Le spiegazioni degli accusati

Petronis parlò molto a lungo. Rispondendo all'accusa di non aver svolto un'attività utile alla società, Petronisraccontò che fin dall'età di 8 anni aveva lavorato come contadino, per poi studiare in diverse scuole sempre lavo­rando nello stesso tempo. Dopo aver conseguito il diploma di infermiere aveva prestato servizio in qualità di infer­miere specializzato.

Fino al 1968 egli aveva lavorato per 41 anni. Dacché la salute era divenuta cagionevole, aveva lasciato il lavoro, de­ciso a dedicare il resto delle proprie energie ai problemi dei credenti.

« Durante tutta la mia vita mi ha sempre assillato il pen­siero, — disse Petronis, — di come aiutare in qualche modo la mia Nazione e la Chiesa e con ciò stesso sdebitarmi per il bene che avevo ricevuto dai credenti. Attualmente si av­verte in modo particolare la mancanza di letteratura religio­sa, specialmente di libri di preghiere e di catechismi. Pro­ducendo letteratura di questo genere non credo di aver violato le leggi, perché da noi la libertà di stampa è ga­rantita ».

« I libri di preghiere vengono stampati dalle editrici di Sta­to; perché avete pensato di interessarvene voi? » gli chiese il giudice.

« I libri di preghiere stampati dalle editrici di Stato sono molto pochi, mentre i credenti sono molti ».

Della LKB KRONIKA Petronis disse di aver preso cono­scenza casualmente nell'estate del 1972. Nei numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA non aveva notato nulla di antisovietico. In tutto aveva diffuso circa 40 copie della LKB KRONIKA.

Petronis conosceva Stašaitis da molto tempo e aveva lavorato assieme a lui dal 1968; nel 1970 si erano separati. Stašatis gli aveva fatto alcuni clichés per la stampa.

Nel 1972 Petronis aveva chiesto a Plumpa di montargli un riproduttore era e di insegnare a Patriubavičius ad usarlo. Si era servito quattro volte dell'opera di Plumpa e lo aveva ricompensato per questo.

Petronis aveva stampato più di 20 mila libri di preghiere e ne aveva diffuse circa 16 mila copie. Con gli introiti pro­venienti dai libri egli compensava i collaboratori per il la­voro svolto, acquistava la carta, eccetera.

Un argomento importante per dimostrare che l'attività di Petronis era esclusivamente religiosa era costituito da­gli appunti rinvenuti durante la perquisizione. In essi eranoannotati tutti i progetti e i motivi della sua attività.

Petronis dichiarò di aver riprodotto i libri di preghiere perché i credenti richiedevano tale letteratura. Inoltre non aveva mai rilevato nulla di antisovietico nei libri che stampava.

Il secondo giorno del processo (3 dicembre)

Petronis proseguì il proprio intervento.

Egli sostenne che i libri da lui diffusi erano di carattere esclusivamente religioso e morale. Bisognava distinguere bene, disse Petronis, tra « critica dell'ateismo » e « cri­tica dell'ordinamento sovietico ». Invece i suoi accusatori avevano considerato pubblicazioni antisovietiche perfino il II volume dei Raštai (Gli scritti) di A. Vienuolis, la rivista « Židinys » (Focolare) ed altre.

« Per questi libri il tribunale non vi giudicherà » inter­venne il giudice.

Petronis respinse poi l'accusa secondo la quale sarebbe stato lui a pubblicare sulla LKB KRONIKA la notizia del di­vieto di amministrare la Cresima nel 1973.

Alla domanda del procuratore perché aveva abbandonato la propria professione di sanitario e si era dedicato a que­sta attività, l'imputato rispose che fin dalla fanciullezza aveva sognato di andare nelle missioni, ma che poi più tardi aveva compreso che la sua opera poteva essere neces­saria anche in Lituania. Lo Stato aveva permesso la pub­blicazione della Sacra Scrittura e de // Lezionario con una tiratura assai esigua; perciò egli non si sentiva affatto col­pevole per aver diffuso la letteratura religiosa.

