IL PROCESSO N. 345

La mattina del 4 luglio 1974 agenti della Sicurezza per­quisirono a Kaunas l'abitazione dell'arrestato J. Grazys. Nel pomeriggio fu eseguita una seconda perquisizione. Il giorno seguente essa venne ripetuta per la terza volta.

Sebbene fossero già trascorsi 9 mesi dalle perquisizioni e dagli arresti in massa, pare tuttavia che il kgb non intenda concludere l'istruttoria, dato che la LKB KRONIKA continua ad uscire.

Diverse persone, presso le quali sono state eseguite per­quisizioni, vengono convocate per interrogatori e messe a confronto con quelle già arrestate.

Non si hanno notizie di come vengano trattati gli ar­restati.

I cattolici della Lituania lamentano la scarsa sensibilità del mondo libero di fronte a questi soprusi della Sicurezza: in effetti nelle prigioni soffrono persone completamente innocenti!

 

ARCIDIOCESI DI VILNIUS

Vilnius

Come si calpestano i diritti del cittadino

Al Procuratore generale dell'urss, al Presidente del Comitato per la Sicurezza dello Stato presso il Consiglio dei ministri, Mosca.

Esposto di Vladas Lapienis, residente a Vilnius in via Daugu­vietis, 5-11

 

Il 20 novembre 1973 funzionari della Sicurezza guidati dal tenente maggiore Gudas effettuarono una perquisizione nella mia abitazione, sequestrando una macchina da scrivere, molti libri religiosi antichi e diversi altri dattiloscritti. Tuttavia non tutti i libri requisiti vennero elencati nel verbale di perquisizione o nella lista dei libri sequestrati, ma vennero semplicemente messi in alcuni sacchi non sigillati e portati via. A questo riguardo vorrei rilevare che i libri costituiscono dei beni culturali e per­ciò bisognerebbe trattarli con il debito riguardo. In questa ma­niera, nel mio caso, è stato brutalmente violato l'art. 192 del Codice di procedura penale della rss di Lituania.

Perciò il 4 gennaio 1974 mi rivolsi al procuratore della rss di Lituania,* pregandolo, in base all'art. 24 del cpp, di riparare alla violazione della legge e di disporre la riconsegna dei libri o almeno la loro elencazione in una lista supplementare. In tal modo verrebbe riparata la brutale violazione delle leggi sovie­tiche perpetrata dai funzionari della Sicurezza.

Ma tutto è stato inutile. Il 14 gennaio di quest'anno ho rice­vuto dalla Procura una lettera del seguente tenore: "Risponden­do al Vostro esposto del 4 gennaio 1974, Vi comunico che la perquisizione effettuata il 20 novembre 1973 presso la Vostra abitazione in relazione all'istruttoria di un processo penale era stata autorizzata dal procuratore. Il problema riguardante la re­stituzione della letteratura sequestratavi durante la perquisizione verrà discusso nel corso dell'istruttoria".

Tale risposta del procuratore è sostanzialmente insoddisfa­cente perché già durante la perquisizione mi era apparso chiaro che quanto veniva fatto recava l'autorizzazione del procuratore. Infatti io non ho sollevato obiezioni a questo riguardo; ma ho protestato contro la violazione dell'art. 192 del cpp della rss di Lituania da parte degli agenti della Sicurezza. La risposta datami fa nascere il sospetto che lo stesso procuratore dipenda dalla Sicurezza, oppure che esso voglia ancora una volta e d'accordo con essa prendere in giro un cittadino. Se il procuratore fosse stato animato da un minimo di buona volontà, egli stesso avreb­be dovuto disporre che mi venissero restituiti i libri oppure che questi fossero elencati in una lista a parte, comunicandomi tale circostanza. Se la stessa Procura viola le leggi sovietiche, come si può pretendere che le osservino i semplici cittadini? O forse una parte delle norme giuridiche resta sulla carta, mentre l'al­tra serve per fare propaganda all'estero?

L'art. 12 del cpp della rss di Lituania afferma che tutti i

 

* Cfr. Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania, n. 9, pp. 390-393 (NdT)

 

cittadini sono uguali di fronte alla legge, mentre nella vita quo­tidiana vediamo ben altro. Ai credenti — in questo caso ai cat­tolici — vengono requisiti le macchine da scrivere, i libri di contenuto religioso e i manoscritti; nelle loro abitazioni vengono effettuate frequentissime perquisizioni. Ma contemporaneamente gli ateisti non subiscono nulla di tutto ciò, hanno modo di propagare liberamente le proprie concezioni, vengono messi a loro disposizione in maniera massiccia i mezzi governativi di informazione: stampa, radio, televisione, cinema e teatro.

