Il 13 marzo 1972 il parroco di questa località, rev. B. Laurinavičius, venne convocato dall'incaricato del Consi­glio degli affari religiosi, J. Rugienis, che « rispose » al­l'esposto del 24 dicembre 1971 del clero dell'archidiocesi di Vilnius, inviato al segretario generale del cc del pcus, L. Breznev (vedi lkb kronika n. 1). L'incaricato accusò il rev. B. Laurinavičius di brutalità e di antisovietismo e gli consigliò di « occuparsi maggiormente del lavoro pastorale ». Dato che durante il colloquio non ebbe alcuna possibilità di ribattere alle accuse del rappresentante del governo, il parro­co in data 20 luglio 1972 inviò a Rugienis una dettagliata replica per iscritto. Riportiamo alcuni dei pensieri e dei fatti in essa esposti che mettono in evidenza come viene perse­guitata la Chiesa cattolica in Lituania.

Replica del sacerdote B. Laurinavičius al plenipotenziario Rugienis

« Scrivi per i vescovi e per i sacerdoti che operano nei li­miti delle leggi dell'Unione Sovietica! » Il reverendo B. Lau­rinavičius non negò questa accusa di Rugienis, perché era necessario scrivere. Per esempio, l'I 1 aprile 1972, i ve­scovi e gli amministratori diocesani in carica nella rss di Lituania in una loro lettera pastorale avevano condannatole denunce collettive dei credenti dirette ai rappresentanti del governo. « Nella vita della Chiesa è di regola avvertire fraternamente. È una caratteristica della democrazia della Chiesa. Ogni parroco ha il diritto di esprimere la propria opinione sulle deliberazioni dei vescovi », scrive il rev. B. Laurinavičius aggiungendo che d'altro lato gli ateisti presen­tano molte denunce contro i sacerdoti.

In data 16 gennaio 1968 l'incaricato mi fece vedere una trentina di denunce sporte nei miei riguardi. Come e da dove venivano quelle denunce? Si venne a sapere che il direttore del­la I scuola media di Švenčionėliai, Z. Baranauskas, aveva tenuto segregati i ragazzi fino a quando questi non ebbero firmato le denunce redatte. Questa violenza esercitata per ottenere la sot­toscrizione delle denunce compromise la salute di alcuni alunni.

Nel 1971, durante i funerali di K. Valadzka, nel cimitero del villaggio di Jakeliai parlai di Dio, della morte e della vita eterna. Si tratta di argomenti tra i più innocui, ma il direttore del sovchoz di Jakeliai si indignò: « Questo non è posto per la propaganda ». Corsero voci che perfino il direttore avesse pre­sentato una denuncia nei miei confronti. Quando i parenti dei ragazzi e i fedeli chiesero agli accusatori: « Di che cosa incol­pate il parroco? », uno rispose: « Non lo so, perché ho firmato su un foglio in bianco ». Gli altri si giustificarono: « Ho firmato perché avevo paura di essere licenziato dal lavoro ». Si mette spesso la firma sotto una denuncia, perché altrimenti non ver­rebbe concesso un cavallo, del fieno o altri beni indispensabili per la vita. I non credenti firmano un'infinità di denunce contro i sacerdoti.

I sacerdoti osservano le leggi, il governo le calpesta

Il rev. B. Laurinavičius continua col dire che i sacerdoti in Lituania intendono lavorare nei limiti delle leggi dell'Unio­ne Sovietica, ma che il governo stesso non osserva tali leggi.

Il 16 gennaio 1968 l'incaricato J. Rugienis mi disse chiara­mente: « Se non te ne andrai da Švenčionėliai, dovrai sceglierti un'altra professione ». Il 3 gennaio 1971 il sostituto del presi­dente del Comitato esecutivo del dzdt della provincia di Šven­čionys, V. Sauliunas, affermò orgogliosamente che nel 1968 mi aveva licenziato dall'incarico di parroco di Švenčionėliai.

Il diritto canonico esige che ogni sacerdote istruisca i bam­bini e i giovani nelle verità della fede. I genitori spesso nonhanno la possibilità di insegnare le verità della religione: nei giorni feriali lavorano e di domenica alcuni di essi hanno paura di recarsi in chiesa. I credenti del sovchoz di Jakeliai che fre­quentano la chiesa vengono derisi e iloro nomi esposti all'albo della vergogna. Se il sacerdote, costretto da qualche necessità, fa visita a qualcuno viene subito accusato: « Vai a fare la propa­ganda in casa ». Così mi apostrofò il vicepresidente del Comitato esecutivo della provincia di Švenčionys, V. Sauliunas.

Se nell'Unione Sovietica viene ancora permessa l'esistenza della Chiesa, allora è chiaro che deve essere permesso ai cre­denti di vivere secondo le sue leggi. Se i cittadini credenti fino ai 18 anni non possono partecipare alle funzioni comuni, come ad esempio le processioni e i cori, allora perché dei bambini del tutto inconsapevoli vengono iscritti negli ottobrini, nei pionieri e nei giovani comunisti?

