di nascondermi, perché ciò è noto a tutti » si difese la Briliené nel corso della riunione.

Nei loro interventi vari colleghi sottolinearono che la Briliené era buona come insegnante e come persona, soltanto la sua religiosità non la rendeva adatta al lavoro peda­gogico. Dopo la riunione diversi insegnanti chiesero scusa alla Briliené; era evidente che, per la maggior parte, essil'avevano biasimata sotto l'influsso della paura e perché costretti. Verso la fine della riunione il direttore propo­se di votare una mozione secondo la quale la Briliené non era adatta al lavoro pedagogico. Alcune insegnanti non votarono e per questo il direttore le rimproverò duramente.

Nel mese di giugno 1970 in una riunione del comitato del sindacato locale della scuola venne discussa la sorte della Briliené. Il presidente Girdauskas lesse una lettera di un dirigente della Sezione della pubblica istruzione della pro­vincia di Vilkaviškis, nella quale si chiedeva al comitato sin­dacale locale di approvare una deliberazione per la espul­sione dell'insegnante Briliené dalla scuola. Tutti i presenti dichiararono che la insegnante credente Briliené non poteva lavorare in una scuola. L'accusata intervenne ammonendoli: « Giudicandomi per le mie convinzioni, voi violate le leggi sovietiche ».

A questa obiezione rispose il direttore affermando che essa, credente in Dio, offendeva i suoi colleghi insegnanti comunisti e non simpatizzava per l'ordinamento sovietico. Inoltre espresse il suo dispiacere per il fatto che agli alunni della insegnante Briliené alla fine della XI classe sarebbe stato necessario segnalare nelle note caratteristiche che erano credenti. Egli propose all'insegnante di rivolgersi alle auto­rità provinciali che avrebbero provveduto a trovarle un'oc­cupazione. La riunione si concluse votando il licenziamento della Briliené.

Nella conferenza degli insegnanti che si svolse nel mese di agosto il dirigente della sezione della propaganda, Vyšniaus­kas, trattando dei problemi ideologici definì la Briliené una bigotta e aggiunse che la scuola non era per lei. Il diret­tore parlò dell'opera ateistica trascurata nella scuola ordi­nando agli insegnanti di ammonire gli alunni a non seguire la croce e il prete in occasione di qualsiasi funerale (Re­centemente, durante i funerali di uno studente e del sac. Valaitis, molti studenti avevano portato fiori e corone). Il direttore biasimò gli insegnanti che, vedendogli studenti portare fiori e corone, non li avevano fatti uscire dal corteo. « I credenti hanno alzato la testa in tutta la provincia c per­tanto il partito dal canto suo intraprenderà con tutto il ri­gore del caso un'azione per soffocare questa alzata di scudi », minacciò furioso il direttore.

Non appena ebbe inizio la persecuzione della Briliené, gli insegnanti iscritti al partito presero a mostrarle pubbli­camente il loro disprezzo, non rivolgendole più la parola ed evitando perfino di volgere lo sguardo verso di lei. Gli in­segnanti, su suggerimento di qualcuno, proponevano conti­nuamente alla Briliené di cambiare lavoro di propria vo­lontà. In modo particolare essi biasimavano la pubblica frequenza alla chiesa da parte della sua famiglia.

Il 14 settembre 1970 la Sezione della pubblica istruzione della provincia di Vilkaviškis ordinò il licenziamento dal lavoro dell'insegnante Briliené. Il direttore la consigliò di non ricorrere contro questo provvedimento, altrimenti sa­rebbe stato peggio per lei.

Durante la sua ultima lezione la insegnante Briliené, conge­dandosi dagli alunni, spiegò loro che veniva esonerata dal­l'insegnamento a causa della sua fede. Per questo la dire­zione della scuola andò su tutte le furie.

Nel mese di settembre la signora Briliené si rivolse al tribunale del popolo della provincia, chiedendo di essere reintegrata nell'insegnamento. Il 14 ottobre ebbe luogo il processo. Un dirigente della Sezione della pubblica istru­zione, Šačkus, spiegò al tribunale che la Briliené era cre­dente, che andava in chiesa e aggiunse, mentendo, che du­rante le ultime lezioni aveva esortato gli alunni a credere in Dio.

La Briliené confermò di credere in Dio e di frequentare la chiesa, ma aggiunse anche di sapere che le leggi sovieti­che non vietano ciò.

Il procuratore sostenne che una persona con una morale così bassa non può lavorare in una scuola.

In complesso, il processo è stato piuttosto un comizio atei­stico e non un serio sforzo teso a chiarire la violazione del­l'ordine legale.

