La difesa degli imputati

L'avvocato di Petronis, dopo aver illustrato le conqui­ste dell'urss e citato alcuni pensieri sulla religione, co­minciò col dimostrare che il suo patrocinato non aveva mai agito in senso antisovietico. Petronis non aveva vi­sto nulla di antisovietico nei numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA; le notizie da lui raccolte non erano state divulgate. Inoltre egli, essendo stata trattato molto bene da parte dei credenti, intendeva sdebitarsi in qualche modo e ve­dendo che ai credenti mancavano libri di preghiere, ca­techismi, e letteratura religiosa, aveva cominciato a pro­durre letteratura di questo genere. Infine egli si era reso so­cialmente molto utile lottando contro l'alcolismo.

L'avvocato chiese di non allegare all'atto di accusa gli appunti trovati presso Petronis durante la perquisizione, in quanto i cittadini sono liberi di tenere annotazioni perso­nali purché esse non vengano usate a scopi criminosi.

Infatti la corte non aveva dimostrato che gli appunti di Petronis erano stati divulgati.

L'avvocato sottolineò che Petronis si era pentito per aver riprodotto la LKB KRONIKA. Egli aveva ammesso sinceramente la propria attività di produzione di libri di pre­ghiere, catechismi, letteratura religiosa ed aveva persino indotto i testimoni ad ammetterlo.

Nel concludere la propria arringa l'avvocato ricordò la età avanzata del suo patrocinato e la sua cagionevole sa­lute e propose che la corte applicasse nei suoi confronti non gli articoli 68 e 70, ma l'art. 199, comma 1.

*     *       *

L'autodifesa di P. Plumpa

Plumpa, che aveva rifiutato l'assistenza dell'avvocato, si difese da solo.

Egli denunciò che durante l'istruttoria era stato minac­ciato di essere « caricato » nel processo, nel quale sa­rebbe stato condannato a 10 anni. Dallo svolgimento del processo si era capito chiaramente che lo si era voluto «cari­care » in modo preordinato. «Un cannone si può "caricare", non una causa, — disse Plumpa. — Già la stessa parola "caricare" indica che si intende inventare, creare una causa, e non cercare la verità ».

Il procuratore lo accusò di essersi rifiutato di rispondere durante gli interrogatori cui era stato sottoposto durante l'istruttoria, ma Plumpa dichiarò che aveva avuto seri moti­vi per comportarsi così:

a)        gli istruttori avevano ignorato la sua difesa, fatta
per iscritto, che risaliva al 1966;

b)        non voleva arrecare danni ad altra gente;

c)        nell'istruttoria era stata calunniata sua moglie, alla
quale egli credeva e che si considerava felice di avere co-
me compagna della propria vita.

Plumpa raccontò poi dettagliatamente che egli, dopo essere uscito dalla prigione nel 1965, era stato perseguitatodagli organi governativi, che non gli avevano permesso di prendere una residenza; lo licenziavano dal lavoro fino a costringerlo, per parecchie settimane... a dormire all'aperto.

Il procuratore lo aveva accusato di essere passato dalla azienda delle costruzioni in cemento armato dove lavorava, all'Istituto di progettazioni agricole, dove guadagnava meno della metà. Secondo il procuratore, a Plumpa inte­ressava solo imparare a lavorare con il riproduttore era. Plumpa spiegò che nell'azienda precedente egli doveva la­vorare due turni, che non poteva lavorare così intensa­mente perché gli era venuta l'ipertensione. Inoltre nel­l'Istituto di progettazioni agricole egli lavorava come sem­plice scaricatore. Solo dopo che la polizia gli aveva ingiun­to di licenziare Plumpa da quel lavoro, il capo del perso­nale, non volendo perdere un buon lavoratore, lo aveva passato dalle mansioni di scaricatore a quelle di archivista e poi di apprendista alla riproduzione con apparecchi era. Qui aveva lavorato solo due settimane, perché gli impiegati dell'Istituto avevano dovuto rispondere ad un ennesimo que­stionario, nel quale figuravano le domande: « Sei mai stato processato? » e « Per quali motivi? ». A seguito di ciò e dietro ordine della milizia Plumpa venne licen­ziato dal lavoro entro il termine di una settimana.