I cattolici vengono convocati presso la Sicurezza e sottoposti ad interrogatori, o marciscono nelle prigioni per il possesso di libri religiosi vecchi e nuovi, e di dattiloscritti. Durante 30 anni di ordinamento sovietico in Lituania i cattolici non hanno mai potuto avere, e non hanno neppure oggi, un giornale o una ri­vista; non possono stampare nemmeno un catechismo.

Se tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, come af­fermano i testi di diritto sovietici, allora perché nei riguardi di noi cattolici non vengono applicate le norme di legge, bensì i pareri, le concezioni oppure le istruzioni degli ateisti-agenti della Sicurezza o dei funzionari del governo?

Viene continuamente asserito, attraverso la stampa e la radio, che a tutti i cittadini sovietici sono assicurati i più ampi diritti e libertà. Tuttavia noi cattolici dichiariamo senza tema di smen­tita che non soltanto non abbiamo le libertà di parola e di stampa, ma per di più non godiamo nemmeno dei più elementari diritti dell'uomo. I sacerdoti Antanas Šeškevičius, Juozas Zdeb-skis, Prosperas Bubnys sono stati condannati unicamente per il fatto di aver osato, in adempimento dei propri precisi doveri, insegnare ai bambini le fondamentali verità della fede cattolica contenute nel catechismo; mentre Jonas Stašaitis, Petras Pluira, Paulius Petronis e V. Jaugelis si trovano in carcere arrestati soltanto per aver cercato di riprodurre libri di preghiere.

La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sottoscritta anche dall'Unione Sovietica, non ha alcun significato pratico nel­la nostra vita. I cattolici si imbattono continuamente in viola­zioni della Costituzione sovietica, che garantisce libertà di co­scienza, e in continue discriminazioni sul posto di lavoro, nella scuola e nella vita sociale in genere.

Penso che converrete con me su questo punto: come alla nor­male vita dell'uomo, credente o ateista, sono necessari l'aria e il nutrimento, così per tutti i cittadini è necessaria la libertà e l'uguaglianza di fronte alle leggi: uguaglianza di diritti e di doveri.

"Senza libertà di riunione, di stampa e di parola, — insegnava Lenin, — tutte le chiacchiere sulla religione sono menzogne"

 

 (scritti di Lenin, voi. VI, 1951, art. "L'autocrazia vacilla").

Se i rappresentanti del governo discriminano i propri citta­dini per le loro convinzioni religiose, con ciò stesso indispon­gono i credenti — che costituiscono la maggioranza — nei ri­guardi dell'ordinamento esistente.

Chi pensa che con le persecuzioni si possano distruggere la Chiesa e i credenti sbaglia di grosso. Perfino Lenin affermava che la propagazione dell'ateismo "nel paese della vittoriosa ri­voluzione proletaria" è possibile non vietando la religione (con ciò si provoca il fanatismo religioso), ma dimostrando in modo adeguato la verità ai credenti ed inserendoli nella vita sociale attiva (dall'articolo "La concezione scientifica del mondo e la formazione ateista", "Tiesa" 1 marzo 1974).

Inoltre la realtà mostra che gli ateisti, non rispettando gli insegnamenti di Lenin e usando coercizioni brutali, hanno fatto sì che il numero dei credenti non solo non sia diminuito, ma al contrario sia in aumento.

Il mondo è vario, la gente anche. Non è quindi logico né umano rendere tutti ateisti con la violenza. Una tale politica che mira ad uniformare i pensieri della gente, ad automatizzare il suo comportamento, è dannosa sia per lo Stato che per i cittadini.

11        crescente diffondersi di piaghe sociali quali l'alcoolismo, il teppismo, i divorzi, i furti, con il riempirsi delle colonie di lavori forzati per minorenni, delle prigioni e dei lager, non è forse una conseguenza della ateizzazione forzata?