Protesta di genitori a Mosca

I genitori degli alunni, indignati dall'incessante persecuzio­ne nei confronti dell'insegnante, si rivolsero al procuratore generale dell'URSS con questo esposto.

Esposto dei genitori degli alunni della scuola media « Salomėja Neris » di Vilkaviškis, rss di Lituania, Vilkaviškis

Al procuratore generale dell'Unione Sovietica, Mosca

L'insegnante Ona Brilienė ha insegnato nella nostra scuola media per molti anni. Noi tutti la consideriamo ottima sia come persona, sia come insegnante ed educatrice.

Il 15 settembre di quest'anno essa è stata esonerata dall'in­segnamento. I ragazzi sono tornati a casa con gli occhi gonfi di pianto. Abbiamo appreso che la signora Ona Brilienė è stata licenziata per le sue convinzioni religiose. Noi, genitori degli studenti della scuola media di Vilkaviškis, ci sentiamo per questo profondamente offesi. Possibile che nell'Unione Sovietica, la cui costituzione all'art. 124 garantisce ad ogni cittadino la libertà di coscienza, ancora oggi si attuino delle persecuzioni individuali a causa delle convinzioni religiose personali, senza alcuna considerazione per il fatto che si tratta di un'insegnante in possesso di istruzione pedagogica superiore e con un'anzianità di servizio di oltre 20 anni?

Noi vi preghiamo di risolvere questo caso spiacevole e di reintegrare nell'insegnamento la signora Ona Brilienė.

Vilkaviškis, 15 ottobre 1970.

L'esposto fu firmato da 46 genitori.

Il 10 novembre 1970 ebbe luogo l'udienza del tribunale supremo. All'insegnante Brilienė non venne permesso di leg­gere la propria autodifesa, allora essa chiese che il docu­mento venisse allegato agli atti della causa.

Autodifesa di O. Brilienė

All'inizio del documento la Brilienė espone la cronologia degli eventi: la sottrazione delle fotografie, la sua lettera al Ministero della pubblica istruzione della RSS di Lituania a causa della persecuzione religiosa e come ella continuò ad essere perseguitata.

Le leggi sovietiche (è scritto nel documento) garantiscono la completa libertà di coscienza ai cittadini dell'ursse con ciò stesso anche la libertà di professare una qualsiasi religione. Il codice penale della rss di Lituania prevede anche delle sanzioni contro coloro che tentino di limitare queste libertà. Del problema della difesa della libertà di coscienza ha scritto anche la stampa.

Il 10 luglio 1970 nel n. 158 del « Tiesa » (Verità), nell'articolo: Per la completa libertà di coscienza il docente J. Anyčas scrive: « Oggi nella Lituania sovietica esiste una totale libertà di co­scienza che abbraccia il diritto dei cittadini di... professare qualsiasi religione e di compiere indisturbati le pratiche reli­giose ».

V. Niunka, nella rivista « Mokslas ir Gyvenimas » ( Scienza e Vita) n. 9 (1966) in un articolo intitolato II dialogo tra marxisti e cattolici scriveva: « Nella lettera-appello del 4 feb­braio 1938 il cc del pcl proclamava: "Sebbene noi non abbiamo nulla in comune con qualsiasi religione, siamo però sostenitori della libertà di coscienza e lottiamo contro qualsiasi genere di persecuzione della religione". Questa affermazione di principio, più tardi, dopo l'introduzione dell'ordinamento sovie­tico in Lituania, venne inclusa nella costituzione sovietica e in altre leggi, con lo scopo di sbarrare totalmente e definitivamente la strada a qualsiasi tentativo di discriminazione, in un modo o nell'altro, dei credenti. Recentemente, il Presidium del Soviet supremo della rss di Lituania ha chiarito che sono da consi­derarsi violazioni della legge, e quindi passibili di pene, azioni come il rifiuto di accettare al lavoro oppure nelle istituzioni dell'insegnamento, come anche il licenziamento dal lavoro o da istituzioni di insegnamento, o la privazione delle facilitazioni e dei privilegi previsti dalle leggi, e qualsiasi altra limitazione dei diritti dei cittadini fatta in considerazione delle loro convin­zioni religiose ».

Nel libretto di J. Anyčas e J. Rimaitis Tarybiniai įstatymai apie religinius kultus ir sąžinės laisve (Le leggi sovietiche sui culti religiosi e sulla libertà di coscienza) Vilnius 1970, è scritto: « La libertà religiosa è intesa come il diritto di ogni cittadino di professare indisturbato qualsiasi religione. Essa consiste nella libertà di scegliersi una qualsiasi religione, di cambiare le proprie convinzioni religiose e la libertà di celebrare i culti religiosi ». Più oltre, a pagina 54, continua: « ...la libertà di coscienza ab­braccia logicamente anche la libertà della pratica dei culti, la libertà di religione, la libertà dell'attività della Chiesa nel sod­disfare le esigenze religiose dei credenti ».