All'accusa di essere il promotore di varie petizioni, Pe­tronis rispose sostenendo che dei problemi religiosi si de­vono occupare non soltanto i sacerdoti ma anche i credenti.

L'imputato dichiarò infine di aver ascoltato le radio tra­smissioni estere soltanto saltuariamente perché non aveva una residenza fissa. Egli voleva sapere di più di quanto scrive la stampa sovietica. « Di solito ascoltavo la radio vaticana — spiegò Petronis — ... e annotavo i fatti più importanti ».

*   *   *

   Stašaitis confermò di aver lavorato per un certo periodoassieme a Petronis, per mettersi più tardi a riprodurre i libri di preghiere in proprio.

Rispondendo all'accusa di aver riprodotto il numero 6 della LKB KRONIKA e di essersi preparato a stampare il libro Ješkau Tavo Veido (Cerco il Tuo Volto), Stašaitis raccontò che nella cattedrale di Kaunas conobbe Jaugelis, al quale chiese di procurargli il numero 6 della lkb kro­nika. Assieme a Jaugelis lo aveva poi moltiplicato con un riproduttore in casa di Rukas, ma le copie erano ri­sultate di qualità scadente. Allora Stašaitis aveva chiesto ad Ona Volskienė di trascrivere il testo. Ma anche allora i risultati non erano stati migliori. Poco dopo venne ar­restato.

Stašaitis condannava la LKB KRONIKA perché secondo lui nelle persone di ideologia contraria non si può vedere soltanto il male. Bisogna cercarne anche i lati buoni, af­finché gli uomini si avvicinino gli uni agli altri. Egli, Stašaitis, era per la concordia tra i partiti e le idee. Il co­munismo si sforza di migliorare la vita materiale degli uomini mentre il cristianesimo si occupa di quella spiritua­le; sono perciò da evitarsi i conflitti tra di loro. Col pas­sare del tempo i comunisti e i credenti tenderanno la ma­no gli uni agli altri. Mettendo mano alla riproduzione del­la LKB KRONIKA egli intendeva accelerare la sua fine e con ciò far cessare il conflitto in atto tra i cattolici.

Stašaitis concluse il suo intervento recitando una poesia composta durante il suo ritiro spirituale di mesi trascorso nella cella d'isolamento del carcere della Sicurezza.

 

Il terzo giorno del processo (4 dicembre)

L'imputato Patriubavičius spiegò come era avvenuto l'incidente d'auto e come aveva aiutato Petronis a ripro­durre la letteratura religiosa.

« Mia moglie conosceva Petronis e lo considerava una persona esemplare. Un giorno, mentre mi trovavo a casa dopo l'incidente d'auto, venne Petronis e mi propose di stampare libri di preghiere e opuscoli religiosi. Mi assi­curò che la politica non c'entrava e che quindi non avrei corso alcun pericolo. Io accettai perché volevo guadagnare qualcosa. Petronis mi disse che volendo si sarebbero potuti guadagnare fino a 400 rubli al mese. Verso la fine dell'estate del 1973 Petronis venne a casa mia con Plumpa, che scelse una stanza e, quando Petronis vi portò il ripro­duttore era, lo montò e mi insegnò ad usarlo. Iniziai al­lora a copiare il libro Danguolės laimė (La felicità di Dan­guolė), ma ad un tratto l'apparecchio cominciò a non fun­zionare bene. Comunicai la cosa a Petronis. Allora venne Plumpa, riparò il riproduttore e mi istruì ancora sul come usarlo correttamente. Un giorno Plumpa portò il numero 7 della LKB KRONIKA, tolse dall'apparecchio il libretto che stavo riproducendo e mise al suo posto la LKB KRONIKA. Io, essendo poco istruito, pensai che anche quella pubblica­zione trattasse di religione.

« Ma voi avete letto quella kronika? » chiese il pro­curatore.

« No ».

« Perché vi siete messo a copiarla senza averla letta? » « Io leggo con difficoltà e poi... avevo fiducia nel pros­simo ».