Io non costringo nessuno ad andare in chiesa. Se lo facessi, mi renderei colpevole di fronte alla costituzione dell'Unione Sovietica, la quale garantisce la libertà di coscienza. Ma in base a quali leggi l'insegnante di lingua lituana della scuola media di Adutiškis, Turliené, in data 14 aprile 1972 ha fatto uscire i ragazzi dalla chiesa?

L'art. 24 della costituzione dell'Unione Sovietica dice: « La Chiesa è separata dalla scuola » e « lo Stato è separato dalla Chiesa ». Non si è mai sentito che un sacerdote abbia messo piede in una scuola sovietica! Non è mai capitato che un sacer­dote si sia recato ad una riunione del partito. Mentre gli ateisti e i loro lacchè si recano molto spesso in chiesa. Vanno a spiare che cosa insegna il sacerdote. Il già citato V. Sauliunas in data 5 gennaio 1971 dichiarò pubblicamente: « Le vostre prediche ci sono note, noi siamo sempre in grado di controllarle ».

La Chiesa ha una disposizione secondo la quale è opportuno che i fedeli in tempo di quaresima evitino i divertimenti e non gozzoviglino. Mentre io stavo illustrando questa disposizione ai fedeli venne in chiesa il presidente della circoscrizione di Adu­tiškis, A. Laurinavičius, che mi ammonì: « Parroco, non inter­ferire negli affari dei circoli ricreativi! » Ecco a che punto siamo giunti. Il parroco non ha il diritto di spiegare neppure le leggi della Chiesa, come si deve osservare il digiuno e praticare la mortificazione.

In realtà lo Stato si intromette intimamente nella Chiesa. Esso cerca di penetrare con forza nei nostri affari interni. I sacerdoti vengono costretti a cacciare i ragazzi dall'altare e dal coro, devono vietare il canto, togliere ai fedeli gli stendardi,non permettere le sepolture cristiane secondo il rito della Chie­sa, non istruire i bambini.

La calunnia come metodo di governo

Mi avete accusato: « Scrivi scritti antisovietici ». il 13 mar­zo 1972 ho risposto all'incaricato di non aver mai scritto espressioni antisovietiche. Nell'esposto dell'archidiocesi di Vil­nius del 24 dicembre 1971 indirizzato al segretario generale del ce del PCUS, L. Breznev, non vi era alcun attacco antiso­vietico. Vi erano soltanto elencati alcuni fatti: 1. non è per­messo accedere liberamente al seminario di Kaunas. 2. durante il periodo del governo sovietico non sono stati mai stampati né un catechismo né un libro di canti né una S. Scrittura. L'unico libro di preghiere è stato pubblicato soltanto per ragioni di pro­paganda. Se fosse stato stampato in un numero di copie suf­ficiente i credenti non pagherebbero 30 rubli per averlo. Esso è venuto in possesso soltanto di pochi privilegiati: i coristi e i vincitori di una lotteria. 3. non abbiamo rimesso con la forza ai loro posti i vescovi Julijonas Steponavičius e V. Sladkevičius. Noi siamo i primi a supplicare e a preoccuparci per le ingiu­stizie perpetrate nei riguardi dei nostri legittimi superiori. Ci sono cari i nostri amici di fede: i fratelli sacerdoti ucraini e quelli imprigionati a causa della religione: i sacerdoti Zdebskis e Bubnys. Prima della guerra anche i comunisti si preoccupa­vano della sorte dei propri compagni. Essi scrivevano, racco­glievano firme. Leggete il volume di A. Venclova: Jaunystės atradimas (La scoperta della giovinezza), Vilnius 1970.

Dopo il secondo conflitto mondiale l'incaricato per gli affari religiosi compilò uno dei più ripugnanti e volgari scritti contro Sua Santità Pio XII ed esigeva che i sacerdoti lo firmassero. Il « Lietuvos pionierius » (Il pioniere della Lituania) n. 34 del 22 aprile 1972 scriveva: « I pionieri della II scuola media di Kėdainiai hanno raccolto 1.600 firme ed hanno versato al Fondo per la pace 150 rubli ». Ai ragazzi nell'Unione Sovietica viene permesso di raccogliere firme di protesta ed offerte, mentre quando i sacerdoti si rivolgono con qualche scritto agli organi sovietici tali iniziative passano per criminose e antisovietiche.

Abbiamo chiesto di consentire il lavoro pastorale ai sacerdoti ucraini perché i credenti dell'Ucraina ci tempestavano di ri­chieste e di inviti a lavorare da loro. Abbiamo chiesto di con­cedere ai loro sacerdoti di poter svolgere l'attività pastorale, in quanto essi non sono stati condannati da alcun tribunale.