Poi Plumpa passò ad illustrare ampiamente le cause del suo cambiamento di cognome.

« Pur non avendo diritto al lavoro, — egli spiegò, — non avevo perso il diritto alla vita familiare. Perché potessimo vivere in pace una volta sposati decisi di cambiare il mio cognome. Se la polizia riteneva pericoloso tenere me, Plumpa, nell'Istituto di progettazioni agricole, dove vengono progetta­te stalle per maiali e mucche, tanto più avrebbero dovuto te­mere di lasciar lavorare mia moglie dove vengono progettate ben altre costruzioni. Pensai perciò che mia moglie non sa­rebbe stata licenziata dall'impiego se fosse risultato che ella si chiamava non Plumpienè, ma Pluirienè.

Il secondo motivo per cui cambiai il mio cognome fu l'idea di risultare colpevole di un reato comune, scontare la pena relativa e tornare ad essere cittadino di pieno diritto dell'U­nione Sovietica, perché i delinquenti comuni, scontata la pena, non solo non vengono perseguitati, ma perfino assistiti.

Nel 1971 ricorressi il mio cognome nel documento in quello primitivo, perché intendevo vivere come tutta la gente, e lo inviai in Mordovia ».

Plumpa cercò di dimostrare che pur non avendo alcun documento non si era nascosto. Ad esempio nel 1973 egli era stato fermato casualmente dai miliziani di Rietavas, ai quali aveva dato il suo vero cognome ed indirizzo. La milizia di Kaunas aveva tuttavia preteso che egli si facesse re­stituire i vecchi documenti. « Scrivi in Mordovia perché ti restituiscano i vecchi documenti », insistette il funzionario della milizia. Ma Plumpa non accondiscese a scrivere perché con i vecchi documenti sarebbero ricominciate anche le vec­chie storie. Egli dichiarò di rifiutare di essere cittadino del-I'urss perché con quella cittadinanza egli era soltanto sog­getto a degli obblighi senza avere alcun diritto. Plumpa aveva chiesto l'autorizzazione di emigrare in Argentina pres­so una zia, oppure di avere il passaporto lituano. Dopo lun­ghe discussioni, il capo della milizia gli aveva permesso di ottenere il passaporto in Lituania. Ma aveva appena iniziato le pratiche quando venne arrestato. « Se dovessi essere pro­cessato per la falsificazione dei documenti, — dichiarò Plumpa, — la colpa sarebbe di chi mi ha permesso di otte­nere il passaporto ».

Plumpa spiegò che dopo il matrimonio aveva lavorato dove capitava. Sua moglie durante i 4 anni di vita coniugale aveva potuto lavorare soltanto un anno e toccava quindi a lui come capo famiglia mantenerla. L'istruttore pretese che egli rivelasse i nomi delle persone per le quali aveva lavorato. « Come potrei, — rispose Plumpa, — rivelare i nomi di coloro grazie ai quali ho potuto mantenere la mia famiglia? Lo dovrei forse fare perché perquisiate anche loro, perché li sottoponiate ad interrogatori, li chiamiate a testimoniare? A chi converrebbe tutto ciò? Io non ho il diritto morale di farlo ».

Rispondendo all'accusa di attività antisovietica, Plumpa sottolineò che egli non aveva perseguito scopi antisovietici. Dopo la condanna inflittagli nel 1958 egli aveva adottato una linea di comportamento profondamente cristiana e non aveva idee nazionaliste di alcun genere. Nel lager i suoi migliori amici erano stati un ebreo, un armeno, un lettone e due russi. Questo dimostrava che egli non si era chiuso nello stretto guscio del nazionalismo e che considerava tutta la gente, di ogni nazionalità, come figli di Dio.