"Il rispetto della legge e del diritto — ha sottolineato L. Breznev nel xxiv congresso del pcus, — deve diventare con­vinzione personale di ogni individuo. Qualsiasi tentativo di de­viare dalla legge o di aggirarla, comunque motivato, non può essere tollerato. Così pure non si possono tollerare le violazioni dei diritti dell'uomo, la degradazione della dignità dei cittadini. Per noi comunisti, sostenitori degli ideali più umani, tutto ciò è una questione di principio".

Prego perciò di dare disposizioni agli organi della rss di Lituania affinché si ponga rimedio alle violazioni delle leggi sovietiche (art. 192 del cpp della rss di Lituania); perché vengano impedite le discriminazioni dei credenti e le violazioni dei più elementari diritti dell'uomo, garantiti dalla Costituzione sovietica e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

12        luglio 1974

 

Vladas Lapienis

 

Ignalina

Cos'è vietato e cos'è permesso ai credenti

Il 28 marzo 1974 presso il Comitato esecutivo della provincia di Ignalina vennero convocati i presidenti dei comitati parrocchiali cattolici della provincia e i presidenti dei comitati di revisione dei medesimi. Per circa tre ore il vicepresidente del Comitato esecutivo, Vaitonis, e il dirigente della Sezione finanze, A. Ziukas, hanno indottri­nato i convenuti.

Dapprima Vaitonis parlò del "più democratico Stato del mondo", l'Unione Sovietica, nel quale tutti gli uomini godono di pari diritti al lavoro, al riposo, alla libertà di coscienza, di religione, di stampa, e così via. Poi, dopo aver "dimostrato" ai presenti che la religione in Lituania gode di piena libertà, Vaitonis si mise ad elencare tutto ciò che è vietato:

  1. È proibito preparare i giovani alla prima comunione in gruppo. Il prete ha solo il diritto di esaminare i ra­gazzi singolarmente.

  2. Ai ragazzi è fatto divieto di servire la Messa, di cantare in coro, di prendere parte alle processioni. Se essi fanno anche una sola di queste cose, verranno puniti i genitori. Questi ultimi devono tenere a mente che i giovani appartengono più allo Stato che a loro.

« È nato un bambino, ed egli non è già più tuo, ma dello Stato », sottolineò Vaitonis.

  3. Non è permesso invitare i sacerdoti di altre provin­ce per le festività; può farlo solo il comitato parrocchiale e non il parroco. Dell'eventuale invito inoltre bisogna dare comunicazione per iscritto al vicepresidente del Comitato esecutivo della provincia, il quale farà sapere quali preti possono venire e quali no. Soltanto il decano può parte­cipare alle festività patronali senza l'autorizzazione della provincia. Non è permesso invitare a parteciparvi i sacer­doti di un'altra provincia.

  4. Per eseguire anche la più piccola riparazione della chiesa o degli edifici della parrocchia è necessario ottenere il permesso della provincia. Inoltre sull'opportunità di effettuare delle riparazioni bisogna consigliarsi con la pro­vincia e non con il parroco.

  5. L'effettuazione di collette in chiesa è consentita sol­tanto ad un delegato del comitato parrocchiale. Il denaro raccolto deve venire conservato nelle casse di risparmio governative. È inoltre assolutamente obbligatorio destina­re parte delle somme raccolte al fondo per la pace.

  6. Se in una famiglia di credenti uno dei membri si è suicidato, il prete non ha il diritto di rifiutargli la sepol­tura cattolica.

  7. Ai preti è fatto divieto di parlare della scarsa mo­ralità della gente nelle prediche; egli deve parlare soltanto di Dio.

  8. È vietato ai preti unire in matrimonio o battezzare se non siano stati rilasciati i certificati civili di matrimonio odi nascita. Senza il suddetto certificato non è consentito battezzare neanche un bambino che versi in pericolo di vita.

  9.        I credenti non hanno alcun diritto di effettuare raccolte di firme oppure di denunciare presunte violazioni della libertà di religione.

 

Il sostituto del presidente del Comitato esecutivo, Vai­tonis, non concesse la parola a chi voleva pronunciarsi su tali disposizioni. Furibondo, continuava a picchiare sul tavolo.

Il presidente del comitato parrocchiale di Vosiūnai si ri­volse allora a Vaitonis, dicendo che egli di domenica non poteva lasciare i bambini soli in casa, poiché se questi per giocare avessero dato fuoco alla casa, chi ne avrebbe ri­sposto? Vaitonis lo zittì dicendogli che lo Stato lo avrebbe privato del diritto di paternità se egli avesse portato i figli in chiesa.