Il 17 marzo 1964 si svolse un processo presso il tribunale del popolo della provincia di Švenčionys nel corso del quale il giu­dice non mi permise di rispondere alle calunnie degli accusatori. Non mi concesse neppure di pronunciare qualche parola prima della sentenza, sebbene lo avessi chiesto e preteso. Non mi ha permesso di ricorrere all'istanza superiore contro la sentenza. Eppure nel codice di procedura penale della rss di Lituania all'art. 2 è scritto: « Compito del processo penale sovietico è quello di scoprire rapidamente e definitivamente i crimi­ni, di incolpare i responsabili e di applicare debitamente la legge, affinché chiunque abbia commesso un crimine venga giu­stamente punito e nessuna persona innocente venga incriminata e condannata ». Ma S.E. il vescovo J. Steponavičius da più di dieci anni è condannato senza che sia mai stato reso noto il cri­mine da lui commesso. L'art. 4 del codice di procedura penale della rss di Lituania dice: « Nessuno può venire incriminato in altra maniera se non in base alle norme stabilite dalle leggi e secondo la presente procedura ». S.E. il vescovo Steponavičius è stato incriminato contro ogni legge. All'art. 11 il suddetto codice dice: « Nelle cause penali ia giustizia è amministrata esclusivamente dal tribunale. Nessuno può venir dichiarato col­pevole di un crimine e condannato ad una pena detentiva in difformità dalla sentenza del tribunale ». S.E. il vescovo J. Ste­ponavičiusnon è stato condannato da alcun tribunale. Perciò noi abbiamo chiesto che egli, non riconosciuto colpevole da al­cun tribunale, venisse reintegrato nel posto che gli spetta, per­ché per l'archidiocesi di Vilnius un ordinario è indispensabile nel vero senso della parola.

Il rev. B. Laurinavičius prosegue citando i fatti a riprova di come i funzionari provinciali e dell'amministrazione lo­cale prevaricano nei riguardi dei sacerdoti.

Persecuzioni extra-giudiziarie e brutalità burocratica

Alcuni anni fa il sostituto del presidente del Comitato ese­cutivo della provincia di Švenčionys, Telyčėnas, impose ai sa­cerdoti del decanato di Švenčionys di tenere gli esercizi spiri­tuali tutti nella stessa domenica. Quando gli venne fatto pre­sente che gli esercizi spirituali senza un predicatore esterno non hanno senso egli ribattè ironicamente: « Ma come potrà rifiu­tarsi il prete della vicina parrocchia se glielo chiederete? ».

Generalmente il traffico stradale viene regolato dalla milizia, ma il 5 gennaio 1971 il vicepresidente del Comitato esecutivo della provincia di Švenčionys, V. Sauliunas, pretese che io men­tre accompagnavo un defunto vietassi ai credenti di cantare durante il percorso e di recare i simboli religiosi. Quale deri­sione! Il sacerdote deve vietare ai fedeli di cantare e di recare i simboli religiosi! La vigilia di Natale del 1971offrii delle ca­ramelle ad alcuni conoscenti venuti a trovarmi. La vigilia di Natale per noi credenti non è una serata qualunque. Ovunque quella sera si mostra una particolare ospitalità. Io per que­sto ebbi dei rimproveri dal governo. V. Sauliunas, per lo stes­so motivo, ha fatto un viaggio di 29 chilometri. Che brutale interferenza nella vita privata del sacerdote! L'11 gennaio 1972 V. Sauliunas mi impose di raccogliere nei villaggi gli stendardi funebri che i fedeli portano durante i funerali. Loro stessi non osano farlo, avendo paura di Dio e degli uomini; si vergognano e perciò costringono il sacerdote a farlo. Il 10 marzo 1971 la dirigente dell'Ufficio finanze della provincia di Švenčionys, J. Valadkienė, chiese che le mostrassi i registri dei battesimi per la tassazione. Più tardi si seppe che essa voleva sapere se deter­minate persone avevano fatto battezzare i propri figli e se erano sposate in chiesa. Per fortuna non tutti erano stati registrati. Il 5 aprile 1971 la segretaria della circoscrizione di Adutiškis, Kluonienė, mi disse: « Parroco, se hai fiducia in me, dammi i re­gistri dei battesimi e dei matrimoni; se non ti fidi portali tu stesso alla circoscrizione ». « E a che cosa servono? » chiesi. « Due persone venute da fuori li vogliono. » Le proposi di ri­volgersi al competente ufficio locale del Consiglio degli affari religiosi. Non mostrai i registri richiesti, perché avrebbero dan­neggiato i fedeli, io sarei passato per un traditore. Nel 1966 il presidente del Comitato esecutivo di Švenčionėliai, V. Bukielskis, mi redarguì brutalmente: « Se vuoi partecipare ai funerali, an­dare al cimitero, allora va' in culo al popolo ». Da questo si vede in mano a chi siamo.

È stato chiesto di abolire l'ingiusta applicazione dell'art. 143 del codice penale della rss di Lituania, contrario alla costitu­zione dell'Unione Sovietica.

