Petizione dì sacerdoti in difesa del loro vescovo Esposto

All'Incaricato del Consiglio per gli affari religiosi della Re­pubblica socialista sovietica di Lituania.

Noi, sottoscritti sacerdoti della diocesi di Kaišedorys, chie­diamo con la presente che venga consentito al vescovo di Kaišedorys, Vincentas Sladkevičius, attualmente residente a Ne­munėlio Radviliškis, provincia di Biržai, di poter esercitare il proprio ministero episcopale nella diocesi di Kaišedorys.

30 luglio 1974

Mittente: canonico Jonas Dzekunskas, residente a Žiežma­riai, provincia di Kaišedorys.

Firmano la presente istanza i seguenti 45 sacerdoti della diocesi di Kaišedorys:

T. Akstinas, A. Alkovikas, J. Anusevičius, A. Arminas, A. Cerna, Z. Červokas, J. Čiurlionis, J. Danyla, canonico J. Dze­kunskas, P. Genevičius, P. Gerbutavičius, J. Gylys, Z. Gu­stainis, can. J. Jonys, A. Jurgilas, J. Kaušyla, I. Kavaliauskas, J. Kazlauskas, canonico S. Kiškis, B. Klimas, E. Kraujalis, P. Leskauskas, J. Matulaitis, J. Masalskas, K. Miknevičius, A. Mi­lašius, H. Misiūnas, Z. Navickas, Z. Neciunskas, M. Petkevi­čius, canonico J. Pilka, V. Pinkevičius, L. Puzonas, S. Smo-linskis, Z. Stančiauskas, S. Stankevičius, R. Šalčiunas, P. Žiu­gžda, J. Tomkus, P. Valadka, P. Venckus, Č. Zažeckas, J. Zu-brus, J. Z vinys, K. Žilys.

Una richiesta analoga è stata anche inviata al Consiglio degli affari religiosi a Mosca.

In data 5 agosto 1974 l'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, K. Tumėnas, convocò il canonico Jonas Pilka, attuale parroco di Daugai, al quale chiese bruscamente:

« Perché non siete contenti dell'attuale amministrazione della diocesi di Kaišedorys? Ecco qui lo scritto che avete firmato. Ci è noto inoltre che tra i promotori di questo scritto non occupate certo l'ultimo posto ».

« Questo scritto non è rivolto contro l'Amministratore, — spiegò il canonico Pilka. — Noi abbiamo il vescovo V. Sladkevičius, al quale i funzionari del governo non permet­tono di svolgere il proprio ministero episcopale. Perciò noi sacerdoti della diocesi di Kaišedorys chiediamo che gli venga consentito di farlo perché non è normale che la diocesi sia governata da un Amministratore. »

« Effettivamente, — convenne K. Tumėnas, — la situa­zione non è normale ma voi con scritti simili arrecate un gran dispiacere all'Amministratore della diocesi di Kaišedorys ».

Poi K. Tumėnas spiegò che il vescovo V. Sladkevičius era stato consacrato senza l'autorizzazione del governo e perciò non poteva prendere il governo della diocesi di Kaišedorys. Da allora e fino allo scorso anno la diocesi di Kaišedorys è stata amministrata dal canonico Povilas Bakšys, con sede a Vievis e non a Kaišedorys. Dopo la sua morte la diocesi è ora amministrata da un sacerdote nominato dal governo.

« È stato il vescovo Sladkevičius a rivolgersi ai preti affin­ché questi chiedessero al governo il permesso di fargli eser­citare il proprio ministero? » chiese l'incaricato.

« No, non è stato lui! »

« Forse egli non intende assumere la carica episcopale ... Perché quindi voi avete fatto questo passo senza esservi accordati con lui? »

« Se il vescovo ha accettato di essere consacrato, con ciò stesso evidentemente egli intende anche compiere i propri doveri di vescovo ... ».

« Quando avete deciso di scrivere questo documento? »

« Durante i funerali del canonico Povilas Bakšys ».

« Come mai in questo scritto non avete portato argomentazioni di alcun genere a sostegno della vostra richiesta? »

« E quali argomentazioni dovrebbero occorrere? — re­plicò il canonico Pilka. — Egli è il vescovo di Kaišedorys e noi sacerdoti chiediamo che gli venga permesso di compiere il proprio dovere ».

« Il Vaticano ha commesso un errore, — sentenziò K. Tumėnas, — e quindi spetta ora a lui porvi riparo ». « Il vescovo J. Eteponavičius venne consacrato d'accordo con il governo; con tutto ciò non gli viene ugualmente per­messo di esercitare il proprio ministero ... ».