In quanto ad organizzare un'attività antisovietica, Plumpa dichiarò che non avrebbe potuto perché gli mancavanoi mezzi e il tempo. Nel corso di 5 anni non era stato in grado di comperare un cappotto a sua moglie; come avrebbe po­tuto quindi trovare i mezzi per la riproduzione di opereantisovietiche? Egli non aveva riprodotto la LKB KRONIKAGli istruttori e i funzionari della procura non avevano rivolto alcuna attenzione alle sue considerazioni dalle quali risultava che non era stato lui a riprodurre i numeri 4 e 5 della LKB KRONIKA, perché su di essi c'erano le impronte digitali di qualcun altro.

La LKB KRONIKA non è una pubblicazione antisovietica e non ha lo scopo di propagare concezioni nazionaliste. Quanto alla fondatezza dei fatti in essa riportati, Plumpa disse di non avere un'opinione esatta al riguardo perché non li aveva raccolti lui, né aveva potuto quindi controllarne l'esattezza. Per la verifica della corrispondenza dei dati riportati dalla LKB KRONIKA avrebbe dovuto essere istituita una commis­sione composta da ateisti e da credenti.

Plumpa spiegò che vivendo presso Samaška non aveva mai lavorato con un apparecchio era e ciò era confermato dal fatto che il padrone di casa, entrando sovente nella sua camera, non aveva mai visto nessun apparecchio. Inoltre un riproduttore era non avrebbe trovato posto nella stan­zetta della soffitta che egli occupava.

I numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA sull'apparecchio era di Patriubavičius egli non li aveva messi di sua iniziativa, e non dovette nemmeno ritirare le copie. Naturalmente non avrebbe potuto rivelare i nomi di chi li aveva ordinati, poiché non ne aveva alcun diritto morale.

 

Il decimo giorno del processo (17 dicembre)

Anche questa udienza venne filmata.

L'avvocato di Stašaitis, Šadreika, iniziando la sua arringa esaltò, come d'obbligo, le conquiste del popolo sovietico. Però, egli disse, non c'è casa senza fumo. E c'è ancora della gente che provoca questo fumo ...

L'avvocato cercò di dimostrare che Stašaitis aveva letto soltanto la prima parte del libro Ieškau Tavo Veido(Cerco il Tuo Volto) e non vi aveva notato nulla di antisovietico. « Se avesse trovato dei brani antisovietici, Stašaitis li avrebbe tralasciati e il contenuto del libro non avrebbe certo sofferto per questo. Chiedo perciò che questo libro venga escluso dal materiale incriminatorio. Quanto alla LKB KRONIKA, se­condo Stašaitis è una pubblicazione di dubbio valore, edegli stesso ha ammesso che ha commesso un grave errore riproducendone il numero 6.

Bisogna inoltre tenere conto del fatto che Stašaitis ha aiutato i funzionari nell'istruttoria a chiarire le circostanze del crimine ».

Concludendo, l'avvocato espresse la speranza che Stašaitis potesse trascorrere il Capodanno nella propria famiglia.

*    *   *

L'avvocato di Patriubavičius espresse la sua meraviglia per il fatto che il suo patrocinato era stato coinvolto in quel processo. Infatti la colpa fondamentale del suo assistito consisteva nell'incidente d'auto nel quale erano rimaste leg­germente ferite due ragazze.

Il legale chiese pertanto alla corte di limitare la condanna ad un massimo di 13 mesi, periodo che Patriubavičiusaveva già trascorso in una cella d'isolamento della Sicurezza.

*    *   *

Jaugelis si difese da solo. Egli dichiarò che nell'Unione Sovietica i credenti sono i proletari più tartassati...

Allora il giudice lo interruppe dichiarando che egli aveva diritto di difendere soltanto le proprie azioni; altre consi­derazioni avrebbe potuto farle quando gli fosse stata data la parola per l'ultimo intervento.

Allora Jaugelis dichiarò di rinunciare a difendersi.

 

L'ultimo intervento degli imputati

Petronis parlò molto piano e con difficoltà. Si capiva chiaramente che egli era fisicamente distrutto. Disse infatti, rivolgendosi alla corte: « ... è già un anno che vediamo sol­tanto uno spicchio di cielo ecco, date un'occhiata a Jau­gelis ... sembra già nella tomba ... ».