È stato chiesto di sopprimere le istruzioni segrete a noi sco­nosciute riguardanti la vita religiosa. Le norme che regolano la vita dei cittadini devono essere rese note a tutti. Ovunque vige il principio: la legge non pubblicata non obbliga.

È stato chiesto di riesaminare le cause di persone condannate per la propria fede e di assolverle, perché esse hanno operato nei limiti degli articoli 124 e 125 della costituzione dell'urss, adempiendo ai propri doveri diretti.

Mi accusate di essere « antisovietico per natura ». Dicendo questo sbagliate. Se fossi di sentimenti antisovietici mi sarei ritirato nel 1944 in occidente. Allora risiedevo presso i geni­tori. Non avevo alcun incarico. Mentre molti si affrettavanoverso l'occidente io mi diressi verso oriente, a Švenčionys. So­stenete che « Laurinavičius si è messo in testa di essere irridu­cibile ». L'incaricato in data 13 marzo 1972 non gridava come aveva fatto il 16 gennaio 1968.Quest'anno egli parlava, si può dire, sommessamente, con i puntini. Nelle vostre mani avete le leggi e i tribunali, ledisposizioni e le istruzioni segrete, la forza e le chiavi delle prigioni; mentre dalla mia parte rimane soltanto la verità, che non invecchia mai e di cui voi non te­nete conto.

Dite: « Sei brutale ». Se lo fossi, avrei ricordato quando voi il 16 gennaio 1968 mi paragonaste ad un gatto, quando mi chiamaste fanatico, quando mi cacciaste ingiustamente da Šven­čionėliai, quando mi chiedeste conto dei materiali rimasti dalla costruita chiesa di Švenčionėliai, mentre io tacevo. E perché si sappia chi è stato brutale, rievochiamo qualcosa del passato. Come si presentava la chiesa di Švenčionėliai penso che voi, in­caricato, lo ricordiate bene, perché nella primavera del 1957 siete venuto ad ispezionarla. Per nove mesi si è viaggiato, sup­plicato, chiesto. Quanto si dovette lottare per ottenere l'auto­rizzazione! Non si può neppure immaginare tutta la storia, per­ché voi in questo posto non c'eravate ancora. Al Comitato ese­cutivo di Švenčionėliai ci fu detto: « Non pensate di avere la licenza. Nessuno ve la darà! ». Il presidente del CE del dzdt, K. Dudliauskas, minacciò: « Se vuoi restare a Švenčionėliai, sta' quieto ». Il presidente del Soviet supremo della rss di Lituania, J. Paleckis, la prima volta mi accolse molto gentil­mente, ma la seconda si comportò assai bruscamente. Avuta l'autorizzazione, bisognava trovare i materiali. Il primo anno abbiamo ottenuto il permesso di acquistare il solo legname. Oc­correva del denaro. La commissione da voi formata fece un preventivo quasi al centesimo: previde una spesa di un milione di rubli!1 Bisognava trovare gli operai specializzati; provve­dere ai mezzi di trasporto. Non avendoli ottenuti dovetti tra­sportare a più riprese una tonnellata di cemento dal magazzino alla piazza dei lavori con la bicicletta. Lavorai duramente alla costruzione della chiesa per quattro anni. A Dio piacendo e con l'aiuto di tanta buona gente, l'opera fu portata a termine. « Bene! » fu la valutazione della Commissione statale.

Durante i lavori il comitato parrocchiale di Švenčionėliai non mi ha mai pagato per l'opera prestata perché spesso mancava

 

 

1 La somma è in vecchi rubli, che avevano corso prima del 1960, e equivale a centomila nuovi rubli (N.d.r.).

 