« Egli non ha osservato le leggi sovietiche ».

L'incaricato insistette poi per sapere chi aveva preso l'ini­ziativa di quell'esposto; chi aveva redatto il testo; chi aveva raccolto le firme, eccetera, ma il canonico Pilka si rifiutò di fornire qualsiasi informazione.

Terminando il colloquio, Tumėnas disse che non sarebbe stata data alcuna risposta scritta alla richiesta e impose al canonico Pilka di firmare un foglio nel quale egli dichiarava di essere stato messo a conoscenza dei motivi per cui al vescovo V. Sladkevičius non veniva permesso l'esercizio del proprio ministero.

« Con tale scritto avete dato un grosso dispiacere all'Am­ministratore e avete danneggiato il vescovo e il governo civile, il quale non vede di buon occhio gli esposti », concluse il funzionario.

Negata agli ammalati l'assistenza religiosa

Esposto del sac. Jonas Babonas

A S.E. l'Amministratore dell'arcidiocesi di Kaunas e della diocesi di Vilkaviškis.

Il sottoscritto, sac. J. Babonas, vicario incaricato della chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Šiauliai nonché di quella di Auk-štelkės, in data 30 maggio 1974 venne chiamato dai degenti della casa di riposo per anziani invalidi di Aukštelkės. La si­gnorina Eugenija Gudeikytė, che mi aveva chiamato, mi disse che vi erano molti malati i quali volevano ricevere i santi sacramenti. Per poter servire più rapidamente gli infermi e non fare molto tardi, chiesi al rev. Alfredas Vanagas di aiutarmi. Dopo la funzione serale, ci recammo alla casa di riposo ed amministrammo i santi sacramenti agli anziani malati.

Però la guardarobiera Dana Mikalajūnienė si accorse della nostra presenza e andò ad avvertire il sanitario Navickas perchéci cacciasse fuori. Visto che questi si rifiutò di farlo, D. Mi­kalajūnienė ci denunciò a Vladas Kačinskas, direttore della casa di riposo.

Stavamo per portare a termine l'amministrazione dei santi sacramenti agli infermi quando giunse il direttore che mi fer­mò alla porta come un ladro e cominciò ad inveirmi contro. Poi, vedendo nel corridoio il sanitario Navickas e la sanitaria di turno, Janina Petrauskienė, prese ad insultarli gridando a più non posso. Li scherniva sollecitandoli a confessarsi, unica­mente per aver consentito l'accesso nella casa di riposo ad un sacerdote.

Sentendo tutto quel chiasso arrivò E. Gudeikyté, la donna che ci aveva chiamato. Il direttore Kačinskas l'accusò di essere stata l'organizzatrice della faccenda.

Tentai di spiegare al direttore che noi non avevamo vio­lato né la Costituzione né le leggi sovietiche, dato che esse consentono di amministrare i santi sacramenti ai malati nelle carceri, negli ospedali e nelle case di riposo, se questi lo ri­chiedono. Dissi che eravamo venuti nella casa di riposo di Aukštelkės unicamente su richiesta degli anziani malati, ma il direttore non volle nemmeno sentirci e dopo averci insul­tato chiamandoci farabutti, "huligani" e delinquenti, condusse me e la Gudeikyté in segreteria.

Di là il direttore telefonò al sostituto del presidente del Comitato esecutivo della provincia di Šiauliai, Beržinis e ai funzionari del comitato per la Sicurezza, avvisandoli di aver fermato dei preti penetrati abusivamente nella casa di riposo.

Il sostituto rispose che sarebbe venuto subito e ordinò di non lasciarci uscire.

Un'ora dopo arrivarono il sostituto Beržinis, il capo della Sicurezza Urbonavičius e altri due agenti della Sicurezza.

Il sostituto Beržinis mi chiese se lo conoscessi e si qualificò. Poi prese a rimproverarmi perché mi aveva convocato per ben tre volte e io non mi ero presentato. Io risposi di non aver mai ricevuto alcuna convocazione. Il sostituto ribadì altre due volte la stessa accusa, ma quando gli domandai in che data mi aveva convocato, non rispose.

Dopo tale introduzione E. Gudeikyté venne portata in una altra stanza; quindi si misero ad interrogarmi e ad accusarmi di essermi introdotto illecitamente nella casa di riposo. Ri­cordai loro che le leggi sovietiche permettono al sacerdote di visitare i malati negli ospedali, nelle case di riposo e perfino nelle carceri, e il capo della Sicurezza lo confermò, dichiarando però che nella casa di riposo per anziani invalidi di Aukštelkės l'ordine era diverso. Alla domanda se il regolamento interno di un'istituzione statale possa essere dif­forme dalle leggi dello Stato, il capo della Sicurezza non rispose.