Petronis sottolineò ancora una volta di non aver agito in funzione antisovietica. A suo parere, riproducendo laLKB KRONIKA egli aveva commesso un errore, perché aveva ar­recato danno alla propria attività. « Però, in quale pubbli­cazione è permesso polemizzare con gli ateisti? — chiese Petronis. — Come potremmo difenderci dai loro attacchicontro tutto ciò che costituisce la nostra fede? La LKB KRONIKA rappresenta uno scudo per difenderci dagli attacchi e dai colpi degli ateisti». Inoltre egli spiegò di aver ri­prodotto la LKB KRONIKA non di sua iniziativa, ma su richie­sta di una certa Juzė, la quale lo aveva pregato di tenere in custodia il suo apparecchio era e di riprodurre della lette­ratura che lei avrebbe fornito.

Petronis affermò che gli esposti inviati agli uffici com­petenti, e nei quali venivano rilevate le ingiustizie della vita attuale non costituivano dei gesti antisovietici ma mo­stravano la volontà di contribuire a far sì che agli errori si ponga rimedio.

Il procuratore lo aveva accusato di essere un corrispon­dente della LKB KRONIKA. « Allora, per ehi avrei raccolto notizie 20 anni fa? Allora la kronika non esisteva ancora », osservò acutamente Petronis.

Egli lamentò poi di essere stato ingiustamente accusato della divulgazione sistematica di invenzioni palesemente menzognere tali da discreditare l'ordinamento sovietico, dato che tale divulgazione non c'era stata.

L'accusato ricordò che lo scopo principale della sua vita era l'apostolato e la diffusione del bene tra gli uomini. «So­no stato più povero dei proletari — disse Petronis, — tutta­via mi vengono applicati gli articoli 68 e 70, non corrispon­denti affatto alla mia attività ».

Petronis fece presente anche il suo cagionevole stato di salute e chiese che la pena gli venisse ridotta o che almeno gli fosse concesso di scontarla nei lager a regime normale, dove potesse praticare il proprio mestiere, per poter essere utile agli altri anche là. Come pena considerava già suffi­ciente quel lungo anno di interrogatori e concluse dicendo che prima di morire avrebbe voluto ancora dare un ultimo addio al suo paese natio, sentirsi un po' più libero e pre­pararsi all'eternità.

*   *   *

Stašaitis parlò a lungo, cominciando dalla sua giovi­nezza, dalla formazione delle proprie concezioni, dal desi­derio di fare del bene. << Tuttavia, — disse, — talvolta le nostre buone intenzioni apportano soltanto dolore agli altri ».

 

A suo parere la LKB KRONIKA non apporta nulla di buono alla vita religiosa della gente, perché presenta i fatti in modo soggettivo e troppo estremista. Egli sostenne che attualmente bisognerebbe non già dedicarsi allakronika, ma cercare di vivere basandosi sulle parole di Cristo: « Date a Dio ciò che è di Dio; a Cesare quel che è di Cesare ».

Stašaitis proseguì dicendo che stando nella cella d'iso­lamento della Sicurezza aveva capito che oggi non è più opportuna una lotta così aspra, ma è molto meglio avan­zare delle richieste appropriate per i cattolici e tali da contribuire ad un loro avvicinamento agli ateisti. Durante il lungo periodo della detenzione egli aveva compreso il proprio errore ed avrebbe desiderato che fosse accolta la richiesta del suo avvocato a proposito della pena.

Egli concluse il proprio intervento recitando una poesia da lui composta in carcere.

*   *   *

Plumpa domandò per quanto si sarebbe protratta la pena che egli aveva già scontato quando era stato condan­nato la prima volta. 10 anni, 15 anni oppure tutta la vita? « Forse la pena che mi venne inflitta allora e che ho scon­tato, — disse Plumpa, — non è ancora sufficiente? O forse devo ritenere vero quanto mi fu detto alla polizia di Vilnius, cioè che mi ero rovinato per tutta la vita? Forse per questo mi è stato chiesto durante l'interrogatorio: "Per­ché ti sei sposato? Perché hai avuto dei figli?" ».