il denaro. Terminata l'opera il comitato mi ricompensò con i materiali residui della costruzione, con i quali, acquistate 10 tonnellate di cemento, costruii la canonica. Non l'ho costruita altrove, ma a fianco della chiesa di Švenčionėliai. Non appena iniziati i lavori inoltre feci testamento presso il notaio della provincia di Švenčionys, disponendo che dopo di me nella ca­nonica avrebbero potuto vivere i sacerdoti che lavoreranno nel­la chiesa di Švenčionėliai. Nella costruzione della casa ho in­vestito tutti i miei risparmi personali e quelli dei miei genitori, perché anche loro aspiravano a vivere in un'abitazione migliore e ad essere considerati benefattori della parrocchia di Švenčio­nėliai. Generalmente le parrocchie ricordano i propri benefat­tori. Inoltre ho ricevuto in prestito del denaro da alcuni amici. Vivemmo tranquillamente per due anni. Nel 1962 arrivò da Vilnius un certo Sprindys che risultò essere un funzionario della Sicurezza. Dopo un colloquio egli mi propose di recarmi da S.E. il vescovo J. Steponavičius e da alcuni amici, assicuran­domi che avrebbe provveduto anche per il trasporto. Scopo dei miei viaggi avrebbe dovuto essere, come egli disse, quello di « aiutare a chiarire alcuni problemi ». Senza neanche discutere la cosa gli risposi che non intendevo essere un altro Antana­vičius.1 Dopo quell'incontro, dapprima venni messo in ridicolo sulla rivista satirica « Šluota », poi voi mi avete convocato il 24 giugno 1962 e mi avete spiegato che i materiali avanzati dalla costruzione della chiesa appartenevano allo Stato. Quando vi chiarii che il comitato parrocchiale aveva inteso ricompensarmi per il duro lavoro di quattro anni con i materiali rimasti, voi avete risposto che il comitato non aveva alcun diritto di farlo. Strano: il comitato non aveva il diritto di ricompensare chi aveva lavorato alla costruzione della chiesa, però aveva l'obbligo di pagare le tasse. Il 24 giugno 1962 voi mi diceste: « Sarebbe bastato non lavorare ». Ma io ho lavorato legalmente. Il comi­tato parrocchiale mi aveva eletto suo presidente e voi in data 19 marzo 1957 (documento n. 2429) avete approvato questa nomina con la vostra firma. Anche se allora, mentre voi mi umiliavate, io non sono stato brutale e non ho fatto alcun gesto di ribellione. Da voi invece proveniva la brutalità. Dopo aver subito in silenzio le vostre umiliazioni, tornato a casa, scris­si un esposto al comitato parrocchiale di Švenčionėliai e a voi, precisando che restituivo il corrispondente in denaro dei

 

1 Nella stampa sovietica ¡1 rev. Antanavičius viene citato come spia de] regime zarista. (N.d.r.)

 

materiali ricevuti dal comitato parrocchiale quale compenso del lavoro di quattro anni. Mentre trattenevo la somma che io personalmente avevo investito nella costruzione della canonica. Inoltrai ricorsi un po' ovunque. A tutti i miei esposti ricevevo come risposta: « Il tribunale ha deciso. Non vi è alcun fonda­mento ». Ma come il tribunale poteva decidere senza aver sen­tito ambedue le parti? Ben tre miei ricorsi indirizzati al pro­curatore generale dell'urss, Rudenko, furono rimessi alla pro­cura della rss di Lituania. Di là mi rispondevano sempre: «Non vi è fondamento per impugnare il verdetto del tribunale del popolo della provincia di Švenčionys ». Il mio quarto ricorso al procuratore generale dell'urss capitò infine nelle mani di una persona comprensiva. Questi ingiunse al sostituto del procu­ratore generale della rss di Lituania, A. Kirijenko, di invalidare il verdetto del 17 marzo 1964 del tribunale del popolo della provincia di Švenčionys.

Il rev. B. Laurinavičius riporta il verdetto del tribunale supremo della rss di Lituania emesso il 3 giugno 1965, in cui si dice: « Dato che i materiali da costruzione furono acquistati dal comitato parrocchiale, erano perciò divenu­ti di sua proprietà, e poteva quindi regalarli a chiunque. Una donazione non costituisce un salario. Inoltre, dai chia­rimenti forniti dal cittadino B. Laurinavičius risulta che per la costruzione della casa furono utilizzati anche i suoi rispar­mi personali, ricevuti per l'espletamento dei culti religiosi. Le dette circostanze non sono negate, e inoltre non è stato dimostrato che la casa sia stata costruita a seguito di abusi commessi dal cittadino Laurinavičius. Il collegio dei giudici ha deciso:... di annullare il verdetto del 17 marzo 1964 del tribunale del popolo di Švenčionys ».

La causa è stata trasmessa al tribunale del popolo della pro­vincia di Ignalina, il cui giudice osò perfino includere nel verdetto quel che voleva lui. Infatti S. Janulis, durante un'udien­za del processo, dichiarò che egli non aveva fatto parte di alcuna commissione, mentre il giudice scrisse che ne aveva fatto parte. La casa costruita è più piccola di quella che era stata autorizzata. Ma il giudice, contrariamente alla mia documentazione, mi ac­cusò di aver edificato per una cubatura maggiore. Volendo mascherare le trovate del giudice, dopo che fui cacciato dalla casa nel 1966 venne arredata nella soffitta una stanzetta. Il giudice del tribunale del popolo della provincia di Ignalina auto­rizzò l'impugnazione del verdetto del 17 luglio 1965 presso iltribunale supremo della rss di Lituania. Fu stabilito il giorno del processo, ma il tribunale non discusse la causa, perché si apprese che il giudice non aveva la facoltà di autorizzare l'im­pugnazione di una propria sentenza. Un giudice che non aveva capito se la sua sentenza era impugnabile o meno come poteva discutere la causa?

Questa commedia è stata recitata nel sec. XX, quando si auspica che l'uomo dev'essere per il suo prossimo un compa­gno, un amico, un fratello. Ora ognuno può rendersi conto che la morale ateista esiste soltanto sulla carta ma non nella vita.