Alla mia domanda e alle mie spiegazioni i funzionari non rivolsero alcuna attenzione.

Venni accusato di aver organizzato tra gli anziani una raccolta di firme per non si sa che cosa. Inoltre appresi che circa sei mesi prima gli ospiti della casa di riposo per an­ziani invalidi di Aukštelkės avevano preparato una domanda da inviare al presidente del Comitato esecutivo della pro­vincia di Šiauliai, nella quale gli si chiedeva di intervenire affinché il direttore Kačinskas permettesse ad un sacerdote di recarsi dai vecchi malati con i santi sacramenti. Tuttavia dietro denuncia di uno dei degenti il direttore aveva seque­strato lo scritto impedendone la spedizione, sebbene esso fosse già stato firmato da oltre 40 anziani.

Venni inoltre accusato di aver organizzato una raccolta di firme quando ancora lavoravo a Kaunas e, una volta venuto a Šiauliai, di aver organizzato il trasporto di una croce sul "Monte delle Croci"; di celebrare nella chiesa di Aukštelkės senza l'autorizzazione del sostituto Beržinis; di raccogliere offerte dai fedeli, ed altro.

Intanto in un altro ufficio anche Eugenija Gudeikytė ve­niva sottoposta ad interrogatorio. Anch'essa venne accuraV tamente perquisita e le venne sequestrato il passaporto, un libro di preghiere, le chiavi della chiesa di Aukštelkės e quanto altro le trovarono indosso.

Il sostituto Beržinis venne nella stanza dove mi trovavo portando con sé le chiavi della chiesa di Aukštelkės, me le mostrò e gridando chiese di sapere perché erano tenute da quella donna e non dal presidente del comitato parrocchiale. Spiegai che E. Gudeikytė addobbava la chiesa e si occupava dei fiori, mentre il presidente del comitato parrocchiale non poteva stare tutto il tempo in chiesa a svolgere quel lavoro. Inoltre ad Aukštelkės non soltanto non c'era una canonica, ma nemmeno gente che abitando vicino alla chiesa potesse averne cura. Il sostituto pretese che dicessi a che congrega­zione apparteneva E. Gudeikytė, in quanto dalla sua attività era evidente che si trattava di una religiosa. Io risposi che ella non aveva alcuna idea sulla vita religiosa.

Mi venne poi chiesto di fornire una spiegazione per iscritto sul perché ero andato nella casa di riposo di Aukštelkės, per­ché avevo consegnato le chiavi della chiesa ad E. Gudeikytė e perché facevo la colletta tra i fedeli nella chiesa di Aukštelkės. Feci quanto mi era stato richiesto.

Dopo di che pretesero che scrivessi una lettera al vescovo, nella quale avrei dovuto dire di « non volere » assistere i cre­denti della parrocchia di Aukštelkės. Alla fine dell'interroga­torio il capo della Sicurezza dichiarò: « Voi assolvete i pec­cati degli altri, ma dovete confessare i vostri a noi e ricevere da noi l'assoluzione ».

I        suddetti funzionari permisero che tornassi a casa sol­tanto dopo le 2 di notte e dopo avermi ordinato di presen­tarmi il 4 giugno 1974 al Comitato esecutivo della provincia di Šiauliai.

Simili scontri tra il sacerdote che amministrava la chiesa di Aukštelkės e il direttore della casa di riposo per anziani invalidi, nonché Beržinis, si erano verificati anche in prece­denza. Si era fatto anche ricorso all'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, Rugienis, e più tardi a Tumėnas, ma la situazione non era cambiata. Il direttore della casa di riposo di Aukštelkės aveva dichiarato che fino a quando a capo del­l'ospizio ci fosse stato lui nessun prete vi avrebbe messo mai piede. Il 24 marzo 1974 il sacerdote era stato costretto a tor­nare indietro con i santi sacramenti, perché non gli era stato consentito di entrare nella casa di riposo per assistere gli an­ziani infermi. In quell'occasione, il direttore Kačinskas dichiarò alla vecchietta Apolonija Gelminauskaitė che se il prete si fosse azzardato a venire nuovamente nella casa di riposo sarebbe stato accolto con una bastonata in testa, mentre la stessa Gel­minauskaitė sarebbe stata rinchiusa per alcuni giorni negli scan­tinati per averlo chiamato.