A quale ideologia poteva nuocere il mio lavoro nel III trust delle opere tecnico-sanitarie di Vilnius, quando stavo tutto il giorno con un secchio in mano a portare fango e venivo adibito ai lavori più pericolosi? chiese l'imputato.

Il Pubblico Ministero aveva rilevato che egli, Plumpa, non lavorando in campagna non aveva meritato la fiducia della società.

« Come si potrebbe meritare la fiducia della società, se non facendo il lavoro più lurido che esista? » si chiese Plumpa.

Rispondendo all'accusa del procuratore di avere scritto l'introduzione al libro di Medvedev Beprotybės Klausimas (Il problema della pazzia), l'accusato osservò che tale accusa mancava di logica. Infatti già nel 1972 Žukauskas e Sakalauskas erano stati sottoposti a processo per aver ri­prodotto quello stesso libro con la medesima introduzione. Ora egli era stato accusato dello stesso reato nel 1973.

Plumpa raccontò che durante l'istruttoria egli era stato definito « bandito » e « controrivoluzionario », sebbene tali accuse non fossero state fino ad allora dimostrate.

« Esaminando gli articoli in base ai quali vengo con­dannato, si dovrebbe concludere che ho fatto l'agitatore, che ho calunniato il sistema sovietico, che ho organizzato qualche movimento antisovietico. Permettetemi di chie­dervi dove? Quando? A che scopo? Dove sono le prove? Dove sono i testimoni? » chiese Plumpa.

Gli agenti della Sicurezza si erano lasciati sfuggire, con­tinuò a raccontare l'accusato, che gli sarebbe stata tolta la patria potestà e che lo Stato avrebbe educato ateistica­mente i suoi figli.

Concludendo il suo discorso, Plumpa chiese al tribunale di non perseguitare la sua famiglia.

*   *   *

Nel suo ultimo intervento jaugelis accusò il governo sovietico e gli ateisti di perseguitare i cattolici.

« Chi siamo noi, dal punto di vista degli ateisti? — si chiese Jaugelis. — Dei fanatici, degli oscurantisti, degli arretrati. Il popolo dice che se ad una persona si ripete per 100 volte che è un cane, alla 101* volta essa abbaierà. Probabilmente per questo molti credenti non riescono più ad immaginare né a desiderare di avere una propria stampa religiosa, di mandare i figli alle scuole religiose, di eleggere i propri rappresentanti negli enti governativi.

Chi intercederà per noi, chi ci aiuterà, se tutti i posti nell'apparato del governo sono nelle mani degli ateisti, mentre noi credenti restiamo al gradino più basso della classe proletaria? »

Secondo Jaugelis, soltanto coloro ai quali «... si è sec­cato il cervello per la paura » possono sostenere che in Lituania esiste la libertà di religione e che i credenti non vengono perseguitati.

Jaugelis affermò che la gente non osa lasciarsi guidare dalla verità e dalla coscienza, ma esegue tutto ciò che leviene comandato dai funzionari del governo. « Tuttavia, — proseguì l'imputato, — noi non siamo un gregge di quadrupedi, con il quale si può agire come si vuole ».

« Cosa intendete voi con la parola "libertà"? — chiese Jaugelis al tribunale. — Forse la chiusura delle chiese e la loro trasformazione in depositi e sale da concerto? Forse imprigionare i sacerdoti perché insegnano il catechismo ai bambini? O forse educare i figli a ribellarsi contro i geni­tori credenti? Perché non si ha alcun riguardo per il diritto naturale? Ovunque menzogna, inganno, violenza, oppres­sione di gente innocente! » proseguì Jaugelis.

« Tutto ciò avviene in un paese dove si predica così solennemente di libertà, uguaglianza, di fraternità, verità ed altre parole roboanti.

Oggi, però, c'è gente alla quale importano soltanto la verità, la libertà e il bene degli uomini. Quanti di questi sono morti nelle gelide lande della Russia sovietica, esausti dalla fame, dalle malattie, dalle torture? Sono morti sog­giogati, con la morte dei martiri, ma non vinti. Anche in questo momento alcuni dei cuori più nobili, delle menti più illuminate, marciscono nelle carceri. Quanti di questi vengono "curati" negli ospedali psichiatrici?