La palese persecuzione contro di me per le mie convinzioni religiose da parte della Sezione della pubblica istruzione di Vilkaviškis e della direzione della scuola contrastava con le leggi sovietiche, mi impediva di compiere serenamente il mio lavoro, generava sfiducia nelle leggi sovietiche.

Perciò in data 28 luglio 1970 mi appellai di nuovo al Mini­stero della pubblica istruzione dell'urss, affinché esso obbli­gasse la Sezione della pubblica istruzione della provincia di Vilkaviškis e la direzione della scuola ad osservare le leggi so­vietiche ed a cessare la persecuzione nei miei confronti a causa della fede e dell'adempimento dei doveri religiosi. Ma il Mini­stero della pubblica istruzione dell'urss rimise nuovamente il mio appello al giudizio del Ministero della pubblica istruzione della rss di Lituania, dal quale in data 15 settembre 1970 (dopo che già ero stata licenziata dall'insegnamento) ebbi risposta che il mio appello non era stato accolto.

Il 15 settembre 1970 venni convocata alla Sezione della pub­blica istruzione della provincia dove, senza alcuna deliberazione del comitato sindacale locale, venni licenziata dal lavoro in base alla legge sul lavoro, art. 47, comma C. Tuttavia io considero illegale questo licenziamento per due motivi:

1.         il dirigente della Sezione della pubblica istruzione, licen­ziandomi senza l'approvazione del vkk, ha violato la procedura sul licenziamento stabilita dalla legge sul lavoro;

2.         il licenziamento dal lavoro per le convinzioni religiose e per l'adempimento dei doveri religiosi contrasta con le leggi sovietiche.

Perciò, in data 28 settembre 1970 mi rivolsi al tribunale della provincia di Vilkaviškis affinché esso, dopo aver chiarito la violazione sulla procedura per il licenziamento, mi reinte­grasse nel mio lavoro secondo la deliberazione del Plenum del tribunale supremo dell'urss in data 30 giugno 1964, senza indagare sulle cause del licenziamento. Ma il tribunale popolare non ha rivolto alcuna attenzione al mio esposto e, senza accertare la violazione della procedura di licenziamento, è passato subito a discutere le mie convinzioni religiose e la pratica dei doveri religiosi, come base per suffragare i motivi del mio licenzia­mento. Ciò è rispecchiato anche nel verdetto del tribunale po­polare, dove è detto: « La ricorrente è stata licenziata perché è religiosa... ». Sebbene nel verdetto del tribunale popolare sia detto anche che io più volte sono stata biasimata dal collettivo degli insegnanti per il fatto che vado in chiesa, che a scuola non svolgevo opera ateistica, eccetera, tuttavia l'ultima discussione in data 23 giugno 1970 non poteva annullare l'autorizzazione del vkk di licenziarmi dal lavoro il 15 settembre 1970.Tanto più che io fino ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione sulle deliberazioni prese durante le discussioni del mio caso.

Il licenziamento dal lavoro per il fatto che sono una credente è in contraddizione con la libertà di coscienza garantita dalle leggi sovietiche. Le leggi sovietiche assicurano il diritto ai cit­tadini di scegliersi una qualsiasi religione e di compiere lepratiche religiose. Nessuno ha il diritto anche solo di chiedere che religione uno pratica, oppure se ne riconosca qualcuna; tanto più di licenziare una persona dal lavoro per la propria fede e per l'espletamento dei suoi doveri religiosi.

L'insegnante Briliene al termine della sua autodifesa ha spiegato di avere svolto coscienziosamente per 21 anni il proprio lavoro pedagogico senza mai aver ricevuto al­cuna osservazione e senza mai aver parlato delle proprie convinzioni religiose nella scuola. Soltanto dopo che la di­rezione della scuola si era appropriata delle fotografìe di carattere religioso della sua famiglia ed aveva denunciato pubblicamente le sue convinzioni religiose essa allora aveva preso a compiere i suoi doveri religiosi pubblicamente. L'ac­cusa di aver invitato i ragazzi a credere in Dio è una pura invenzione.

Ebbe allora inizio l'interrogatorio processuale.