Oltre a ciò, il direttore Kačinskas pone ogni genere di osta­coli allorché i parenti ed i familiari intendono dare sepoltura religiosa a qualche vecchietto defunto.

Tutto ciò dimostra che anche l'ultimo attacco e tutte le ac­cuse rivolte al sacerdote erano stati preparati in anticipo.

Il  3 giugno 1974 Eugenija Gudeikytė fu convocata presso il comitato per la Sicurezza, dove venne terrorizzata, minacciata e spinta a confessare a quale comunità religiosa appartenesse. Infine, dopo averle restituito il passaporto ed il libro di preghiere sequestrati in precedenza, la buttarono fuori della porta. Le chiavi furono restituite soltanto quando il presidente del comitato parrocchiale, P. Lešinskas, si recò al Comitato esecutivo della provincia di Šiauliai.

Il nome della delatrice Dana Mikalajūninenė venne esposto nella vetrina d'onore e la sanitaria di turno Janina Petrauskienė che aveva indicato al sacerdote i padiglioni venne severamente redarguita.

Il 4 giugno 1974 mi recai al Comitato esecutivo dal sostituto Beržinis. Là mi attendeva anche un agente della Sicu­rezza. Mi furono nuovamente rivolte le stesse accuse e ri­chieste, ma in forma alquanto più moderata e civile.

Più tardi anche il parroco della chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Šiauliai e di Aukštelkės, rev. L. Mažonavičius, venne con­vocato per fornire spiegazioni. Alla riunione intervenne per­sino l'incaricato K. Tumėnas, ma finora non se ne sono saputi I risultati.

Tanto a me quanto al parroco rev. Mažonavičius fu rinfac­ciato il fatto che nella casa di riposo per anziani invalidi la gente era indignata per la venuta del prete, dato che nei padi­glioni c'erano anche dei non credenti. I funzionari però ri­masero in silenzio quando chiedemmo loro se sia giusto, oltre che per i non credenti, aver riguardo anche per i credenti, visto che anche loro sono esseri umani. Secondo loro infatti chi è credente non è più da considerarsi come un essere umano.

Quanto sopra descritto testimonia che per l'amministrazione dei santi Sacramenti agli anziani infermi le condizioni sono difficili e anormali. Vorrei che Vostra Eccellenza sia informata di come si è realmente svolto questo incidente.

Šiauliai, 20 giugno 1974

Sac. J. Babonas

(L'esposto è stato riassunto. Ndr)

 

Per urto Stato di diritto, basta coi soprusi!

Esposto del sac. K. Žeménas, residente a N. Daugėliškis, pro­vincia di Ignalina

All'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi; al Presi­dente del Comitato esecutivo della provincia di Ignalina, A. Gudukiene; alla curia dell'Arcidiocesi di Vilnius.

Il 19 giugno 1974 venni convocato dalla presidente del Co­mitato esecutivo della provincia di Ignalina, A. Gudukiene, la quale mi accusò di non osservare le leggi e di invitare per le feste sacerdoti di altre parrocchie senza il permesso della provincia e mi ordinò di fornire una spiegazione per iscritto del mio comportamento. A questa richiesta intendo rispon­dere nel modo seguente.

Durante il nostro colloquio chiesi alla presidente chi e quando avesse emanato la legge che vieta ai sacerdoti di invi­tare per le feste i confratelli senza l'autorizzazione del Co­mitato esecutivo della provincia. Ella gentilmente mi spiegòche al di sopra di lei vi è un potere superiore il quale dà soltanto verbalmente ordini che lei, a sua volta trasmette, sempre verbalmente, ai sacerdoti. Aggiunse inoltre che avrei dovuto sapere che da noi le leggi che riguardano la chiesa non vengono pubblicate. Ella mi consigliò di procurarmi l'opu­scolo contenente le leggi sovietiche riguardanti la religione e la libertà di coscienza e di leggerlo. Seguii il suo consiglio, ma né sul Tarybiniai įstatymai apie religinius kultus (Leggi sovie­tiche sui culti religiosi. Vilnius, 1963) di A. Veščikov, né sulTarybiniai įstatymai apie religinius kultus ir sąžinės laisve (Leggi sovietiche sui culti religiosi e sulla libertà di coscienza. Vilnius, 1970) di J. Aničas e J. Rimaitis, trovai alcun accenno al di­vieto in questione. Inoltre gli opuscoli che parlano delle "leggi" sovietiche sui culti religiosi non contengono vere e proprie leggi, ma soltanto materiale propagandistico e ausiliario ad uso dei conferenzieri ateisti. Infatti dal contenuto dei menzio­nati opuscoli non è chiaro da chi e quando siano stati ema­nati le leggi e i decreti commentati dagli autori. Essi parlano di ciò che è permesso o vietato al sacerdote e ai credenti, ma non dicono in base a quali leggi ciò venga imposto.