Di che cosa mi sono reso colpevole? Perché mi hanno con­dannato? In base a che cosa mi hanno privato del compenso percepito per il duro lavoro di quattro anni? Perché mi è stata confiscata l'eredità destinatami dai miei genitori?

Mi avete chiesto: « E com'è la faccenda del coro dei bam­bini? Chi serve all'altare? Chi sparge fiori durante la proces­sione? ».

Il 13 marzo 1972 spiegai che nella chiesa di Adutiškis can­tano tutti. Non ci sono gli inservienti all'altare. Ci sono sol­tanto gli adoratori. E i fiori li spargono i bambini, perché la processione è una parte inscindibile del culto. I credenti ado­rano Dio come possono: gli uni cantano, altri portano gli sten­dardi, altri ancora spargono i fiori al passaggio della processione.

All'ammonimento di Rugienis di occuparsi maggiormente del lavoro pastorale, il rev. Laurinavičius rispose così:

Con che piacere ho sentito queste parole dalle vostre labbra! Mentre studiavo alla facoltà di teologia nell'università di Vilnius, ci venne spiegato che il senso dell'espressione « opera pastorale » è molto vasto e pieno di significati. Qui ne ricorderò appena alcuni tra i più evidenti: 1. il parroco deve visitare i parroc­chiani. 2. visitare i malati. 3. istruire i bambini, la gioventù e tutti i credenti nelle verità della fede e nella morale. 4. inse­gnare ai bambini il catechismo e il canto. 5. seppellire i defunti secondo il rituale stabilito dalla Chiesa. In realtà oggi il par­roco non ha affatto la possibilità di svolgere il lavoro pasto­rale. Infatti:

1.        Non soltanto non ha il permesso di recarsi nelle case dei credenti e di benedirli là, ma non ha neppure la possibilità di benedire i fedeli convenuti in chiesa. Ricordo molto bene quando voi, convocatomi il 24 giugno 1964, mi redarguiste per il fatto di aver benedetto dei bambini dopo le funzioni dell'ottava del Corpus Domini.

   2.        Anche per visitare un malato non sempre il parroco ottienel'autorizzazione. Il 17 novembre 1971 scrissi che non era stata esaudita la richiesta del morente V. Stakauskas. Egli morì senza i santi sacramenti perché la sorella non aveva ottenuto il permesso di chiamare un sacerdote. Sono certo che avete ri­cevuto quel mio scritto, perché l'ho spedito per lettera racco­mandata. Non ho avuto da voi alcuna risposta. Strano. Non appena gli organi statali convocano il sacerdote, egli deve pre­sentarsi quando stabilito, mentre egli non ottiene alcuna risposta alle sue lettere.

3.         I parroci non hanno il diritto di insegnare ai bambini non solo nella scuola, ma neppure in chiesa. Per questo fatto sono stati duramente puniti i sacerdoti A. Šeškevičius, J. Zdebskis e P. Bubnys. E d'altronde insegnare in altre circostanze non è nemmeno da pensarsi.

4.         Il 23 dicembre 1971 dei bambini cantarono in coro in­sieme agli adulti. Due settimane dopo V. Sauliunas rivolse al mio indirizzo molte parole aspre e cattive.

5.         Non si possono seppellire i morti secondo il rito della Chiesa.

Quindi in che cosa consiste l'adempimento dei doveri sacer­dotali? Di quale lavoro pastorale si parla? Se non si può compiere seriamente l'opera sacerdotale, allora perché voi la schernite?

In data 16 gennaio 1968 mi avete definito un « fanatico ». So cosa significa questa parola, tuttavia tornato a casa diedi un'occhiata al dizionario, nel quale era scritto: « Fanatico è un individuo di convinzioni estreme, che si distingue per il suo grande odio verso le persone di differenti convinzioni ». Anche se nella vita ho incontrato delle persone che la pensano di­versamente da me, non ho mai mostrato per loro alcun odio. Al contrario io, soltanto a causa del fanatismo dei miei oppo­sitori, sono stato cacciato da Švenčionėliai e messo sul lastrico. Tutto questo voi lo avete fatto non per amore di quelli che la pensano diversamente ma soltanto per un incommensurabile sentimento di odio.

L'esercito polacco voleva ingaggiare il rev. Laurinavičius per compiere opera disgregatrice tra i suoi connazionali.1 Per questo gli avevano promesso di « farlo diventare un signore ». Dopo che egli denunciò la cosa ad un colonnello polacco, que-

 

1 Riferimento al periodo in cui Vilnius si trovava sotto l'occupa­zione polacca dopo la prima guerra mondiale e il rev. Laurinavičius esercitava il suo ministero pastorale in quella zona. (N.d.r.)