« Non potete togliermeli, perché i figli sono miei! Piut­tosto pensate prima di tutto voi ad osservare le vostre leggi! », replicò il genitore.

Il dirigente della sezione finanze controllò i registri delle entrate e delle uscite delle parrocchie.

Nelle località di campagna è venuto in uso, in qualche posto, di rilasciare i certificati di nascita soltanto alcune volte all'anno. Nel giorno indicato i padrini devono portare

neonati presso la circoscrizione, dove viene celebrato ilrito del "conferimento del nome". Altrimenti non vengono rilasciati i certificati di nascita. Ma è giusto che dei cattolici debbano tenere per alcuni mesi i propri figli non battezzati, quando la religione li obbliga a battezzare al più presto i figli, anche se non versano in pericolo di vita?

 

Adutiškis

Grossolane intimidazioni contro un sacerdote

Al Ministro della giustizia della rss di Lituania, Arankevi-čius; all'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, K. Tumėnas; ai vescovi e agli amministratori delle diocesi della Lituania.

Esposto

La Costituzione dell'urss riconosce a tutti i cittadini la li­bertà di culto (art. 124) e garantisce con varie leggi le libertà di parola, di stampa, di riunione e di corteo (art. 125); mentre il cp della rss di Lituania (art. 145) prevede persino delle pene per coloro che ostacolino la celebrazione di riti religiosi. La pratica, tuttavia, mostra ben altro.

Nei giorni 15-17 marzo 1974 nella chiesa di Adutiškis si svolse la predicazione quaresimale. Essa era del tutto tollerata persino sotto il regime di Stalin. Invece, subito dopo la conclu­sione di questi esercizi spirituali, il 20 marzo il presidente della circoscrizione di Adutiškis, convocatomi nella sede della circo­scrizione, redasse nei miei confronti un verbale di "reato ammi­nistrativo", nel quale mi si accusava di avere violato il secondo comma del decreto 12 maggio 1966 del Presidium del Soviet supremo della rss di Lituania nei giorni 15-17 marzo. Poco dopo mi vennero inviate due comunicazioni con le quali mi si informava che la Commissione amministrativa del Comitato esecutivo della provincia di Švenčionys avrebbe esaminato il mio caso il 25 marzo e pertanto mi si ingiungeva di essere presente.

Il giorno fissato alla riunione erano presenti: il sostituto del presidente del Comitato escutivo della provincia di Švenčionys, Mačionis, il comandante della milizia Archipov ed altri membri della Commissione amministrativa. Mačionismi accusò di avere violato il secondo comma del decreto 12 maggio 1966 del Pre­sidium del Soviet supremo della rss di Lituania invitando alcuni sacerdoti senza autorizzazione della provincia in occasione della predicazione quaresimale. Nell'atto di accusa però era scritto: "Ha violato le leggi organizzando e svolgendo riunioni religiose". Nell'ordinaria predicazione quaresimale essi avevano vi­sto le "riunioni"!

Nel citato comma del decreto del ps s della rss di Lituania del 12.V.1966, si parla "Della violazione delle norme stabilite dalle leggi, organizzando e svolgendo riunioni religiose, proces­sioni ed altri riti del culto". Questo comma contraddice in ma­niera lampante l'art. 125 della Costituzione dell'urss, il quale garantisce ai cittadini la piena libertà di riunione; e nella chiesa di Adutiškis non vi era stata alcuna riunione, ma vi si era sol­tanto svolta la normale predicazione quaresimale.

Inoltre nel decreto 12.V.1966 del pss non è fatto alcun accenno al divieto di invitare sacerdoti alle festività patronali o agli esercizi spirituali, né ad alcuna autorizzazione da chiedersi alla provincia per consentire ai sacerdoti di intervenirvi. Da chi e quando sia stata varata la legge che vieta di invitare i sacer­doti alle festività senza il permesso della provincia non mi è stato reso noto.

Nel corso della citata riunione, dopo aver ascoltato l'atto di accusa, tentai di spiegare che essa era senza alcun fondamento, ma un miliziano presente mi interruppe gridando: "Taci! Que­sta non è la chiesa!". Il sostituto del presidente del ce della provincia, Mačionis, mi chiese allora: "È vero o no che avevi invitato un prete?". Risposi affermativamente. Allora Mačionis disse: "Ci basta questo"; mentre il comandante della milizia, Archipov, minacciò: "Vi metteremo a posto noi!".