« Tu credi e vai pubblicamente in chiesa? »

« Sì, io credo e vado pubblicamente in chiesa. Ormai ho smesso di nascondermi; mi sono nascosta per 21 anni ed ora, da quando hanno messo in pubblico le mie convinzioni reli­giose, non ne vedo più il motivo. »

« Cosa hai detto agli alunni durante l'ultima lezione? »

« Ho detto ai ragazzi che non insegnerò più a loro; che mi hanno licenziato dal lavoro perché credo in Dio. »

Poi, rivolgendosi ai giudici, l'insegnante Briliene chiese:

« Se la Sezione della pubblica istruzione ha avuto il di­ritto di licenziarmi dal lavoro per la mia fede, perché io non avrei dovuto avere lo stesso diritto di spiegare i motivi del mio licenziamento, dopo 21 anni di insegnamento? Forse ciò era dovuto ad ubriachezza?... »

« Tu hai detto ai ragazzi anche qualche cosa d'altro? »

« Ho detto loro che l'uomo dev'essere di saldi principi; che è meglio morire in piedi piuttosto che vivere stri­sciando. »

« Che studi hai fatto? »

« L'Istituto di pedagogia a Vilnius, con la specializzazio­ne in geografia. »

Quindi prese la parola il dirigente della Sezione della pub­blica istruzione della provincia di Vilkaviškis, Šačkus, rile­vando che l'insegnante Briliene essendo credente impedivala formazione ateistica degli alunni e il fatto che andava pubblicamente in chiesa. Egli affermò che la Briliené aveva persino promosso la causa per poter divulgare maggiormente le sue convinzioni.

Sackus, interrogato dal giudice, cadde ripetutamente in contraddizione, facendo a tutti un'impressione pietosa: « Ma non ti accorgi che non sai neppure come licenziare una persona dal lavoro? » gli obiettò il giudice.

Mentre il tribunale era riunito in camera di consiglio, nell'aula si svolgevano vive dispute. Il procuratore diceva: « Un'insegnante come te non può istruire i ragazzi. Tu sei un'ipocrita, una rovina per i ragazzi. Tu non hai il diritto di educare neppure i tuoi figli. Noi ti toglieremo i figli perché possano crescere come dei veri uomini sovietici e non come degli invalidi ». « Ciò significherebbe che ai figli non si può trasmettere la propria fede, per il fatto che sono studenti; più tardi saranno universitari, e ancora non do­vranno credere; allora quando un uomo potrà credere? Solo quando sarà andato in pensione? Questa è la libertà di religione? » diceva un uomo al procuratore. Ma quello proseguiva: « Butteremo fuori qualche insegnante, se qual­cuno oserà ancora mostrarsi credente, e vedrete... » « Al­lora voi non osservate le vostre stesse leggi! ». « Noi ab­biamo una nostra fede e delle nostre leggi e, in base ad esse, simili insegnanti non possono lavorare nella scuola. »

Nel frattempo intervenne una terza persona.

« Sebbene io non sia credente, sostengo che questa in­segnante è stata licenziata ingiustamente dal lavoro; ciò co­stituisce una violazione delle leggi. Le leggi sovietiche ga­rantiscono la libertà di coscienza, ma dov'è questa libertà se a causa delle convinzioni religiose il caso della Briliené è stato discusso, ridiscusso, per poi buttarla in mezzo ad una strada? »

In quel momento rientrarono in aula i giudici dalla ca­mera di consiglio e lessero il verdetto, secondo il quale l'insegnante veniva reintegrata nel proprio lavoro. Il pro­curatore, furente, dichiarò: « Io non permetterò questo! »

Il dirigente della Sezione della pubblica istruzione borbot­tava disperato: « Con questo viene distrutto tutto il lavoro ateistico... ».

Dopo la sentenza del tribunale supremo di reintegrare O. Brilienė nell'insegnamento, la procura di Vilkaviškiscon­vocò i genitori degli studenti che nel mese di ottobre avevano inviato un esposto e fece loro firmare, per presa visione, la deliberazione con la quale O. Briliene veniva rimessa ad insegnare.

Tuttavia l'insegnante Briliene non venne restituita al­l'insegnamento. Quando essa giunse alla scuola con l'ese­cutore del tribunale, il dirigente della Sezione della pub­blica istruzione rispose irritato all'esecutore del tribunale: « Io non ricevo. Venite alle ore 15 ». Si vede che egli in­tendeva discutere il caso con qualcuno. Nel pomeriggio Šačkus firmò il documento e disse alla Briliene di andare a scuola.

Il giudice del tribunale del popolo della provincia di Vil­kaviškis consigliò l'insegnante Briliene di dare le dimis­sioni dall'insegnamento, altrimenti non avrebbe trovato al­cun lavoro a Vilkaviškis.