 

sti disse: « Laurinavičius è lituano. Spingerlo a nuocere alla pro­pria nazione non è permesso ». I signori polacchi non hanno voluto nuocere ad un sacerdote. Se gli ateisti apologeti della moderna morale ateista e suoi propagatori esaltano la propria morale sopra tutte le altre, allora è doveroso anche per loro mostrare almeno un po' di tolleranza verso gli altri. Quindi restituitemi la casa ingiustamente confiscata, dove non abi­terò più io, ma secondo il mio testamento quelli che lavorano

O        lavoreranno per la chiesa di Švenčionėliai. Così pure cercate di non mostrare tanto inspiegabile odio verso coloro che la pen­sano diversamente, e create almeno le condizioni per coesi­stere: allora nessuno scriverà esposti.

L'incaricato mi sollecitò ad occuparmi del « lavoro pastorale », ma nel frattempo la circoscrizione e la provincia lo ostacolano. Il 14 luglio 1972 il presidente della circoscrizione di Adutiškis A. Laurinavičius in presenza di testimoni cercò di costringere il rev. Laurinavičius a firmare un atto di incriminazione riguar­dante la sua opera pastorale. « Svelto, svelto — sollecitava il pre­sidente — devo portarlo alla provincia. » Non si è mai sentito dire che un sacerdote con la sua opera pastorale abbia istigato il popolo e invece mi accusano precisamente di questo. Mi de­nunciano persino alla Sicurezza, mentre i veri istigatori restano impuniti. Un esempio. Nel 1969 un delinquente distrusse nel cimitero del villaggio di Davaisiai tutti i monumenti tombali e le croci. Il popolo malediceva il criminale, il governo e i tempi. Sembrava che gli agenti della Sicurezza e dell'ordine avrebbero dovuto interessarsi di questi fatti. Ma niente da fare; ancora oggi per questo non duole il capo a nessuno. Nel mese di di­cembre 1971, giunti nel cimitero del villaggio di Jakeliai, due mi­liziani e il presidente della circoscrizione, distrussero un'edicola che si trovava nel cimitero da secoli. I credenti si indignarono, mostrarono i denti. Soprattutto perché dovettero caricarsi i mat­toni e portarli via per impiegarli nella costruzione di una stalla.

Ecco chi disturba la pace tra i cittadini, provocando il malcon­tento e indisponendo il popolo.

Sac. B. Laurinavičius

Adutiškis, 20 luglio 1972

1        genitori della parrocchia di Adutiškis contro l'insensata persecuzione dei loro figli

In data 20 aprile 1972 i genitori della parrocchia di Adu­tiškis si sono rivolti al segretario generale del ce del pcdell'Unione Sovietica, L. Breznev, al ministro della pubbli­ca istruzione dell'Unione Sovietica, Furceva e al presidente del Consiglio degli affari religiosi, Kuroedov con la se­guente richiesta firmata da 18 padri e madri.

Esposto - Istanza

Noi e i nostri figli siamo spesso soggetti a molestie per il solo fatto di essere credenti.

Nel 1971 la direzione della scuola media di Adutiškis allon­tanò dall'altare i nostri figli. Quest'anno ha fatto un gran chiasso perché alcuni ragazzi, saliti all'organo, hanno cantato assieme agli altri. Inoltre ultimamente si è verificato un pandemonio per­ché i nostri figli indossavano dei vestiti bianchi.

Gli interrogatori dei nostri figli e la nostra « rieducazione » comportano molto logorìo della salute da parte nostra e dei nostri figli. Qualche volta finisce tragicamente. La signora Ales­sandra Stasiūnienė residente ad Adutiškis venne convocata dalla direzione della scuola perché suo figlio Julius andava in chiesa. Dopo il colloquio, svoltosi il 7 aprile 1972, essa rimase talmente irritata e scossa che poco dopo ebbe un collasso e morì il9 aprile. In quali spaventose condizioni si trovasse dopo es­sere uscita dalla scuola può attestarlo Birutė Juknienė, residente ad Adutiškis, con la quale ebbe uno scambio di parole.

L'allieva M. Skriekaité, molto calma e gentile, ebbe un quattro in condotta. La madre si informò del motivo per il quale le era stato dato un tale voto. Le fu risposto: « Ha avuto quattro in condotta perché va in chiesa ». Il 13 aprile 1972 ci siamo rivolti all'Ufficio provinciale per l'istruzione di Švenčionys per chiedere che si facessero smettere le prepotenze di chi turba la serenità nostra e dei nostri figli e pretende di interferire nella nostra coscienza.

Ci risposero che i problemi dei credenti sono di compe­tenza del sostituto del presidente del Comitato esecutivo della provincia, compagno Sauliunas. Il sostituto non voleva riceverci nonostante ci fossimo recati da lui in un giorno di udienza. Infine il compagno Sauliunas ci disse che i ragazzi fino all'età di 18 anni non hanno diritto di partecipare alle funzioni religiose. Se è così, allora perché i ragazzi partecipano ad ogni genere di sfilate? Per esempio, durante le feste del primo maggio o di ottobre? Se i bambini non possono indossare un vestito bianco, allora perché vengono loro imposte le cravatte rosse? Se non è permesso ad un ragazzo di portare una crocetta che ama tanto, perché allora gli vengono imposte le stelle rosse? Perché ven­gono iscritti negli ottobrini, nei pionieri e nei giovani comuni­sti, perché istruiscono i nostri figli a mentire ai genitori? Per­ché è vietato pronunciare ai bambini in chiesa: « Gesù, Ti amo » c non si vieta di bestemmiare e di parlare volgarmente in pubblico?