Ecco: ci troviamo davanti al tribunale supremo. Qui dovrebbero stare gli uomini più giusti. E che cosa vediamo invece? Servilismo, menzogna e sopruso. Sorge persino il pensiero che alcuni nascano schiavi ed altri con il compito di soggiogarli . . . .!

Per Cristo, per le verità da Lui predicate soffrirono e morirono milioni di martiri. Non si illudano gli ateisti che oggi non vi siano più tali eroi, che non avranno paura di patire per la verità, per la fede e per la Chiesa ».

Jaugelis espresse la volontà di tutti i credenti di essere considerati alla pari degli ateisti; di poter educare i figli secondo le proprie convinzioni e di avere le chiese non chiuse, ma funzionanti.

Jaugelis concluse il suo intervento con una poesia sulla Lituania martire, di cui riportiamo il contenuto:

« Lituania, Patria nostra, terra natia.

Quante volte ti ha calpestato il tallone dello straniero?

Quante volte sei stata lavata con il sangue?

Ti sono mai mancati cuori nobili per piangerti?

Essi non hanno temuto di patire e morire per te. Cuori come questi se ne troveranno anche oggi ».

*   *   *

Il tribunale dichiarò sospeso il processo fino al 23 dicembre.

 

L'undicesimo giorno del processo (23 dicembre)

PATRIUBAVIČIUS pronunciò il suo ultimo intervento. Egli dichiarò di rammaricarsi che l'incidente fosse avvenuto per colpa sua e concluse chiedendo alla corte di consentirgli di celebrare il 25° anniversario di matrimonio in libertà.

Il giudice dichiarò che la sentenza sarebbe stata resa nota il giorno successivo.

Evidentemente al Tribunale supremo non era stato sufficiente il tempo trascorso dal 17 dicembre per decidere che pena infliggere agli imputati.

 

Il dodicesimo giorno del processo (24 dicembre)

Alle ore 13 venne letta la sentenza del Tribunale su­premo. Ne sintetizziamo i punti salienti.

Tutti gli accusati vennero condannati per la riproduzione e la divulgazione di letteratura antisovietica, particolar­mente dei primi sette numeri della LKB KRONIKA, che venne definita « ...una pubblicazione calunniosa».

Petronis venne riconosciuto colpevole di aver periodi­camente moltiplicato e diffuso letteratura antisovietica, cioè i numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA, i libri Lietuviškojo charakterio problema (Il problema del carattere lituano), Žvilgsnis i pasauli (Uno sguardo sul mondo). Tau, Lietuva (A te, Lituania) e così via. Stava preparando poi l'edizione del libro Dievas šiandien (Dio oggi), nel quale sono con­tenute numerose espressioni antisovietiche.

Plumpa e Petronis lavorando insieme avevano montato due apparecchi era. Plumpa inoltre aveva istruito anche delle persone nella rilegatura dei libri di preghiere.

Con il ricavato della vendita dei libri riprodotti aveva acquistato dell'altro materiale per la moltiplicazione di letteratura antisovietica (questa affermazione falsa e privadi qualsiasi fondamento, venne ripetuta nella sentenza per tre volte). Tale attività di Petronis venne però punita in base all'art. 70 del cp della rss di Lituania.

La collaborazione tra Petronis e Plumpa è stata dimo­strata dal fatto che quest'ultimo aveva aiutato Petronis nel montaggio del riproduttore era, aveva portato a Patriuba-vičius i numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA, li aveva messi in macchina per moltiplicarli e si recava regolarmente a con­trollare il lavoro in corso.

Petronis inoltre aveva raccolto materiale per la LKB KRONIKA. Le sue informazioni sul processo a Bičiušaitė vennero pubblicate sul numero 1 della LKB KRONIKA e quelle sulla distruzione delle croci in Lituania sul numero 6. In casa sua erano stati trovati notizie ed appunti non ancora utilizzati dalla LKB KRONIKA, ma evidentemente desti­nati ad essa a giudicare dal loro contenuto. Tutte queste ac­cuse sono state dimostrate nel corso del processo.