Inoltre, parlando di leggi, bisogna intendersi sul significato di questa parola. Il Dabartinės lietuviu kalbos žodynas (Di­zionario dell'odierna lingua lituana. Vilnius, 1972), definisce così la voce "legge": « La legge è un atto supremo del go­verno dello Stato, che regola giuridicamente certi rapporti della società »; mentre la Costituzione della rss di Lituania dice chiaramente: Il Consiglio Supremo della rssl è l'unico organo emana tore di leggi della RSs di Lituania (art. 21), aggiun­gendo che «... soltanto il Presidium del Consiglio Supremo della rssl emana i decreti» (art. 31) e che « ...le leggi ven­gono emanate nelle lingue lituana e russa » (art. 25). Ciò si­gnifica che, se ci sono delle leggi, esse devono essere state emanate e pubblicate dal Consiglio Supremo della rssl o dal suo Presidium. Una legge o decreto che non sia stato emanato non può essere ritenuto vincolante. Allora, chi ha emanato la legge o il decreto che vieta ai sacerdoti di invitare i con­fratelli alle festività? Forse gli estensori delle leggi sono gli autori dei citati opuscoli o degli articoli ateistici?

Il decreto di Lenin del 23 gennaio 1918 « Sulla separazione della chiesa dallo Stato e della scuola dalla chiesa », composto di 13 punti, non parla affatto dell'obbligo da parte del sacerdote di chiedere il permesso ai comitati esecutivi affinché essi auto­rizzino l'invito di altri sacerdoti in aiuto; al contrario: al punto 2 di questo decreto è detto: « Nei confini di una repubblica è vietato emanare qualsiasi legge locale che violi o limiti lalibertà di coscienza... ». Non si tratta forse di una violazione della libertà di coscienza il fatto che un sacerdote non possa aiutare un altro sacerdote durante le festività senza il permesso del governo?

Inoltre, bisogna ricordare che anche la Chiesa ha un proprio codice giuridico e le diocesi i propri sinodi, i quali obbligano i sacerdoti ad invitare altri sacerdoti nelle occasioni di maggiore afflusso di popolo, per soddisfare le esigenze spirituali dei cre­denti. Basta dare uno sguardo, ad esempio, agli articoli 22, 381 e 389 dei decreti del sinodo dell'Arcidiocesi di Vilnius.

Prego il molto onorevole Incaricato del Consiglio per gli affari religiosi di chiarire se l'amministrazione della provincia di Ignalina, esigendo che venga richiesta un'autorizzazione per invitare i sacerdoti durante le festività, agisca o meno secondo le leggi. In caso affermativo, si gradirebbe conoscere in base a quale legge, emanata quando e da chi.

N. Daugėliškis, 22 giugno 1974        Sac. K. Žemėnas

P. S. La presidente del Comitato esecutivo della provincia di Ignalina, A. Gudukiené, mi aveva chiesto di presentare la spiegazione scritta entro il giorno 19 giugno e di consegnarla alle ore 17 dello stesso giorno. Tuttavia ho potuto farlo soltanto oggi, perché dovevo prendere conoscenza degli opu­scoli da lei raccomandatimi. Sac. K. Žemėnas.

(Alla LKB KRONIKA non è ancora noto che cosa abbia risposto l'Incaricato del Consiglio per gli affari religiosi al rev. K. Že­mėnas. Ndr)

 

Angherie e disprezzo per i cittadini credenti

Esposto del sac. Vladas Černauskas residente a Mielagėnai, prov. di Ignalina

Al Segretario generale del ce del pcus, L. Breznev; al Con­siglio degli affari religiosi dell 'urs s ; al Presidium del Soviet supremo della rss di Lituania; all'Incaricato del Consiglio per gli affari religiosi della rssl; all'Amministratore dell'Arcidio­cesi di Vilnius.

Nella parrocchia di Mielagėnai ha lavorato per più di trenta anni il rev. V. Miškinis. Essendo molto anziano e malato egli non ha mai potuto occuparsi dei lavori di riparazione della chiesa. Anche il comitato parrocchiale non è assolutamente in condizioni di provvedere alle suddette riparazioni, poiché al­cuni suoi membri lavorano in aziende statali che non conce­dono — particolarmente per le necessità della chiesa — nep­pure un giorno di licenza, ed essendo gli altri anziani pensio­nati senza forze. Su richiesta del comitato parrocchiale di Mie­lagėnai potrei provvedere io stesso alle riparazioni, ma il go­verno civile pone tanti e tali ostacoli che ciò è assolutamente impossibile.