È molto doloroso constatare come il comandante della milizia non provveda invece a "mettere a posto" i teppisti, che di­struggono le croci e i monumenti persino nei cimiteri. Nella nostra parrocchia essi devastarono il cimitero del villaggio di Davaisiai nel 1959; nel cimitero del villaggio di Jakeliai nel 1972 hanno abbattuto una artistica edicola che da secoli ornava quel luogo. Una sera di ottobre del 1973 alcuni teppisti, dopo aver rimosso le croci nel cimitero di Adutiškis, scorrazzarono con esse per le strade della città. E che dire delle migliaia di alcoolizzati ed altri delinquenti in circolazione? Tuttavia il capo della milizia non si preoccupa dei loro crimini, ma dedica tutte le sue energie alla lotta contro la Chiesa.

"Vi metteremo a posto noi!". È molto facile "mettere a po­sto" un sacerdote privo di diritti, seppure innocente. Ognuno può calunniare ed accusare il sacerdote di qualsiasi cosa, e non si esita a farlo. Ma nessuno ha il diritto di difendere il sacer­dote; ciò sarebbe un reato.

Mi hanno convocato alla riunione, però non mi hanno per­messo di parlare. Allora perché convocarmi? Per questo mi vedo costretto a scrivere agli organi del governo sovietico.

1.         Non rinuncerò ai miei diritti e doveri di sacerdote né a be­neficio del comitato parrocchiale, né del governo civile.

2.         Ho invitato dei sacerdoti alla predicazione quaresimale in quanto la legge ecclesiastica e le deliberazioni del Sinodo del-l'Arcidiocesi di Vilnius pongono al parroco i seguenti obblighi:

 

a.    "Provvedano i parroci affinché ogni anno vengano pro­mossi esercizi spirituali di almeno tre giorni, perché i credenti possano prepararsi a ricevere i santi sacramenti" (art. 22).

b.    "I parroci compiano ogni sforzo affinché i fedeli loro affidati si preparino il meglio possibile alla comunione pasquale per mezzo degli esercizi spirituali oppure di speciali predicazioni e provvedano ad invitare un numero di sacerdoti sufficiente per l'ascolto delle confessioni" (art. 381).

Nei citati decreti sinodali è chiaramente detto: "provvedano i parroci" e non il comitato parrocchiale o il governo civile.

3.         Ho invitato soltanto quei sacerdoti di cui si parla nell'ac­cordo del 1948, firmato dal comitato della chiesa di Adutiškis con il Comitato esecutivo della provincia di Švenčionėliai. In esso è scritto chiaramente: "... e non permettere la celebra­zione dei riti religiosi agli inservienti del culto, i quali non sono registrati dall'incaricato del Consiglio per gli affari reli­giosi per la rss di Lituania". Io quindi ho invitato soltanto dei sacerdoti registrati. Il suddetto accordo è tuttora in vigore, perché esistono lo stesso Stato e la medesima Chiesa. L'accordo non può essere annullato o cambiato unilateralmente.

4.         Ho invitato i sacerdoti senza alcuna autorizzazione perché il sostituto del presidente del ce della provincia di Švenčionys mi aveva detto in data 10 luglio 1972: "Se la chiederete, vi daremo l'autorizzazione per 2-3 preti". Ma come avrebbero po­tuto tre sacerdoti ascoltare 3.105 confessioni, quante ve ne sono state quest'anno durante la predicazione quaresimale?

Inoltre il 21 novembre 1973 Mačionis mi aveva detto: "In avvenire sarà il comitato parrocchiale a chiedere l'autorizzazione ad invitare i sacerdoti per le festività. La concederemo, ma non sempre nel numero in cui saranno chiesti, e non sempre quelli che verranno invitati; ne invieremo anche di nostri". Nella storia della Chiesa mai si è sentito che un governo civile, e per di più ateista, invìi dei "sacerdoti propri" per amministrare i sacra­menti ai credenti. Si tratta ovviamente della più brutale e inam­missibile ingerenza negli affari interni della Chiesa. Sulla stampa viene scritto spesso che lo Stato non interferisce nella vita in­terna della Chiesa; ad esempio nella pubblicazione di J. Aničas e J. Rimaitis Tarybiniai įstatymai apie religiniu kultus ir sąžinės laisvė (Le leggi sovietiche sui culti religiosi e la libertà di co­scienza)Vilnius 1970, p. 21.