« Quante copie della kronika dovevate riprodurre? » « Circa 20 esemplari del numero 6 e altrettanti del nu­mero 7 ».

« Chi venne a ritirare le copie della kronika? »

« Mentre stavo riproducendola, giunse Petronis e mi rimproverò perché non stavo lavorando ai suoi libretti, ma alla kronika. Gli spiegai che me le aveva portate Plum­pa e mi aveva detto di copiarle. Allora Petronis prese le copie di kronika e se le portò via ».

Quest'ultimo, interrogato dal giudice su dove avesse messo le copie della kronika, disse di averle diffuse.

 

Vita e peripezie di P. Plumpa

« Nell'iniziare a parlare vorrei sottolineare, — dichiarò P. Plumpa, — che le accuse contro di me sono rivolte all'indirizzo sbagliato. Dovrei essere io ad accusare il go­verno, e non il governo ad accusare me. Da quando sono tornato dal lager, il governo mi ha sempre perseguitato, licenziandomi spesso dal lavoro. Quando ero detenuto nel lager della Mordovia ho sentito parlare dell'estremo nord,dove vivono gli orsi bianchi; dove il lupo bianco insegue la lepre bianca... »

« Vi prego di parlare solo di ciò che può avere attinenza con le accuse » lo interruppe il giudice.

Plumpa rispose che se non gli si permetteva di parlare, lo si interrogasse.

« Perché avete cambiato cognome? »

« Per rispondere a questa domanda, dovrei risalire ai tempi di Chruscèv... »

Il giudice interruppe nuovamente Plumpa. Seguirono alcuni minuti di imbarazzante silenzio.

« Perché avete dichiarato di non avere cittadinanza? » chiese nuovamente il giudice.

Plumpa confermò di non avere effettivamente una cit­tadinanza perché da quando era rientrato dal lager era stato sballottato da un lavoro all'altro e come criminale antisovietico non aveva mai potuto ottenere una residenza stabile. « Se io non ho diritto al lavoro, — disse Plum­pa, — con ciò stesso non mi si riconosce il diritto alla vi­ta, e quindi non posso considerarmi cittadino di uno Stato che non mi concede alcun diritto ».

Gli venne nuovamente chiesto perché aveva cambiato cognome. Plumpa spiegò:

« Al momento di uscire dalla prigione, mi venne rila­sciato un passaporto dal Ministero degli affari interni del­la Mordovia (vrm). Dato che con tale passaporto venivo cacciato via ovunque, andai dal capo della milizia di Vilnius e dissi: "Se le persecuzioni nei miei confronti continue­ranno anche in avvenire, sarò costretto a commettere qual­che reato comune, per il quale sconterò una pena di qual­che anno e poi verrò accettato nella società... perfino con alcuni privilegi." Il capo della milizia si infuriò e minacciò di darmi una bastonata in testa. Io gli risposi che se gli avessi rotto i vetri dell'ufficio sarei stato certamente con­dannato a non più di due anni... Poi il colloquio si avviò su toni più sereni e il suddetto funzionario promise di aiutarmi. Con una sua presentazione andai dal capo della milizia della circoscrizione Ottobre, ma venni cacciato via ».

Poi Plumpa raccontò di aver tentato di cambiare il pro­prio cognome per le vie legali, di riprendere cioè il cogno­me del bisnonno, Gasiünas. « Ai tempi dello zar il mio bisnonno era un servo della gleba del signor Gasiùnas. Il padrone non voleva che un servo portasse il suo cognome. Perciò il bisnonno veniva continuamente maltrattato e più tardi venne deportato in Siberia. Alla famiglia venne imposto il cognome "Plumpa" dal verbo "plumpinti", cioè picchiare. Il bisnonno rimase in Siberia per 25 anni e tornò vivo in Lituania con il nome di Gasiùnas. Allora il cuore del padrone si intenerì e regalò al nonno 2 ettari di terra con tutto il seminato. Infatti il luogo dove abitava il bis­nonno ancora oggi viene chiamato "podere Gasiùnas"... »

Però l'ufficio passaporti della milizia della città di Kau-nas respinse la richiesta di Plumpa, perché non c'erano testimoni che potessero confermare la veridicità della sua storia.