Nel mese di gennaio 1974 il sostituto del presidente della provincia di Ignalina, J. Vaitonis, consegnandomi il certificato di residenza, disse: « Se vorrete riparare qualcosa, fate una richiesta e inviatecela. Noi la esamineremo e daremo il per­messo ». E così feci. In data 5 marzo 1974 inviammo un'istan­za a Vaitonis, nella quale elencavamo tutte le riparazioni che avevamo intenzione di eseguire. A seguito di tale richiesta, non solo non abbiamo ottenuto il permesso, ma nemmeno una qual­siasi risposta. Tuttavia, dato che il pavimento della chiesa in alcuni tratti era completamente marcio ed era pericoloso cam­minarvi sopra, ci siamo messi a ripararlo. Avendo avuto sen­tore dei nostri lavori, nel mese di aprile giunsero il sostituto dell'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, il sostituto del presidente della provincia di Ignalina, J. Vaitonis, e il pre­sidente della circoscrizione di Mielagėnai, Švarcas. Essi ci rim­proverarono perché stavamo riparando il pavimento della chiesa senza autorizzazione.

Poco dopo, il Comitato esecutivo della provincia di Ignalina fece pervenire uno scritto da firmarsi da parte del presidente del comitato parrocchiale di Mielagėnai e del parroco, nel quale si diceva che era vietata ogni riparazione della chiesa senza au­torizzazione.

Trascorso circa un mese dalla promessa fatta da Tumėnas, il presidente della circoscrizione di Mielagėnai, Švarcas, rice­vuta l'autorizzazione per alcuni lavori di riparazione della no­stra chiesa, non ne diede alcuna comunicazione al comitato parrocchiale. Presero a circolare voci secondo le quali ora il consiglio della circoscrizione di Mielagėnai avrebbe permesso le riparazioni in base al proprio giudizio, stabilendo ciò che era opportuno fare e ciò che non lo era.

La nostra chiesa è in muratura. Quando piove l'acqua scende dal tetto, scola lungo i muri perimetrali e ne danneggia le fondamenta; le pareti diventano umide perfino all'interno della chiesa. E' necessarioinderogabilmente riparare, salvare la chiesa. Intanto l'autorizzazione non è stata ancora concessa e non po­tendosi attendere oltre abbiamo cominciato a lavorare ugual­mente. I credenti lavorano soltanto di sera, dopo aver termi­nato il lavoro nel kolchoz, e nei giorni non lavorativi, cioè il sabato. Un sabato avevamo appena iniziato a lavorare quandogiunse il presidente del kolchoz « Naujasis kelias » (La nuova strada), Matkènas, e redarguì gli operai, minacciandoli che in avvenire essi non avrebbero più potuto usufruire dei mezzi di trasporto del kolchoz, perché si rifiutavano di lavorare nel kolchoz oltre il normale orario e andavano invece a lavorare per la chiesa.

Alcuni pensionati ed invalidi (Jonas Bačelis — invalido, Adol­fas Kisielius e D. Girdžiunas — pensionati) stavano rifacendo i banchi della chiesa. Saputo ciò, l'amministrazione del kolchoz assegnò loro un lavoro perché non potessero più lavorare per la chiesa.

Gli abitanti del villaggio di Krikonys, in un esposto del 6 dicembre 1963 diretto al presidente del Consiglio dei ministri della rss di Lituania, Sumauskas, avevano scritto: « La dire­zione del montaggio delle costruzioni sta ultimando la elettri­ficazione di tutta la circoscrizione di Mielagėnai, ma da questa hanno escluso la chiesa, che pertanto non potrà usufruire del­l'illuminazione... Perfino le stalle hanno l'elettricità; ma è vie­tato allacciare la corrente alla chiesa... Il comitato parrocchiale di Mielangėnai afferma di avere inoltrato al riguardo ben cin­que domande, ma senza ricevere alcuna risposta da chicches­sia... « Così gli abitanti di Mielagėnai dovettero combattere e tribolare per circa 10 anni scrivendo esposti e recandosi di persona presso i vari massimi uffici governativi. Finalmente, nel 1971, il comitato parrocchiale, dopo aver presentato un'enne­sima domanda al capo del montaggio delle costruzioni di Anyk­ščiai e dopo essersi recato per ben sei volte ad Anykščiai, ot­tenne nel dicembre 1972 l'autorizzazione all'allacciamento del­l'energia elettrica in chiesa.