Plumpa venne condannato in base all'articolo 68 comma 2; all'art. 70 e all'art. 212 comma 2, in quanto riconosciuto colpevole di aver collaborato con Petronis nella sua attività antisovietica e per aver lui stesso moltiplicato e diffuso letteratura antisovietica. Infatti egli aveva riprodotto i numeri 4 e 5 della LKB KRONIKA.Tutto ciò era stato di­mostrato, sebbene Plumpa si sia ostinato a negarlo ed abbia tentato di dimostrare di non essere stato lui a stampare le suddette pubblicazioni. In base alla deposizione di J. Gražys è risultato chiaramente che Plumpa teneva un ri­produttore era presso Semaška-Semaškevičius, apparecchio che venne usato da Patriubavičius per riprodurre lettera­tura antisovietica. Plumpa ha negato anche questo, ma dalle deposizioni di Petronis e dell'autista Puodžiukynas è evidente che l'apparecchio era trovato da Patriubavičius vi era stato portato dall'abitazione di Semaška-Semaške­vičius. Con questa macchina erano stati stampati i numeri 4 e 5 della LKB KRONIKA, come anche i libri Tau, Lietuva (A te, Lituania) e O Solženycine (Oh, Solženycin).

Plumpa era stato anche incolpato di aver riprodotto i numeri 1 e 3 della LKB KRONIKA ed i libretti Ka Mato Turistai Lietuvoje (Cosa vedono i turisti in Lituania) e Ateistas Bažnyčioje (L'ateista in chiesa). Tuttavia, mancando a questo riguardo qualsiasi prova, l'accusa venne ritirata.

Plumpa venne inoltre condannato per aver dato da bat­tere a macchina a Gražys l'introduzione al libroBeprotybės Klausimas (Un problema di pazzia). Sebbene l'accusato ab­bia cercato di negarlo, la sua colpa è stata dimostrata. Gli esperti hanno stabilito che le copie dei suddetti libri trovate da Gudas e da Kriaučiunaitė contengono l'intro­duzione battuta da Gražys con la macchina da scrivere di Martinaitis.

Plumpa venne infine riconosciuto colpevole di aver cam­biato nel 1970 il proprio cognome e di essersi sposato con documenti falsi.

Stašaitis e Jaugelis avevano riprodotto il numero 6 della LKB KRONIKA e composto le matrici per il libroIeškau Tavo Veido (Cerco il Tuo Volto). In questo libro sono conte­nuti dei pensieri antisovietici, perciò esso viene incluso nella lista di quelli antisovietici e la sua riproduzione viene considerata reato. Stašaitis venne condannato in base all'art. 199, comma 1 in quanto, pur essendo a conoscenza del carattere antisovietico della LKB KRONIKA l'aveva riprodotta ugualmente. Queste accuse sono state tutte provate.

Juagelis venne altresì riconosciuto colpevole di aver aiu­tato Stašaitis nella moltiplicazione della LKB KRONIKAEgli poi aveva raccolto firme per uno scritto calunnioso: il Memorandum. Ciò era stato- confermato da quattro testi­moni, uno dei quali aveva anche rivelato che Jaugelis aveva parlato con alcuni sacerdoti che erano stati picchiati.

Patriubavičius venne condannato per l'incidente d'auto in base all'art. 246 comma 1 del cp della rss di Lituania, in quanto nell'incidente erano rimaste leggermente ferite due ragazze.

Nella sentenza di condanna relativa a Petronis era stato tenuto conto della sua età avanzata e del suo cattivo statodi salute.

Plumpa veniva condannato per la seconda volta, e lo si sarebbe potuto considerare un recidivo pericoloso per lo Stato. Tuttavia, dato che la prima volta che era stato con­dannato aveva 18 anni ed aveva sbagliato guidato più dai sentimenti che dal cervello, nella sentenza tale recidività non venne considerata.

Stašaitis e Patriubavičius si erano dichiarati colpevoli e pentiti.