« Qualche tempo dopo, dovendomi sposare — continuò Plumpa — mi trovai nella necessità di ottenere a tutti i costi la residenza e cambiai il mio nome da Plumpa in Pluira per potere, una volta sposato, vivere tranquillo as­sieme alla mia famiglia. Infatti pensai che se questo falso un domani fosse venuto a galla, avrei avuto tutt'al più 2 anni di prigione, scontati i quali avrei potuto vivere in pace ».

« Perché non avete informato di questo falso gli organi competenti? » chiese il procuratore.

« E perché avrei dovuto precorrere gli eventi? » rispose Plumpa.

« Qualche tempo dopo corressi nuovamente le lettere e il passaporto con le mie generalità, le annotazioni della prigione e una dichiarazione nella quale indicai le cause per le quali non potevo servirmi di tale passaporto e rimandai tutto indietro in Mordovia. In tal modo rimasi senza do­cumenti e senza lavoro.

Nel 1972, non potendo mia moglie lavorare per badare, a due bambini piccoli, — continuò Plumpa, — decisi di trovare un'occupazione qualsiasi per poter mantenere la famiglia. Avuto l'incarico di costruire un apparecchio da riproduzione, accettai di farlo ».

« Chi vi aveva fatto tale ordinazione? » gli chiese il giudice.

« Non ho alcun dovere morale di rivelarlo, perché po­trei nuocere a quella persona ».

« Di che dati tecnici vi siete servito per costruire quel-l'apparecchio?

« Mi furono fatti avere 30 disegni. Si tratta di un parecchio da riproduzione di non grande capacità e» semplice costruzione ».

Plumpa raccontò poi come costruì l'apparecchio in sa di Semaška-Semaškevičius, in una stanzetta affittata' soffitta.

« Chi vi procurava il materiale occorrente? » « Chi aveva ordinato il lavoro ». « Avete portato a termine quel lavoro? » « Ne ho fatto circa il 70% ».

« Riceveste risposta dal Ministero dell'Interno della Me dovia riguardo ai documenti inviati? »

« No. Ma per quanto ho potuto capire dalle allusio| fatte durante l'istruttoria, la risposta si trova presso comitato per la Sicurezza ».

« Dalla deposizione di Patriubavičius risulta che vo siete stato da lui una prima volta per decidere quale lo cale della sua abitazione di Ežerėliai fosse più adatto sistemarvi l'apparecchio di riproduzione; vi ci recaste ur seconda volta per montare l'apparecchio da riproduzior era e per istruire Patriubavičius sul suo uso. La terza volt ci siete andato per riparare l'apparecchio e per insegnar a Patriubavičius ad usarlo correttamente. La quarta volt avete portato i numeri 6 e 7 della LKB KRONIKA, avete te to dall'apparecchio un libretto di contenuto religioso in cor so di stampa, ed avete fatto riprodurre la LKB KRONIKA all'incirca in 20 esemplari ».

« È così ».

« Chi vi aveva dato quei numeri della kronika.3 » « Non ho alcun dovere morale di rivelare il nome di quel­le persone ».

Plumpa respinse poi l'accusa di aver riprodotto 19 esem-| pla.ri dei numeri 1, 2 e 3 della LKB KRONIKA.

« Da chi avete ricevuto il numero della LKB KRONIKA tro-fl vato presso di voi durante la perquisizione? »

« Non posso rivelarlo, perché potrei nuocere a quella persona ».

Plumpa negò anche di aver montato un apparecchio riproduttore era da Gudas e di averne dato un altro a Pe-

tronis.