Gli elettricisti della rete elettrica di Ignalina, P. Štukėnas e M. Černiauskas, dopo aver lavorato in chiesa per un paio di giorni, non si fecero più vedere e, più tardi, si rifiutarono di lavorare dicendo che i loro superiori gli avevano intimato: « Se intendete lavorare per la chiesa, dovete presentare una richiesta di dimissioni dal lavoro; allora sarete liberi di lavorare dove vorrete ».

La nostra chiesa è stata dichiarata monumento architettonico di importanza locale. Ciò è attestato da una targa apposta su uno dei suoi muri esterni: « Direzione di architettura del Consiglio per l'Arte della rss di Lituania. La chiesa di Gio­vanni, monumento di architettura risalente al 1779, è protetta dallo Stato. Il danneggiamento di questo monumento è punito dalla legge ».

Tuttavia, quanto interessi al governo la preservazione di si­mili "monumenti" architettonici è dimostrato chiaramente daifatti sopra citati: non concedendo l'autorizzazione ad effettuare le riparazioni indispensabili e impedendo di prestare la pro­pria opera a chi vuole farlo spontaneamente. Inoltre, l'impor­tanza architettonica delle chiese viene valutata dai sostituti dei presidenti dei Comitati esecutivi provinciali, che si sostitui­scono in ciò alla direzione peri problemi dell'architettura. Infatti nel mese di aprile 1974 il sostituto Vaitonis dichiarò che la chiesa di Mielagėnainon è un monumento architettonico e che all'architettura appartengono soltanto alcuni dettagli di essa.

A chi torna utile questo metodo di lotta ideologica diretto contro i lavoratori credenti — del cui pane bagnato di sudore si nutrono tutti i figli della nazione — mentre questi guardano con cuore dolente al proprio santuario senza poterlo riparare né abbellire? A che serve tale discriminazione del credente?

Da quasi un anno sto compiendo ogni sforzo per avere nella mia abitazione l'allacciamento dell'acqua dall'acquedotto cit­tadino, ma ancora oggi non sono approdato a nulla. Nel frat­tempo la direttrice del negozio Kaveckiené, una comunista atea che abita nella canonica della chiesa confiscata dallo Stato, dispone da parecchio tempo dell'acqua senza aver incontrato alcuna difficoltà per il suo allacciamento. Per la verità, il pre­sidente del kolchoz « Naujasis kelias » (La nuova strada) aveva autorizzato l'allacciamento dell'acqua alla mia abitazione, ma la Kaveckiené protestò e allora tutto venne sospeso.

Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1974 alcuni teppisti, pene­trati nella chiesa di Mielagėnai, infransero la vetrata, forzarono il tabernacolo e trafugarono circa 600 ostie consacrate. Denun­ciammo il fatto all'incaricato della milizia di Mielagėnai, De-delé, il quale soltanto il giorno seguente incaricò il tenente della milizia della provincia diIgnalina, Rimiškis, di indagare al riguardo. Questi, venuto sul posto, non ha neanche fatto una fotografia, non si è curato di prendere le impronte digi­tali, non ha svolto insomma alcuna indagine, rimproverandoci anzi di non aver portato via la scala con l'aiuto della quale i ladri erano usciti dalla chiesa, nonché altre cose che avevano connessione con il furto. L'ufficiale della milizia cercò di mi­nimizzare l'accaduto perché secondo lui i danni materiali erano stati pochi.

Una profanazione così empia del SS. Sacramento può essere stata opera soltanto dei più fanatici ateisti. Ed è ancora più grave che gli agenti della milizia non facciano-nulla per iden­tificarli; ciò significa che li approvano.

L'insegnante di falegnameria della scuola media di Mielagė­nai, Bernardas Misiūnas, del villaggio di Buckūnai, aveva partecipato alla processione della Pentecoste portando lo sten­dardo. Poco dopo gli venne ordinato di presentare una do­manda di spontanee dimissioni dall'insegnamento. Infatti da quel periodo Bernardas non lavora più nella scuola.

Forse tutti questi fatti non dimostrano a sufficienza le discri­minazioni attuate nei riguardi dei credenti e i privilegi con­cessi agli ateisti? E questo succede non soltanto a Mielagėnai, ma in tutta la Lituania. Per maggiore illustrazione ricorderò nell'allegato gli avvenimenti di Senieji Trakai, dove fui par­roco dal 1970 al 1973.