Per l'educazione dei figli siamo responsabili noi genitori da­vanti a Dio e alla società. Ma la vita ha dimostrato che la scuola sovietica è capace soltanto di insegnare ai ragazzi a leg­gere e a scrivere, ma non riesce ad educarli debitamente su come debbano vivere. Ecco alcuni esempi. Due anni fa l'alunno Kazlauskas della I scuola media di Adutiškis uscì di casa per andare a scuola, ma non la raggiunse mai: si impiccò. L'ex alun­no della scuola media diAdutiškis, Jasiulionis, ha compiuto un furto ed inoltre maltratta la propria madre. L'ex allievo Jukna è stato processato pubblicamente nel 1970 per aggressione a scopo di rapina di un soldato. L'allieva della scuola di 8 anni di Svirkai, Trečiokaitė, di 15-16 anni, è andata a « passare la notte » con il presidente della circoscrizione molto più vecchio di lei. Perciò le scuole dovrebbero rivolgere una maggiore at­tenzione verso i ragazzi che commettono atti amorali e crimi­nosi, e non ai nostri figli che non fanno nulla di male.

Preghiamo cortesemente di voler dare istruzioni agli organi competenti e alla direzione della scuola media di Adutiškis affinché i nostri figli non vengano molestati e possano restare membri di pieno diritto della scuola e della Chiesa; perché possano recarsi a scuola senza paura e ascoltare gli insegna­menti della Chiesa che sono indispensabili per l'uomo come il pane quotidiano. Noi vogliamo che i nostri figli sentano non solo le verità degli ateisti, ma anche che conoscano il vero Dio e la Chiesa da Lui fondata.

È evidente che A. Stasiūnienė è morta prima del tempo per difendere i diritti propri e quelli del figlio. State certi che nep­pure noi avremo paura della morte e che non cesseremo mai di difendere i diritti dei nostri figli.

Noi chiediamo la libertà di coscienza per i nostri figli in base all'articolo 124 della costituzione dell'Unione Sovietica, il quale garantisce a tutti i cittadini la libertà di coscienza.

Adutiškis, 20 aprile 1972

In data 13 luglio 1972 i suddetti esponenti vennero con­vocati presso la circoscrizione della parrocchia di Adutiškis. Il sostituto del presidente del Comitato esecutivo della pro­vincia di Švenčionys, V. Sauliunas disse loro: « Compagni, noi vi abbiamo convocato qui per spiegarvi ciò che è permesso ai credenti... Vi si permette di avere un prete, un organista, un sagrestano e il campanaro. Non è possibile avere un vicario, perché i preti sono pochi. Tutto deve es­sere amministrato dal comitato parrocchiale. Il prete non può raccogliere offerte, ma soltanto il cassiere può farlo... È vietato ai ragazzi servire il prete durante la messa, par­tecipare alle processioni, spargere fiori; non è permesso ai ragazzi di recitare assieme al prete: "Gesù, Ti amo"; è vietato ai ragazzi cantare nel coro e insegnar loro il canto... Spiegate al prete che gli è permesso: celebrare la messa, visitare i malati, accompagnare i defunti dalla chiesa al cimitero. Però non è permesso al prete di accompagnare il morto dalla propria casa e di pregare nelle abitazioni dei credenti. Dite che il prete ordini alla gente di non cantare nell'accompagnare un morto. Non è permesso al prete di preparare i bambini alla prima comunione, ma soltanto di esaminarli... ». V. Sauliunas chiese agli uomini: « Chi vi ha autorizzato ad erigere una croce sul sagrato? Chi vi ha permesso di riparare il recinto del sagrato? Voi non avete chiesto il permesso a nessuno ». « Io sono stato da voi — rispose Bičelis, membro del comitato parrocchiale, — ...e vi chiesi mattoni e cemento, ma voi rispondeste: "Non ne ab­biamo per la chiesa. C'è una carenza di materiali da co­struzione" ». Durante tutto il tempo del colloquio la gente si è comportata coraggiosamente. Povilas Burokas tirò fuori di tasca persino la costituzione dell'Unione Sovietica e sta­va per leggere l'articolo che parla della libertà di coscienza, ma il rappresentante del governo lo fermò. Il presidente della circoscrizione sottopose ai convenuti un documento da firmare, nel quale si diceva che i bambini nella parrocchia servivano la messa, spargevano i fiori, cantavano in coro, eccetera. Nessuno lo firmò.