« Io non avevo nessun era; non l'ho dato a nessuno né l'ho affittato » dichiarò fermamente l'accusato. Ad un certo punto Plumpa disse:

« Mi sono reso conto che con il pretesto della letteratu­ra si intende in effetti perseguitare la religione. Nel corso della perquisizione era venuta da me una donna che pure venne perquisita. Nella sua borsetta gli agenti della Sicu­rezza trovarono un libro di preghiere che le venne seque­strato, e la donna fu portata alla Sicurezza. Ignoro poi la sua sorte ».

Il giudice chiese allora a Plumpa di indicare un caso in cui qualcuno fosse stato punito per la letteratura religiosa.

Plumpa citò il nome di Rezbickas il quale era rimasto in una cella di isolamento per quattro mesi a causa di alcuni libri di preghiere.

« Però poi venne rilasciato!... »

« Sì ma stare in una cella d'isolamento della Sicurezza è lo stesso che essere in carcere. Nelle vostre casematte ho sempre il mal di testa ».

Il giudice spiegò che durante quel periodo di detenzione gli agenti stavano accertando se Rezbickas si occupava di riprodurre soltanto letteratura religiosa o anche altro.

« Per quale motivo siete stato processato a suo tempo? »

« Per motivi politici ».

« Spiegatevi meglio ».

« Ciò accadde ai tempi di Chruscév. Partecipai ai moti che avvenivano ogni anno, il giorno dei Defunti, al cimitero della città di Kaunas (La polizia disperdeva, ricercava e ar­restava i giovani che accendevano candele al monumento al Milite Ignoto, sulle tombe di Darius e Girénas e degli aviatori caduti. Ndr). Quell'anno, nel giorno dei Defunti, mi arrestarono nel cimitero e poi vennero a perquisire casa mia, dove trovarono un coltello da cucina, una canna di lucile con un caricatore arrugginito e una bomba disin­nescata. Il tribunale sentenziò che io « volevo rovesciare con le armi in pugno il governo sovietico » e mi inflisse 7 anni. Allora avevo 18 anni e oggetti come bombe disinne­scate e caricatori arrugginiti di fucili venivano raccolti e maneggiati da tutti i ragazzi e i giovani.

 

Un itinerario adulto: dall'ateismo alla fede

Stando in prigione, i miei sentimenti nazionalisti-scio­vinisti cambiarono. Avevo intorno a me troppi esempi. Con me si trovavano in prigione alcuni nazionalisti che in passato avevano partecipato alla fucilazione degli ebrei, mentre nel lager gareggiavano nella delazione dei detenuti e portavano sul braccio le fasce rosse di custodi dell'ordine e di capi. Compresi allora che un individuo privo di una salda concezione del mondo mirerà sempre e solo a sod­disfare i suoi istinti più bassi: il potere, il denaro e la carriera. Perciò mi accesi dal desiderio di formarmi una solida visione del mondo: presi a leggere le opere dei filo­sofi, particolarmente dei francesi Diderot, Rousseau ed altri Contemporaneamente studiai la lingua francese. Leggen­do tali opere filosofiche, osservai che gli ateisti hanno sem­pre condotto contro Dio una lotta continua ed accanita. Cominciai allora a riflettere: se Dio non esiste... perché si lotta contro ciò che non esiste? E se esiste? Volendo dare risposta al secondo interrogativo, cominciai a leggere libri di contenuto religioso. In questo modo ho trovato Dio e la fede. Fino al 1961 non vedevo di buon occhio la religione, non frequentavo la chiesa, non avevo alcuna idea di Dio. Dal 1961 fino ad oggi la fede non mi ha mai deluso. »

« Uscito dalla prigione voi avete voluto risiedere ad ogni costo a Vilnius. Perché non nel vostro paese natio? » chiese il procuratore a Plumpa.

« Intendevo iscrivermi all'Università e studiare la lin­gua francese ».

*   *   *

Le spiegazioni di V. Jaugelis

V. Jaugelis all'inizio del suo intervento cominciò a par­lare con calma e molto piano. Il giudice interruppe subito il suo discorso, chiedendogli perché egli si esprimesse in ma­niera così irosa.