Questa discriminazione dei credenti viene attuata persino dai più alti uffici del governo. Tutti gli esposti inviati agli uf­fici più importanti di Mosca e di Vilnius vengono restituiti alle province e persino alle circoscrizioni. Non si comprende quale funzione abbiano gli uffici superiori del governo se tutti gli affari della chiesa vengono affidati ai Comitati esecutivi delle province, ai soviet delle circoscrizioni e perfino agli ateisti lo­cali. Praticamente i credenti non possono appellarsi a nessuna istanza superiore; essi sono succubi dei comitati esecutivi pro­vinciali e dei soviet delle circoscrizioni, i cui funzionari fanno il bello e il cattivo tempo.

Preghiamo il Segretario generale del ce del pcus di voler dare disposizioni affinché possiamo liberamente e pubblicamente professare la nostra fede e affinché nessuno ci impedisca di riparare le chiese.

Sac. Vladas Černiauskas, amministratore della chiesa di Mielagėnai

Mielagėnai, 14 novembre 1974

Allegato all'esposto del novembre 1974

Nel 1970 venni destinato ad amministrare la chiesa di Senieji Trakai. Qui giunto, trovai il tetto della chiesa completamente dissestato: quando pioveva nella chiesa si formavano delle pozze d'acqua. Il comitato parrocchiale si era allora rivolto ai dirigenti della provincia di Trakai per avere il permesso di riparare la chiesa. Questi non diedero nessuna autorizzazione scritta ma solo in data 10 maggio 1971 il presidente della circoscrizione di Senieji Trakai (Vecchia Trakai), Jasiulevičius, fece sapere verbalmente che si poteva procedere ai lavori di riparazione. Quando avevamo già demolito una parte del tetto, lo stesso Jasiulevičius venne e cacciò via gli operai, e a me ordinò di fir­mare un'ordinanza nella quale si diceva che era vietata qual­siasi riparazione della chiesa. Poi cominciarono a giungere varie commissioni una dopo l'altra: il 18 maggio 1971 venne unacommissione di cinque persone, guidata dal sostituto del Co­mitato esecutivo, Akanovicius, il 19 maggio una commissione di tre persone, il 20 maggio una di quattro persone guidata dal medesimo Akanovicius, il 21 maggio la stessa commissione più l'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, Rugienis; tutto questo senza nessun risultato. Anzi Akanovicius minacciò gli operai di mandarli in prigione e mi requisì il contratto di lavoro che gli operai avevano stipulato con il comitato par­rocchiale. In seguito il comitato parrocchiale si recò due volte dall'incaricato del Consiglio per gli affari religiosi, una volta presso la sezione di architettura del ministero della Cultura e tre volte alla provincia, ma senza ottenere nulla, tranne che improvvisamente la chiesa di Senieji Trakai venne dichiarata « monumento di importanza architettonica »! Sin dall'inizio delle riparazioni essa non era mai stata citata in alcun docu­mento, come « monumento d'architettura ». A fianco della chiesa, quasi sotto lo stesso tetto, vi è la « Casa della cul­tura », già convento dei benedettini. I funzionari della pro­vincia hanno rifatto l'edificio a proprio capriccio, senza os­servare alcun concetto architettonico. I portali di fronte alla chiesa e al convento sono stati demoliti; della loro esistenza non è rimasta alcuna traccia.

Gli organi del governo, avendo appreso della riparazione della chiesa di Senieji Trakai, la classificarono tra i monumenti d'architettura. Fino al momento dei lavori di riparazione nes­suno si era mai occupato di questo « monumento ». Perché le commissioni citate non erano mai venute prima, ma soltanto quando avevamo iniziato i lavori di riparazione? Ciò porterebbe a pensare che lo scopo della « protezione » concessa alla chiesa sia stato quello di attendere che essa cominci a crollare perché la si possa poi chiudere come pericolante.

Tuttavia, dato che una parte del tetto era già stata rimossa, nell'autunno del 1971 il sostituto Akanovicius diede l'autoriz­zazione alla prosecuzione dei lavori.

Dopo aver ultimato la riparazione del tetto, nell'aprile del 1973 inviammo una domanda a J. Glemza, capo della dire­zione per la custodia dei musei e dei monumenti culturali del ministero della Cultura della rssl e a G. Gailiusis, direttore dell'Istituto per la conservazione dei monumenti, onde ottenere il permesso di ridipingere la chiesa all'esterno, essendo più di cinquant'anni che non veniva rinfrescata. Non ottenemmo al­cuna risposta da nessuno dei detti uffici.

Sac. Vladas Černiauskas

(L'esposto e l'allegato sono stati riassunti. Ndr)