5. Il vescovo M. Valančius nel suo libro Maskoliams katali­kus persekiojant (Sotto la persecuzione moscovita dei cattolici) Kaunas 1929, p. 39, e anche A. Alekna in Bažnyčios istorijoje (Nella storia della Chiesa) Tilžė 1920, p. 223, scrivono che lo zar aveva promulgato un "ukaz" con il quale vietava ai sacerdoti di recarsi alle festività religiose senza il permesso delle autorità governative. Sono sicuro che Lenin, annullando gli "ukaz" dello zar, ha soppresso anche quello, veramente ridicolo, con il quale si vietava ai sacerdoti di intervenire alle festività religiose e ai ritiri spirituali. Durante il regime sovietico nessuno ha pro­mulgato una legge di questo genere. Quindi invitando i sacer­doti io non ho violato alcuna disposizione. I capricci di singoli funzionari sovietici non costituiscono una legge. È operante e vincolante soltanto una legge promulgata ufficialmente che non contraddica la Costituzione. Quindi la Commissione amministra­tiva mi ha sottoposto ad interrogatorio e mi ha ammonito senza alcun fondamento giuridico.

Nella delibera della Commissione amministrativa è detto che io ho facoltà di impugnare tale delibera di fronte al tribunale del popolo; tuttavia io non l'ho impugnata. Da tempo mi sono ormai convinto che il tribunale del popolo non prende in con­siderazione alcun documento, neanche quelli che persino i giu­risti sovietici hanno riconosciuto come molto importanti e suf­ficienti ad annullare la confisca illegale di un edificio che io avevo costruito nei pressi della chiesa di Švenčionėliai. Il tribunale ha soddisfatto i desideri degli organi del governo sovietico unica­mente perché io mi sono rifiutato di diventare un loro lacchè.

Prego cortesemente l'incaricato del Consiglio per gli affari reli­giosi di annullare l'ammonimento rivoltomi senza alcun fonda­mento e di spiegare al sostituto del presidente della provincia di Švenčionys, Mačionis, che egli non aveva il diritto di giudi­carmi e di ammonirmi in base al decreto 12.V.1966 del Presi-dium del Soviet supremo della rss di Lituania, perché io non l'ho mai violato.

Adutiškis, 30 aprile 1974

Sac. B. Laurinavičius

Varėna

Educazione alla violenza...

Il 13 aprile 1974 durante la funzione religiosa alcuni teppisti colpirono con pezzi di mattone la chiesa di Varėna.La milizia si rifiutò di prendere qualsiasi misura, perché non vi era stato "spargimento di sangue".

Il 20 aprile 1974 a Varėna, durante una serata ateistica di studenti, venne schernita la figura del Crocefisso, certa­mente staccato da qualche tomba del cimitero. Si derise quella grande Personalità, che morì per un'idea. La corri­spondente del giornale provinciale "Raudonoji Vėliava" (Bandiera rossa) del 28 maggio 1974 ha espresso la sua soddisfazione per il fatto che la gioventù viene educata in maniera giusta a schernire le funzioni religiose. Con tale "educazione" invece viene distrutto nel cuore del ragazzo ciò che vi è di ideale e di sacro, fino a che tali ragazzi diverranno ospiti delle colonie disciplinari...

 

Dubičiai

Il presidente del Comitato esecutivo della circoscrizione di Dubičiai, J. Vaicekauskas, verso la fine del 1971inviò al presidente del comitato della chiesa di Dubičiai, B. Šve­das, uno scritto di questo tenore:

« Il 4 dicembre 1971, verso le ore 14, l'inserviente del culto della Vostra comunità religiosa, Mykolas Petravičius, senza es­servi stato autorizzato dal Comitato esecutivo della provincia, ha accompagnato in chiesa recando gli stendardi funebri, per la via centrale di Dubičiai, la defunta Jeva Raginienè, abitante nel villaggio diDubičiai.

In base al comma 6 del paragrafo 9 dell'istruzione sulla pro­cedura di applicazione delle leggi sui culti religiosi, le proces­sioni e le funzioni religiose sono vietate all'aperto, ad eccezione del rito della tumulazione al cimitero. Chiediamo perciò che l'inserviente del culto Mykolas Petravičius venga ammonito, af­finché in futuro non torni a violare l'ordine stabilito dalle leggi".