« Soffro per il fatto che i credenti non possono godere gli stessi diritti degli ateisti; perché i credenti non hanno la libertà di parola e di stampa. Il fatto stesso che io venga giudicato qui, è una dimostrazione sufficiente dicome i credenti non godano né della libertà di parola né del­la libertà di stampa. In realtà dovrebbe essere il contrario: i miei accusatori dovrebbero sedere sui banchi degli im­putati ».

Il giudice interruppe Jaugelis e lo esortò a rispondere alle accuse.

« Come potete dimostrare che i credenti non godono gli stessi diritti degli ateisti? » gli chiese il giudice.

« Le chiese vengono chiuse e trasformate in depositi, in cinema, in teatri. I sacerdoti vengono processati per la ca-techizzazione dei bambini. Non abbiamo libri di preghiere, non viene permessa la stampa del catechismo, mancano i libri religiosi. Inoltre i sacerdoti sono pochi, la Sicurezza pone ogni genere di ostacoli a chi vuole entrare in Semi­nario ».

« Come potete dimostrare che nell'accesso al Seminario interferiscano gli organi della Sicurezza? »

« Quando ancora lavoravo come autista presso la cen­trale termica di Kaunas, presentai domanda per entrare nel Seminario ecclesiastico di Kaunas. Alcuni giorni dopo ven­ni convocato presso la sede della polizia, dalla quale venni poi portato alla Sicurezza. I funzionari del Comitato per la Sicurezza mi dissero: "Tutto dipende da noi — il tuo ac­cesso o meno al Seminario" ».

« Da questo vi sentite di affermare che il Comitato per la Sicurezza dello Stato vi ha fino ad oggi impedito l'acces­so al Seminario? » chiese il procuratore.

« E che cosa avreste pensato voi se gli agenti della Si­curezza vi avessero fatto quel discorso? »

« Siete stato fermato a Sakiai mentre raccoglievate firme per il cosiddetto Memorandum? » chiese il giudice.

« Sì ».

« Siete stato fermato anche nella provincia di Prienai per lo stesso motivo? » « Sì ».

« Recandovi dalla gente, voi leggevate il Memorandum o dicevate le vostre idee personali? »

« Leggevo soltanto il Memorandum ».

« Quale motivo vi ha spinto a fare ciò? Quello di rac­cogliere più firme possibili oppure quello di divulgare il più possibile il contenuto del Memorandum? »

« L'uno e l'altro ».

« Chi vi aveva dato il Memorandum? » « Non Io ricordo ».

« Ci risulta che un membro di una famiglia firmava per tutta la famiglia. È vero o no? »

« No. Ho sempre assolto il mio compito coscienziosa­mente ».

« Stašaitis ha dichiarato che avete riprodotto il numero 6 della LKB KRONIKA assieme a lui. È vero? » « Sì ».

« Quante copie? » « Circa cento esemplari ». « Chi li ha poi diffusi? » « Io ».

« Dove avete diffuso la LKB KRONIKA? » « Ovunque. Non ricordo esattamente... » « Ciò è avvenuto di vostra iniziativa? » « Sì ».

Stašaitis aveva invece affermato di essere stato lui il promotore.

L'avvocato di Patriubavičius chiese a Jaugelis:

« Quanti anni avete? »

« Ventisette ».

« Non siete malato? »

« Sì; sono affetto da polipi all'intestino crasso ». « È possibile curarli? »

« No. Un certo miglioramento delle condizioni di vita può tuttavia essere d'aiuto ».

 

Il 5 dicembre

Nell'Unione Sovietica si celebra oggi la giornata della Costituzione dell'urss.

L'art. 125 della Costituzione dell'urss recita: « In ac­cordo con gli interessi della classe lavoratrice e mirando a rafforzare l'ordinamento sovietico, ai cittadini dell'urss vengono garantite dalla legge:

a.     libertà di parola

b.     libertà di stampa... »

Questo è quanto è scritto nella Costituzione dell'urss; mentre in realtà...