Intanto nella scuola la situazione era divenuta insosteni­bile. Gli insegnanti non la salutavano e non le rivolgevano la parola. Il direttore ogni giorno le comunicava: « Oggi non ci saranno lezioni, consideratevi libera! ».

Certamente il direttore non proibiva all'insegnante di fare lezione soltanto di propria iniziativa. Qualcuno temeva che l'insegnante credente potesse « guastare » gli studenti sovietici.

Nel mese di dicembre ebbe luogo una riunione del co­mitato locale del sindacato, nella quale si parlò nuovamente del caso Briliene. La segretaria del partito nella scuola, la insegnante Urboniene, parlò in modo particolarmente bru­tale. Al termine della riunione tutti votarono per il licen­ziamento di O. Briliene, a partire dal giorno 23 dicembre.

A questo punto sorge spontanea una domanda: chi ha voluto il licenziamento della Briliene dal lavoro? Per tutta la durata di questa storia si era avvertito chiaramente che il dirigente della Sezione della pubblica istruzione, il di­rettore e gli altri erano soltanto degli strumenti nelle mani di qualcuno. Allorché essi si venivano a trovare in situa­zioni scabrose, partivano per Vilnius per consigliarsi. Nonvi è dubbio che dopo il verdetto del tribunale supremo il direttore impedì alla insegnante Briliené di lavorare non certo di propria iniziativa. Qualcuno aveva anche autorevolmente consigliato la procura di Vilkaviškis di gettare fumo negli occhi dei genitori degli studenti, facendo firmare loro l'or­dinanza secondo cui la Briliené era stata restituita all'inse­gnamento.

Licenziata dal lavoro, l'insegnante Briliené provò a tro­vare un'occupazione altrove ma in tutta Vilkaviškis non riuscì a trovare un posto neppure come donna delle pulizie.

Al marito dell'insegnante Briliené, Jurgis Brilius, che la­vorava a Prienai in qualità di direttore dei lavori dell'ente statale per l'edilizia vennero create condizioni insopportabili nel posto di lavoro tanto che fu costretto a licenziarsi.

Nel mese di maggio 1973, dopo che aveva avuto una vasta eco nel mondo il memorandum dei cattolici della Li­tuania, giunse a Vilkaviškis Rugienis il quale, convocato Jurgis Brilius (la moglie aveva dato alla luce in quei giorni il quinto figlio), gli espresse il proprio rammarico di non aver saputo della persecuzione dell'insegnante Briliené e gli promise di aiutarla a trovare un lavoro, soltanto non nella scuola. Allo stesso Jurgis Brilius Rugienisaccennò che certamente egli avrebbe dovuto lasciare anche il nuovo po­sto di lavoro perché il suo direttore era un accanito ateista e non sopportava un ingegnere così profondamente cre­dente quale lui era.

Il 16 settembre 1971 sul giornale « Valstiečiu Laikraštis » (Il giornale dei contadini) apparve un articolo dal titolo: Vatikano nuodėmės (I peccati del Vaticano). In esso si scriveva che la radio vaticana « ...conduce regolarmente una propaganda calunniatrice contro la Lituania sovietica »; che « ...i clericali lituani si sbugiardano vergognosamente, piagnucolando per la presunta discriminazione dei credenti nella Lituania sovietica ». Il giornale prosegue: « L'articolo 96 della costituzione della Lituania sovietica garantisce ai cittadini della nostra repubblica la libertà di coscienza e con ciò stesso anche la Hbertà di esercizio del culto. Inol­tre da noi non ci si limita a semplici dichiarazioni, ma i diritti e le libertà dei cittadini, tra i quali anche la libertà di coscienza, sono tutelati anche da altre leggi. L'art. 145del codice penale della RSS di Lituania prevede pene per l'impedimento di compiere le pratiche religiose. Mentre nel­l'esplicazione dell'art. 143 dello stesso codice [...] viene rilevato che incorrono nella responsabilità penale [...] il licenziamento dal lavoro oppure l'espulsione dalle istitu­zioni dell'insegnamento [...] come anche altre limitazioni degli inalienabili diritti dei cittadini, imposte in conseguenza delle loro convinzioni nei riguardi della religione ».

« Come si vede - continua il giornale - nella Lituania so­cialista i diritti dei credenti sono rigidamente garantiti dalla legge penale e tutti sanno molto bene che ogni cittadino della Lituania sovietica, qualsiasi religione egli professi, può compiere liberamente le pratiche del proprio culto religioso. O forse i signori della radio vaticana possono provare con i fatti che qualche cittadino sia stato discriminato a causa delle proprie convinzioni religiose, retrocesso oppure li­cenziato dal lavoro, espulso dalla scuola e cose simili? »